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Achille Funi tra storia e mito: mostra a Ferrara

­Raccontare l’arte ed il lungo percorso di Achille Funi (Ferrara 1890 – Appiano Gentile 1972) è l’obiettivo della mostra Achille Funi. Un maestro del Novecento tra storia e mito ospitata presso Palazzo dei Diamanti a Ferrara.

Non si tratta di un compito semplice. Raccontare Achille Funi significa incrociare sulla propria strada molti protagonisti dell’arte dei primi decenni del ‘900. Con costoro Funi incrociò a sua volta la sua ispirazione, essi lo influenzarono e lui li influenzò a sua volta.

Futurista ma non osservante, naturalmente incline al Ritorno all’Ordine, tra i fondatori del movimento Novecento, dunque in dialogo con il Realismo Magico e la Metafisica di de Chirico, la storia di Achille Funi è tutto questo ma non solo. E’ anche l’amore e l’affascinazione per l’arte classica ed il mito. Ma anche per l’arte del Rinascimento anch’essa legata per tanti versi all’arte antica.

Per visualizzare la presentazione della mostra fatta dalla sua curatrice Nicoletta Colombo clicca QUI

Achille Funi Mostra a Ferrara: il percorso a Palazzo dei Diamanti

Oltre centotrenta opere illustrano l’intera parabola creativa di Achille Funi. Il percorso propone un viaggio nell’universo della pittura. Dagli esordi a Brera alla tarda maturità Funi ha sperimentato tutte le tecniche pittoriche. Dipinti ad olio o a tempera, su tavola o tela, acquerelli, disegni e cartoni preparatori per grandi affreschi permettono di riscoprire il talento di un grande maestro del Novecento.

Il percorso della mostra Achille Funi. Un maestro del Novecento tra storia e mito si articola così in quattordici affascinanti momenti ed altrettante sale.

Per approfondire la biografia dell’artista, clicca Achille Funi: vita e opere

Tra Ferrara e l’Accademia di Brera: le opere giovanili (1905-1910)

La prima sezione della mostra dedicata a Achille Funi a Ferrara raccoglie alcune rare opere del periodo giovanile. Nel complesso una produzione composta da studi a matita, sanguigna, pastello e meno di una ventina di oli.

Singolare è il piccolo Autoritratto, che raffigura il quindicenne Virgilio secondo i canoni di una pittura realista. Nell’autunno del 1906 l’artista si trasferisce a Milano e si iscrive all’Accademia di Brera. Sensibile alla pittura di figura, Achille Funi realizza Nudo femminile seduto e Nudo maschile di forte consistenza plastica. Tra le tele degli esordi vi è anche un rari paesaggio: Il Ponte del Diavolo, Lanzo Torinese.

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Achille Funi – Autoritratto, 1908

Il Futurismo funiano. Il moto e la forma (1911-1914)

Terminata nel 1910 l’Accademia di Brera, Achille Funi condivide con i giovani colleghi il bisogno di rinnovamento, mantenendosi però distante dagli estremismi del Futurismo di Umberto Boccioni e di Filippo Tommaso Marinetti. Il linguaggio innovativo del ferrarese è comunque lodato nel 1916 dall’amico Boccioni, che ne ammira le fasciature delle forme sull’esempio di Cézanne.

La sezione Il Futurismo funiano è dedicata al dinamismo architettonico della realtà e al movimento delle masse deformate sul ritmo delle emozioni plastiche, teorizzate nel 1914 da Boccioni. Uomo che scende dal tram del Museo del Novecento di Milano e Il motociclista (presente in diverse varianti), entrambi del 1914, affrontano il tema del moto in sintonia proprio con queste teorie.

Achille Funi – Uomo che scenda dal tram

Testimonianze dal fronte (1915-1916)

Nel maggio 1915 l’artista si arruola nel Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti con i compagni futuristi Umberto Boccioni, Carlo Erba, Filippo Tommaso Marinetti, Antonio Sant’Elia, Mario Sironi e con Anselmo Bucci, appena rientrato da Parigi e raffigurato nell’incisivo Ritratto di Bucci volontario.

Combatte a Dosso Casina, passa nel 1916 al corpo degli Alpini e partecipa alle battaglie di Caposile (1917) e di Grave di Papadopoli (1918). Con i compagni interventisti vive la vicenda bellica con profondo entusiasmo e scrive dal fronte a Margherita Sarfatti: «Sto benone». Basta leggere il diario di guerra di Boccioni per capire quanto ciò fosse lontano dal vero.

Tuttavia, nei momenti di pausa dalle operazioni militari gli artisti trovavano il modo per non trascurare la loro passione. Achille Funi realizza parecchi disegni e acquerelli, brani autentici di una quotidianità solo apparentemente serena.

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Achille Funi – Traino. 1915

Cubo-Futurismo e recupero di Cézanne (1911-1918)

Il ventenne Funi non aderisce al Futurismo di Marinetti. Non ne condivide né l’ideologia, né la frammentazione della visione. La sua poetica procede piuttosto verso un rinnovamento linguistico alla luce di Cézanne e di una personale ispirazione cubo-futurista che gli consente di mantenersi fedele alle forme, alle masse plastiche e al loro moto armonico e ritmico. Tra il 1913 e il 1914 partecipa all’eclettico sodalizio artistico denominato Nuove Tendenze, versione moderata del Futurismo.

Di evidente ispirazione cubista sono Autoritratto futurista e Giovinetta (Margherita o La sorella), entrambi del 1913.

Tra Cubismo, Cézanne e Metafisica (1917-1919)

L’epilogo della Grande Guerra segna in ambito nazionale ed europeo la fine delle avanguardie e l’avvento del clima definito del Ritorno all’Ordine per indicare il ritorno a una classicità riletta in chiave moderna. Nulla di meglio per Funi, dotato di una sostanza classica innata.

Le vie della ricostruzione passano, per il pittore, attraverso la sintesi di antico e moderno: da Cézanne ad André Derain, dal Cubismo sintetico a una moderata interpretazione della Metafisica. Fedele alla tradizione, il ferrarese associa ai linguaggi recenti l’amore per gli antichi maestri, in particolare per Leonardo.

Genealogia o La mia famiglia del Mart di Rovereto è una dimostrazione della sintesi tra i riferimenti al Cubismo, a Cézanne, alla Metafisica e all’Ultima cena di Leonardo.

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Achille Funi – La Mia Famiglia

Verso la moderna classicità (1918-1922)

La ricerca di forma e volume si esprime in epoca postbellica in linguaggi spesso disomogenei.

In anticipo di almeno un biennio rispetto alle poetiche del “Novecento” è lo statuario Autoritratto in riva al mare (1918), mentre Eva (1919), pur essendo ancora riferita alla scomposizione volumetrica cubista, mantiene un impianto neorinascimentale.

La complessità dell’ispirazione funiana degli anni ’20 e ’30 attraverso l’influsso di André Derain in Ragazza dormiente (1920, Mart) e in Paesaggio ligure, e del manierismo del coevo Tema mitologico. Venere e Satiro, eccezionale sintesi tra la pittura tardo cinquecentesca di Simone Peterzano e la Metafisica di de Chirico.

L’artista riconferma il legame con Cézanne, omaggiato dalla XII Biennale di Venezia del 1920, nel neoplatonico Coni e sfera. Di ispirazione rinascimentale e leonardesca è invece Il bel cadavere (Le villeggianti) proveniente dal Museo del Novecento di Milano.

Disegno, matrice della creazione (1905-1940)

Funi lavora come i maestri antichi. Per il ferrarese, nemico dell’improvvisazione e del pressapochismo, il disegno è il fondamento della pratica artistica, è disciplina e sorveglianza mentale, oltre che manuale, e da esso deriva la credibilità dell’immagine, che deve essere attentamente studiata sia in termini di composizione generale, di rigorosa struttura geometrica, sia nei singoli elementi che la compongono.

Le testimonianze raccolte in questa sala consentono di verificare l’abilità e la versatilità di Funi nell’esercizio grafico: dal primo saggio dell’artista quindicenne agli esempi di sfumato leonardesco, fino alle più libere e sciolte prove degli anni maturi.

Lo stupore del Realismo Magico (1920-1923)

Il 1920 è un anno cruciale per Funi: a gennaio sottoscrive il manifesto Contro tutti i ritorni in pittura, presa di distanza tanto dai trascorsi futuristi quanto dalla riproposizione imitativa dell’antico a favore di una moderna ricostruzione sintetica delle forme.

Nello stesso anno soggiorna per nove mesi con Arturo Martini a Rovenna, sul lago di Como, alla ricerca di un nuovo linguaggio pittorico. Da quella data si fa risalire l’inizio del “Novecento” artistico, ufficializzato tre anni dopo a Milano dalla prima mostra del gruppo dei sette fondatori.

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Achille Funi – Autoritratto con brocca blu

Gli esiti della sua ricerca sfociano in una personale interpretazione del Realismo Magico, creando tra il 1920 e il 1923 composizioni che presentano elementi ricorrenti. La geometrizzazione dello spazio, l’impianto neorinascimentale, la predominanza della figura, i colori smaltati, la purezza volumetrica mediata dai grandi maestri ferraresi del Quattrocento. Emblematico di questo orientamento, Autoritratto con brocca blu (1920) raffigura l’artista-artefice-operaio costruttore di forme.

La sala raccoglie inoltre opere che evocano gli esempi di Tiziano, Raffaello, Leonardo, Bronzino, presentati nei contesti di moderni paesaggi e sfondi urbani (Ragazzo con le mele, La terra e Maternità, opere del 1921).

Achille Funi – Maternità, 1921

Il classico nel quotidiano. Gli anni di “Novecento” (1923-1928)

Il 1923 segna la nascita ufficiale del primo nucleo milanese di Novecento, composto da Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Piero Marussig, Gian Emilio Malerba, Ubaldo Oppi, Mario Sironi, pittori ispirati da Margherita Sarfatti al recupero di una moderna classicità.

Il ferrarese è fra tutti il più fedele all’ideale classico: mantiene la purezza del segno del Quattrocento in Una persona e due età e nella Lettura domenicale della Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma, e l’austerità greco-romana in Saffo, eppure le sue composizioni appartengono alla contemporaneità, unendo la semplicità del quotidiano con la monumentalità del Picasso classico (Bagnante) e con il sintetismo di Derain (Natura morta).

Entrato nel 1925 nel Comitato Direttivo del Novecento Italiano, Funi partecipa a tutte le mostre organizzate dal movimento in Italia e all’estero tra il 1926 e il 1932. Dal 1925 recupera il colore e il tema del paesaggio, stimolato dai soggiorni a Roma, Trieste e in Versilia. Visita spesso Tivoli e Pompei, scoprendovi stimoli preziosi per la successiva attività di frescante, fase preannunciata da dipinti di ispirazione neopompeiana come Figura femminile classicheggiante e Venere  (Musée cantonal des Beax-Arts Losanna).

Il secondo “Novecento”. Mito e realtà (anni Trenta)

Il recupero del paesaggio nei secondi anni Venti è sollecitato in Funi dalla frequentazione della Liguria, di Trieste, della Versilia e di Roma. Ne sono testimonianza paesaggi dalle atmosfere scattanti e luminose, come Marina con barche (1927) e Spiaggia di Forte dei Marmi (1929). In Donna con i pesci (1930, Mart) si riconosce l’amore per la pittura dell’antichità, in particolare per l’arte musiva pompeiana.

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Achille Funi – Spiaggia a Forte dei Marmi 1929

Achille Funi, sognatore agnostico e cantore di miti, come lo descrive nel 1940 l’amico Giorgio de Chirico, si rifugia nei simboli senza tempo e nelle favole antiche, alla ricerca di quella vagheggiata Età dell’Oro che la contemporaneità stava demolendo. Ne deriva un popolo di divinità, eroi e ninfe, qui rappresentato dai neometafisici Riposo di Apollo e Adone, realizzati tra il 1930 e il 1931, e da Tema mitologico.

L’evasione nel mito non esclude l’esercizio dal vero, come dimostra il Ritratto di Lamberto Vitali e della sua consorte (1930), omaggio all’amico critico militante e collezionista, in prestito dal Museo del Novecento di Milano.

Fedeltà alla forma negli anni della maturità (anni Quaranta e Cinquanta)

Questa sala è dedicata alla maturità e ospita Publio Orazio uccide la sorella, episodio narrato da Tito Livio ed esposto alla Biennale di Venezia del 1932. Capolavoro della cultura classica funiana, iniziato nel 1930, rimanda al Baccanale degli Andrii di Tiziano, all’Estasi di santa Cecilia e al Parnaso di Raffaello nonché alla statuaria greco-romana (la Venere di Cirene, i Tirannicidi, i rilievi di Cresila).

Sul finire degli anni Trenta gli ideali del Novecento Italiano non sono più di attualità, eppure Funi si mantiene fedele, con le debite revisioni, alle formule classiche, che difende con una vena sottilmente polemica nei confronti delle tendenze post-belliche. Ne sono testimonianza i ritratti, le figure femminili e le allegorie del suo ruolo di artista. Ne sono esempi Lo studio del pittore (1939), realizzato in Libia, e Arlecchino pittore (1949), eseguito a Bergamo.

Per visualizzare la presentazione della mostra fatta dalla sua curatrice Serena Redaelli clicca QUI

Muri “al pittore”

Achille Funi è da considerare, con Mario Sironi, tra i pochi e autentici pittori murali del XX secolo.

Animato da alti ideali civili, sente la necessità di riscattare – anche a fronte delle polemiche che investono il movimento di Novecento Italiano – una poetica epica grandiosa, di forte valenza sociale, che si appoggia ai modelli delle gloriose civiltà del passato fondate sull’integrazione e l’unità tra le arti.

L’artista è tra i primi a tornare all’affresco, all’inizio degli anni Trenta, tanto da lavorare con i carpentieri per apprenderne i procedimenti tecnici. Per lui il ministro Bottai istituisce a Brera nel 1940 la cattedra di affresco.

La mostra presenta i cartoni preparatori per i principali cicli murali degli anni Trenta. Dal primo intervento del 1930 per la IV Triennale di Monza agli studi per gli affreschi della chiesa di San Giorgio al Palazzo di Milano (1931-33). Dalla Banca Nazionale di Roma (1936), alla chiesa di San Francesco a Tripoli (1936-39). Infine, il saggio preparatorio per il mosaico ispirato all’Età dell’Oro nella cupoletta della Sala Riunioni del Palazzo delle Colonne di Milano (1940).

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Achille Funi – Sala dell’Arengo

Il Mito di Ferrara

Questa sezione della mostra è dedicata alla summa pittorica del Funi frescante. Si tratta del ciclo Il Mito di Ferrara, realizzato tra 1934 e 1937 nella Sala della Consulta (o dell’Arengo) della Residenza Municipale. Una sorta di grandiosa scatola magica dipinta sulle quattro pareti e sul soffitto.

L’artista, coadiuvato da vari assistenti tra cui Felicita Frai, si dimostra degno erede dei grandi maestri dell’Officina ferrarese, illustrando la storia cittadina tra mito e leggenda. Sono narrati infatti episodi tratti dalla Gerusalemme liberata, dall’Orlando furioso e i più famosi miti legati a Ferrara. Ne scaturiscono composizioni visionarie come San Giorgio che uccide il drago oppure di un lirismo fantastico come La città assediata, Angelo e Il mito di Fetonte. Vigorose e colossali sono le figure di Ercole, Marte, Mercurio, Apollo, ispirate alla statuaria greco-romana.

Con spirito elegiaco e poetico, nell’essenzialità dello stile pierfranceschiano, Funi si fa cantore figurativo di Ludovico Ariosto e di Torquato Tasso, elevando la storia della città estense a una dimensione universale.

Achille Funi nelle collezioni civiche ferraresi

La mostra si chiude sulle opere di Funi appartenenti alle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara. Il primo nucleo della collezione civica è rappresentato dal Foro romano e dal Paesaggio (Ica d’Abbazia), esposti alla prima Quadriennale romana del 1931. Realizzate nel 1930, le due tele appaiono, come notato da Margherita Sarfatti, «quasi trasfigurazioni classiche di una commossa fantasia romantica ricca di colore, energica di linea, sapida e vigorosa».

Entro il 1956 entra nella raccolta l’Autoritratto con la madre e la sorella (1924) che riprende il tema allegorico delle tre età dell’uomo. La giovane Margherita abbraccia e sorregge l’anziana madre, resa con suggestiva oggettività. Alle loro spalle si vede lo stesso Funi, rivolto verso l’osservatore con apparente distacco.

Nel 1976, infine, vengono acquistati dai parenti dell’artista, dopo la mostra monografica allestita a Palazzo dei Diamanti, le due versioni di Mia sorella (1921 e 1940), Mia sorella alla finestra e Mia madre, sviluppate secondo i canoni novecentisti.

Achille Funi – Mia Sorella, 1921

Achille Funi. Un maestro del Novecento tra storia e mito

28 ottobre 2023 – 25 febbraio 2024

Ferrara, Palazzo dei Diamanti

da un’idea di Vittorio Sgarbi
a cura di Nicoletta Colombo, Serena Redaelli e Chiara Vorrasi

Mostra aperta tutti i giorni, dalle 9.30 alle 19.30
Aperto anche 1 novembre, 8, 25 e 26 dicembre, 1 e 6 gennaio
Sala dell’Arengo visitabile dal lunedì al venerdì (esclusi i festivi), dalle 9.00 alle 10.00 e dalle 14.00 alle 15.00

Mostra Achille Funi Ferrara – Informazioni

0532 244949 | diamanti@comune.fe.it
www.palazzodiamanti.it

Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.

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