Il celebre bronzo del Putto col Delfino, raffigurante un fanciullo alato che, in bilico sopra una calotta sferica, stringe tra le braccia un pesce guizzante, è tra le opere più ammirate di Andrea del Verrocchio (Andrea di Michele di Francesco Cioni; Firenze, 1435 circa – Venezia, 1488).
Ispirato a modelli di epoca greco-romana e ai numerosi putti di Donatello (1386-1466) e della sua cerchia, è considerato un’opera tarda di Verrocchio, databile nell’ottavo decennio del XV secolo. Ciò, in primis, per la capacità di rappresentare una figura in movimento nello spazio e infonderle vitalità e naturalezza.
Andrea del Verrocchio Putto col delfino: la storia
Un documento del 1496, recante una lista di opere eseguite da Verrocchio per i Medici, stilata dopo la sua morte dal fratello Tommaso, attesta che il “bambino di bronzo”, all’epoca corredato di “3 teste di bronzo e 4 bocche di lione in marmo”, fu realizzato per la villa medicea di Careggi.
A commissionarlo era stato Lorenzo de’ Medici detto il Magnifico, come si legge nell’edizione del 1568 delle Vite di Giorgio Vasari.
Nel 1557 Cosimo I fece trasferire il Putto in Palazzo Vecchio per porlo a coronamento della fontana in marmo e porfido che Francesco del Tadda e Andrea di Polo stavano allora realizzando al centro del primo cortile, oggi detto di Michelozzo, su progetto di Bartolomeo Ammannati e dello stesso Vasari.
Qui l’opera rimase per quattro secoli, soggetta agli effetti dannosi degli agenti atmosferici e del passaggio dell’acqua che zampillava dalla bocca del pesce, nonché alle sollecitazioni degli svariati interventi di manutenzione che si presume siano stati eseguiti sulla fontana nel corso del tempo.
Parzialmente documentati sono i tre restauri ai quali il Putto fu sottoposto nel secolo scorso, prima che tra il 1957 e il 1959 venisse definitivamente trasferito all’interno di Palazzo Vecchio e sostituito sul posto da una copia in bronzo di Bruno Bearzi.
Inizialmente collocato nella Sala della Cancelleria, fu in seguito sistemato al centro del cosiddetto Terrazzo di Giunone. Ciò per rievocare il progetto incompiuto della fontana che Cosimo I de’ Medici avrebbe voluto realizzare in questo loggiato oggi tamponato, simile a quella che, nell’attesa di dare corso al suo proposito, il duca vi fece dipingere “per modello” sulla parete interna: un putto alato in bronzo dorato che versa acqua da un vaso, con un piede sopra la testa di un delfino.
Putto col delfino: il restauro
Il restauro in corso del Putto col delfino di Andrea del Verrocchio, eseguito a cavallo tra il 2018 e il 2019, è il primo intervento di tipo scientifico-conservativo effettuato su questo bronzo.
La superficie appariva offuscata da materiali residui di precedenti interventi di manutenzione e segni di antichi e vecchi restauri, alcuni dei quali compiuti con tecniche e sostanze aggressive. Al di sotto di questi, nonostante i pregressi interventi, si trovavano ancora residui di calcare, memoria dell’acqua che per lungo tempo è fluita sulle superfici dell’opera.
Materia e modellato, quindi, necessitavano di un controllo e di una revisione, non solo superficiali, per sanare complesse situazioni di degrado e svelare dettagli scultorei finora impercettibili.
I trattamenti finali, consistenti in una leggera armonizzazione cromatica delle superfici e nell’applicazione di sostanze protettive per il bronzo, hanno donato all’opera un aspetto più equilibrato e veritiero, salvaguardandone la conservazione della materia a lungo termine.
L’intervento è coadiuvato da una ricca campagna di indagini diagnostiche che fornirà una importante raccolta di informazioni. Una ampia campagna fotografica dell’opera durante il restauro e la registrazione video di alcune operazioni documentano le varie fasi dell’intervento e dei suoi effetti. La documentazione fotografica è integrata da riprese endoscopiche, immagini al microscopio, scansioni 3D e mappature grafiche.
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