Siamo negli anni a ridosso del 1620, dunque dopo il rientro a Roma dal soggiorno fiorentino, quando Artemisia Gentileschi dipinge questa Cleopatra.
Artemisia Gentileschi: la Cleopatra Cavallini-Sgarbi
La regina è sola, colta nel momento in cui si determina a darsi la morte con il morso di un aspide. Eppure, nella tragicità del momento, Artemisia rappresenta una Cleopatra assolutamente sensuale dotata di tutta quella capacita di seduzione che ne aveva caratterizzato la vita. In realtà questo elemento di sensualità è ancor più accentuato dal fatto che Cleopatra è sola sulla tela, insieme al suo strumento di morte.
Dietro di lei uno sfondo assolutamente buio. Sulla gamba destra è poggiata un lembo della sua veste rossa e niente più. Per inciso, il medesimo rosso prediletto da un buon amico di suo padre Orazio: Michelangelo Merisi, detto Caravaggio.

La datazione
In realtà di questa tela non conosciamo la storia ne possediamo documenti dell’epoca. Dunque dobbiamo procedere per attribuzioni e confronti.
Come possiamo leggere nella scheda dedicata a questa Cleopatra di Artemisia Gentileschi nel catalogo della mostra Roma Pittrice, occasione in cui è stata esposta, l’attribuzione alla pittrice è dovuta a Gianni Papi. Quest’ultimo la datò al 1620, ovvero al periodo nel quale Artemisia lascia Firenze e rientra a Roma. Anche Vittorio Sgarbi, ricordiamo che oggi la tela appartiene alla Collezione Cavallini Sgarbi, condivide quest’opinione.
Yuri Primarosa, storico dell’arte particolarmente dedito alla pittura seicentesca romana, lo data invece a qualche anno dopo, intorno al 1625. Le due ipotesi, in realtà non molto distanti, si basano sulle similitudini stilistiche con altre opere di Artemisia.
Artemisia Gentileschi Cleopatra: i confronti
Scrive nel catalogo della mostra Roma Pittrice la storica dell’arte Laura Palombaro: “L’opera è in effetti collocabile tra la Susanna e i Vecchioni del 1622 (The Burghley House Collections, inv. PIC218), con affinità evidenti nel viso della donna e nel gioco della veste lungo i fianchi, e la Lucrezia del 1620-1625 (Milano, collezione Gerolamo Etro), in cui l’uso del chiaroscuro è ancora più accentuato”.
Ciò che mi permetto a mia volta di evidenziare è come questa Cleopatra sia totalmente spoglia di ogni particolare ricercato che da un lato voglia compiacere il gusto del committente e, dall’altro, dimostrare le capacità dell’artista. Insomma, una tela semplice, diretta e proprio per questo particolarmente apprezzabile.
Artemisia Gentileschi – Approfondimenti
Riguardo Artemisia Gentileschi, potete anche leggere:
- Biografia di Artemisia Gentileschi (Treccani)
- Artemisia Gentileschi: l’Aurora
- Artemisia e Caravaggio: la sfida di Giuditta
- Artemisia Gentileschi al Museo di Roma
- Orazio Gentileschi: la Giuditta e Oloferne di Oslo
- Orazio Getileschi: affrechi di San Giovanni dei Fiorentini
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