Slider home, Storia dell'arte

Artemisia Gentileschi: l’Aurora

L’Aurora di Artemisia Gentileschi è una tela che ruba lo sguardo per originalità e dinamismo. Il grande olio (218 x 146 cm), dipinto intorno al 1625, non può di certo passare inosservato.

Un’interpretazione unica

Infatti Artemisia racconta la vicenda di questa dea in modo totalmente suo. Da una lato guarda ad Omero per i colori della sue dita: “Quando al mattino apparve in cielo Aurora dalle dita di rosa, si allacciò Telemaco ai piedi i bei calzari :.” (Odissea, Libro XVII). Dall’altro trascura il mito classico che vorrebbe Aurora, dea delle prime luci del giorno, precedere con il suo carro quello del Sole, del quale e sorella, dopo aver assolto il compito di attaccare i cavalli al carro di quest’ultimo.

E così sulla tela Artemisia Gentileschi ritrae una giovane donna dalle dita rosa lanciata in corsa con le braccia alzate verso il cielo. Alle sue spalle un putto reca due fiaccole a simboleggiare la luce che sta allontanando le tenebre. Come scrisse Boccaccio, l’auroragià di vermiglia cominciavaappressandosi il solea divenir rancia.

Galileo Galilei e l’Aurora Borealis

A commissionare l’opera sarebbe stato Niccolò Arrighetti (Firenze 1586-1639) coltissimo umanista fiorentino vicino a Galileo Galilei di cui fu allievo. Fu proprio negli anni intorno ai quali Artemisia Gentileschi dipinge l’Aurora che Galileo Galilei (Discorso sulle comete 1619) conia il termine Aurora Borealis mettendo insieme proprio la divinità con il termine boreale, cioè proveniente dal Nord. Peraltro, negli anni trascorsi a Firenze, anche Artemisia aveva conosciuto lo scienziato.

Dunque nulla vieta che tra committente ed artista si sia intavolato un dialogo intorno a modalità nuove di rappresentare questo fenomeno del cosmo.

Se dialogo vi fu, ne conseguì un risultato importante. Un’opera, infatti, tutt’altro che canonica. Aurora prende pieno possesso della scena con un gesto talmente ampio da invadere trasversalmente l’intera scena. L’ampia mantella che, avvolta sulla spalla sinistra, le copre (solo) la schiena aggiunge slancio al suo movimento.

artemisia gentileschi aurora
Artemisia Gentileschi – Aurora (1625 circa)

Un simbolo della tecnica caravaggesca dell’artista

Dice perfettamente la storica dell’arte Sheila Barker (autrice nel 2021 di Lives of Artemisia Gentileschi e nel 2022 della monografia Artemisia Gentileschi) nella scheda del catalogo della mostra Roma Pittrice: “Aurora percorre a piedi nudi un campo al crepuscolo, risvegliando la natura come una dea della fertilità, ruolo sottolineato dalle proporzioni matronali e dalle tracce di passate gravidanze sull’addome. Le sue braccia gesticolanti, una che indica la luce del cielo, l’altra tesa verso la vegetazione rugiadosa, restituiscono alle piante il loro vigore diurno.

La posizione liminare dell’alba, tra oscurità e luce del giorno, è evocata sia dal contrasto tra i capelli neri e la pelle lattea di Aurora, sia dal gioco di luci e ombre sul suo corpo. In questo modo, Aurora potrebbe essere vista come un simbolo della tecnica caravaggesca dell’artista, in cui le immagini sono costruite aggiungendo toni più chiari a una preparazione scura sottostante”.

Artemisia Gentileschi Aurora: storia dell’opera

Se la commissione fu di Niccolò Arrighetti essa resto poi nella sua famiglia. Infatti, è opinione generale che questa tela sia della quale scrive Niccolò Baldinucci dopo averla ammirata nella collezione di Giovanni Luigi Arrighetti dicendo: “.. è opera bella, e che fa conoscere fino a qual segno giungesse l’ingegno, e la mano di una tal donna”.

Negli anni ’70 del secolo scorso, il grande studioso di Caravaggio Maurizio Marini la scopri, attribuita a Guido Reni, presso un antiquario fiorentino e l’acquisto. La tela fa così oggi parte della collezione della moglie di Marini, Alessandra Masu.

Artemisia Gentileschi – Approfondimenti

Riguardo Artemisia Gentileschi, potete anche leggere:

Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.