Allegretto Nuzi, nato a Fabriano intorno al 1320 e qui poi quasi sempre vissuto fino alla sua morte nel 1373, deve probabilmente la sua fortuna ad alcuni anni passati in gioventù tra Siena e Firenze.

Il Maestro di Campodonico e la Scuola Giottesca di Fabriano
Già nella prima metà del ‘300 Fabriano è infatti un borgo dove pittura e scultura raggiungono vette importanti. Il Maestro di Campodonico e il Maestro di Sant’Emiliano sono i primi due rappresentanti di quella che potremmo chiamare la scuola giottesca fabrianese messa abilmente in luce da Vittorio Sgarbi alcuni anni orsono nella mostra Da Giotto a Gentile ospitata dalla Pinacoteca Civica Bruno Molajoli di Fabriano.
In realtà, però, la Scuola di Fabriano fatica ad uscire, ad evolvere, dall’iconografia classica dei giotteschi. si rifà a schemi consolidati e prende come modelli, come fisionomie (fateci caso) quelle della propria terra.
Allegretto Nuzi crebbe in questo terroir ma forse per caso, forse per scelta, seppe darsi un colpo d’ali diverso.

Allegretto Nuzi tra Siena e Firenze
In realtà, la mancanza di notizie relative alla sua giovinezza non ci permette di formulare nulla più che congetture. Sappiamo però per certo che dovette soggiornare a Siena. Qui era presente una scuola artistica assolutamente di spicco che trovava in Duccio di Buoninsegna (1255-1319) e poi in Simone Martini (1284-1344) ed in Pietro ed Ambrogio Lorenzetti i suoi campioni. Evidentemente Allegretto ne colse le novità rispetto ai più antichi modelli fabrianesi ma la sua esperienza non si fermò lì.

Sappiamo infatti che a metà degli anni ’40 del ‘300 è a Firenze perché nel 1346 risulta iscritto alla Compagnia di San Luca – che accoglieva anche i pittori – come Allegrettus Nuccii de Senis. Dunque un fabrianese, senese d’adozione ma pittore attivo a Firenze. Verso il 1348 ritorna a Fabriano dove poi prenderà fissa dimora non senza però, con tutta probabilità continuare a visitare Firenze città dalla quale proviene anche la prima moglie.
Ed è qui che avviene la contaminazione, il superamento della scuola giottesca di Fabriano. Il suo modello non è più Campodonico, i suoi visi non sono più quelli rudi e forti della sua terra. sono gli occhi allungati delle Madonne di Siena e Firenze, le bocche carnose e sensuali che definitivamente superano qualsiasi eredità di Bisanzio.
Fabriano nel ‘300: i nuovi studi

In occasione della mostra che Fabriano gli ha dedicato nel 2021 Oro e colore nel cuore dell’Appennino. Allegretto Nuzi e il ‘300 a Fabriano, sempre presso la Pinacoteca Civica Bruno Molajoli, Andrea De Marchi, curatore della mostra, scrive infatti:
“Forte della sua educazione toscana il Nuzi esercitò un’influenza enorme, fra Umbria e Marche, in sodalizio con il conterraneo ed emulo Francescuccio di Cecco, importando un linguaggio pacato e monumentale, maturato sul confronto con la tenerezza espressiva dei Lorenzetti a Siena e con i volumi accarezzati di giotteschi fiorentini come Maso di Banco e Bernardo Daddi. Allegretto introdusse nelle Marche tipologie ancora ignote di complessi polittici e squisiti altaroli per la devozione individuale. Nelle iconografie fu innovatore, contribuendo alla diffusione della Madonna dell’Umiltà in area adriatica, piegando le storie della Passione a interpretazioni originali e toccanti. Nelle tecniche pittoriche fu sperimentatore, combinando con grande libertà i punzoni per comporre i decori floreali dei nimbi e dispiegando scintillanti tessuti operati con fantasie di uccelli e tartarughe, col colore sgraffito per rimettere in luce l’oro del fondo. Da Fabriano dialogò strettamente coi migliori pittori fiorentini suoi coetanei, con Puccio di Simone che portò a lavorare con sé fra 1353 e 1354, coi fratelli Andrea e Nardo di Cione, gli Orcagna.
Seppe impalcare cicli murali di rara freschezza, capaci di coniugare la grandiosità semplificata dell’insieme e l’immediatezza narrativa del dettaglio. I principali si conservano ancora nelle chiese di Fabriano, in Santa Lucia Novella, dei domenicani (cappella di San Michele e Sant’Orsola, sagrestia), e nella tribuna di San Venanzio”.
Guardate il broccato del trono della Madonna in trono tra sei angeli oggi ad Avignone. Quelli sono gli uccelli e quelle le tartarughe alle quali allude De Marchi. E se l’angelo più in basso a destra ha ancora qualcosa di antico, quello in alto a sinistra sembra trascendere la mondanità (come, probabilmente, è giusto che sia). Passano pochi decenni tra la Crocifissione del Maestro di Campodonico e questa Vergine del Nuzi, ma è come se fosse passata un’eternità.
Allegretto, Gentile e il gotico che verrà

Certamente parlando di Allegretto Nuzi non si può non correre con il pensiero a Gentile da Fabriano (1370-1427) ed alla sua famosa Adorazione dei Magi degli Uffizi, capolavoro del gotico internazionale. Per evidenti motivi cronologici, Allegretto e Gentile non si conobbero ma certamente il primo guardò con attenzione l’opera del secondo.
Così, nella stessa misura in cui Allegretto Nuzi fu capace di innestare sulla tradizione più antica del Maestro di Campodonico i progressi senesi e fiorentini, così Gentile guardò con attenzione alle soavi Madonne del Nuzzi ed ai suoi “decori floreali dei nimbi” e agli “scintillanti tessuti operati con fantasie di uccelli e tartarughe” per costruire la transizione verso il suntuoso sfarzo del gotico internazionale.
A noi non resta che meravigliarci pensando a come questo raccolto borgo ai piedi dell’Appennino, a poche ore a piedi da Gubbio e dall’Umbria ma comunque defilato rispetto ai centri nevralgici della rivoluzione artistica di quegli anni, sia stato così centrale nell’evoluzione dell’arte di un Trecento che va pian piano affacciandosi verso la rivoluzione del pieno XV secolo.
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