Gli affreschi di Palazzo San Giorgio a Genova non possono che colpire chi li veda, si tratti di un amante dell’arte o meno. Giustamente suscitano interrogativi e riflessioni sulle scelte vorrei dire filosofiche che hanno guidato l’intervento di restauro.
Personalmente, la strada scelta mi trova entusiasta ma non faccio alcuna fatica a comprendere e ritenere parimenti giusto un punto di vista completamente opposto.
Genova: gli affreschi di Palazzo San Giorgio
Non credo sia opportuno ripercorrere dettagliatamente in questo articolo l’importante storia di questo palazzo poichè l’argomento è piuttosto articolato. Wikipedia tratta benissimo il tema e voi potete cliccare QUI per leggere la nota enciclopedia on line.
Ciò che è necessario sapere è che Palazzo San Giorgio, situato in posizione strategica rispetto al porto ed ai commerci dell’antica Repubblica di Genova, venne costruito a cavallo del 1260 per volere dell’allora Capitano del Popolo Guglielmo Boccanegra. L’obiettivo era di dare una sede della necessaria rilevanza alle istituzioni civiche genovesi. Circa centocinquanta anni dopo, nel 1407, il palazzo ospita la Casa delle Compere e dei Banchi di San Giorgio che in breve si afferma come una primaria istituzione finanziaria in Italia e in Europa.
Fin qui non stiamo però parlando del palazzo come lo vediamo oggi ma del primigenio edificio medievale. Ovvero di quell’ala di Palazzo San Giorgio di chiaro impianto medievale che ancora oggi si affaccia sia su Piazza Caricamento che su Piazza Raibetta.
Il palazzo rinascimentale: gli affreschi di Semino e Tavarone
La nostra storia inizia in realtà nel 1570 quando viene realizzata l’ala perpendicolare al corpo di fabbrica medievale che guarda verso il porto e che sarà ornata ad affresco. Nella seconda metà del ’600 venne aggiunta la torretta dell’orologio con due campane. La più grande fu un dono della città di Amsterdam e infatti reca l’iscrizione: Petrus Hemony me fecit Amstelodami anno 1667.
Nel 1592 Andrea Semino (Genova 1526-1594) affrescò il nuovo edificio ma, evidentemente, con poco successo. Infatti, tra il 1606 ed il 1608 fu la volta di Lazzaro Tavarone (Genova 1556-1640) che affrescò nuovamente i prospetti del palazzo.
Gli affreschi del Tavarone ebbero sorte assai migliore di quelli di Andrea Semino. Infatti sopravvissero fino ai primi del ‘900 anche se in uno stato di progressiva consunzione.
I restauri ottocenteschi
In realtà il Banco di San Giorgio era stato sciolto nel 1805 ed il palazzo abbandonato a se stesso. Fu solo alla fine dell’800 che, guidati dall’architetto Alfredo d’Andrade (Lisbona 1839 – Genova 1915) vennero effettuati i lavori di ripristino del palazzo.
Restaurata l’ala medievale e posta mano a quella rinascimentale, attorno al 1910, si pose il problema del restauro degli affreschi. La scelta del d’Andrade cadde su Lodovico Pogliaghi (Milano 1857 – Sacro Monte di Varese 1950), docente dell’Accademia di Brera.
Palazzo San Giorgio: gli affreschi del Pogliaghi
Pogliaghi lavorò al restauro tra il 1912 e l’anno successivo. Poteva basarsi su quanto era rimasto della stesura del Tavarone e su una tela, ancora oggi nel palazzo, dipinta nel 1613 da Giovanni Battista Paggi (Genova 1554-1627) dove si può vedere la facciata del palazzo. L’artista milanese documentò quanto aveva avuto modo di vedere attraverso disegni e bozzetti rivelatisi poi utilissimi come vedremo.
Gli affreschi del Pogliaghi si conservarono per circa un trentennio per poi andarsi progressivamente a deteriorare fino a non essere più chiaramente intellegibili. Per avere un’idea della situazione con la quale si confrontò il Pogliaghi, potete cliccare QUI.
Gli affreschi attuali: Sirotti e Antognetti
Così alla fine degli anni ’80 si giunse ad un nuovo intervento i cui frutti sono gli affreschi che ammiriamo oggi. Tra il 1987 ed il 1989, con il coordinamento dell’artista genovese Raimondo Sirotti (1934-2017), il pittore Lorenzo Antognetti procedette a ridipingere gli affreschi di Palazzo San Giorgio sulla base delle testimonianze disponibili: i bozzetti del Pogliaghi in primis.
La facciata si presenta dunque in buona misura iconograficamente simile a quella del Tavarone. Al centro San Giorgio che uccide il drago, poi gli stemmi di Genova e del Banco infine sei personaggi.
Ovviamente genovesi famosi. Da sinistra Caffaro di Rustico da Caschifellone detto spesso semplicemente il Caffaro (1080-1164) diplomatico e storico, Andrea Doria con lo spadone donato da Paolo III Farnese, Simone Boccanegra, pronipote di quel Guglielmo Boccanegra che fece costruire del Palazzo; Guglielmo Embriaco guida dei genovesi alla prima crociata, Cristoforo Colombo e Biagio Assereto vincitore sugli aragonesi nella battaglia di Ponza del 1435.
Una vicenda particolarissima
La vicenda degli affreschi di Palazzo San Giorgio a Genova è evidentemente straordinaria e particolarissima. Non saprei dire se esistano casi analoghi. Non credo si possano nemmeno emettere sentenze con la presunzione di essere nel giusto.
Vorrei solo proporre una riflessione. Se una volta sola abbiate visto un’urna cinerarie etrusca che conservi ancora la policromia originale o sognato la policromia delle statue romane o visto le ricostruzioni del Palazzo Reale di Creta o ammirato le tombe dei faraoni, allora sapete che il colore è sempre stato parte della nostra estetica.
Oggi i colori brillanti degli affreschi di Palazzo San Giorgio potranno apparire troppo accesi. Ma non lo erano le urne cinerarie etrusche? Godiamoci questo splendido spettacolo a contrasto di un mondi spesso fin troppo scuro…
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