E’ complesso e a tratti ineffabile raccontare a parole la mostra dell’artista anglo-indiano Anish Kapoor.
Le Gallerie dell’Accademia e Palazzo Manfrin, a latere della Biennale d’Arte 2022, ospitano una selezione di opere di uno degli artisti più influenti del nostro tempo. Lo spettatore è emotivamente coinvolto soprattutto dalla materia pietrificata e dal ribollio delle sculture.
Un capovolgimento delle aspettative che evoca inferno, paradiso, mare e terra. Chi guarda si immerge in un linguaggio unico, carnoso, attraverso forme stravolte e la centralità del colore. Un grande impatto visivo e una solida intensità pervadono le sculture e le pitture di Kapoor.
Alle Gallerie dell’Accademia, oltre all’esplorazione dei motivi della “piega” e della “pelle” dell’oggetto, vengono esposte una serie di opere che dialogano con la collezione permanente ma che anche “profanano” le pareti dell’edificio, modificandolo.
E’ Shooting into the Corner, uno speciale cannone che spara proiettili di cera rossa da 11 kilogrammi sul muro. L’esposizione, poi, si compone di sculture degli esordi e da lavori mai visti, realizzati con il Kapoor Black, innovativo materiale nanotecnologico a base di nanotubi di carbonio, che assorbe il 99,9% della luce (molto più dei pigmenti tradizionali).
A palazzo Manfrin, la mostra continua. Ci si imbatte immediatamente in Mount Moriah at the Gate of the Ghetto (2022), opera site specific, realizzata per l’androne del palazzo veneziano. Una massa di vernice e silicone che scende dal soffitto, accoglie il visitatore e lo fa entrare nel mondo del sublime, dell’energia, del mistero e del viscerale.
Il percorso poi continua con le opere specchianti, che capovolgono le previsioni di chi osserva e spezzano il viaggio nell’organica materia che porta di nuovo verso la gigantesca istallazione Symphony for a Beloved Sun ancora con la forte celebrazione delle tinte del rosso.
Gli elementi della spinta visionaria di Kapoor
E’ una mostra che va vista e che non lascia indifferenti. Colore e forma nel loro senso primordiale, vulcanico e inquietante sono la spinta per la creazione di ogni singola opera. La terra per Kapoor è importante e altamente simbolica. Il sangue ha un valore cosmico, ma è anche violenza. Il rosso del sangue è il colore costante per l’artista, poiché crea oscurità più del nero e perché nel rosso l’osservatore percepisce il pericolo.
L’interiorità delle opere di Kapoor, sia fisica che spirituale significa andare oltre le apparenze. Il colore nero è l’estremo, è la profondità che dissolve gli oggetti. E’ la quarta dimensione, quella immateriale. Il vuoto è un vuoto che contiene, che si riempie di noi riflessi. Kapoor non crea un significato ma lo lascia comparire. Va oltre e ci propone i non oggetti, perché a pensarci bene forse viviamo in un mondo di non oggetti.
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