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Il Salvator Mundi del Bernini: l’ultima opera del Maestro

Il Salvator Mundi di Gian Lorenzo Bernini nella Basilica di San Sebastiano sulla Via Appia a Roma è una di quelle sculture che lascia senza fiato. Probabilmente la sua ultima creazione.

Non per la sua complessità se la confrontiamo con i famosi gruppi scultorei del Bernini ma per la sua impressionante presenza. Per un impatto visivo che lascia attoniti e che, a mio parere, l’immagine in bianco e nero, senza possibilità di distrazioni cromatiche, evidenzia ancor di più. Ancora oggi, sebbene non più posizionato sul piedistallo antico (di cui diremo), le  dimensioni del solo busto sono di 106x105x65 cm.. Attualmente, è posto su un piedistallo di 30 cm ma quello antico poteva facilmente arrivare ai 150.

bernini salvator mundi
Gian Lorenzo Bernini – Salvator Mundi (1679)

Un Salvator Mundi alla Bernini

L’iconografia del Salvator Mundi, cioè del Cristo Salvatore dell’umanità, è antica. Consta tipicamente di un’immagine di Cristo, anche seduto, che, mentre benedice con la mano destra, tiene nella mano sinistra il Globo che può essere sormontato dalla Croce.

Il Salvator Mundi del Bernini è diverso. Siamo di fronte a un busto che dispone di un solo braccio: il destro. Infatti il sinistro è nascosto dal mantello: invero un mantello spettacolare che avvolge Cristo come fosse una nuvola. Il braccio e la mano destri sono posti in corrispondenza della spalla sinistra: quindi siamo nell’ultimo passaggio della benedizione. Quello che colpisce, però, è che rispetto ad una normale benedizione la mano appaia fortemente ruotata verso l’esterno utilizzando in modo significativo (e non certo comodo) l’estensione dell’articolazione del polso.

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La mano destra del Salvator Mundi di Gian Lorenzo Bernini sembra (quasi) voler allontanare qualcosa o qualcuno da sé. Inoltre lo sguardo di Cristo non è rivolto di fronte a sé verso lo spettatore (pensate al Salvator Mundi di Leonardo) ma guarda a destra con il collo leggermente flesso in quella direzione e la spalla destra più alta della sinistra.

Provate a mettervi in quella stessa posa e vi ritroverete ad aver assunto una postura di difesa verso qualcosa che vi si sta avvicinando minacciosamente.

Cristo che si oppone alla dannazione

Ha scritto il grande studioso del Bernini Irving Lavin (1927 – 2019): “(…il braccio) è tanto un suggerimento di intervento e di ripulsa quanto di benedizione o esclamazione, ed ha in sé una chiara implicazione escatologica: in altre parole Cristo agisce come se stesse interponendo sé stesso di fronte ad una minaccia che proviene dall’alto a destra ed è diretta verso il basso a sinistra, il lato della dannazione che egli aborre”.

Dunque piuttosto che ad un Cristo benedicente saremmo di fronte ad un Cristo che si interpone tra il maligno e l’umanità assumendo un ruolo attivo nella difesa di quest’ultima.

Bernini: il Salvator Mundi la Sacra Sindone

Maria Grazie Bernardini nel monumentale e fondamentale Catalogo Generale delle Sculture di Gian Lorenzo Bernini riporta un’interessante osservazione dovuta a Daniela di Sarra.

Testualmente: “Recentemente la fotografa Daniela di Sarra ha notato una somiglianza davvero sorprendente tra il volto del Cristo Salvatore e il volto e il volto di Cristo nella Sacra Sindone, e ha dimostrato, attraverso l’uso delle immagini, come i due volti siano perfettamente sovrapponibili. Bernini poté vedere la Sacra Sindone nel suo viaggio di ritorno dalla Francia, durante il quale si soffermò a Torino”.

Bernini Salvator Mundi: storia dell’opera

Il Salvator Mundi di Gian Lorenzo Bernini è riapparso al cospetto degli storici dell’arte negli anni ’30 del XX secolo ma è stato individuato come opera del maestro del barocco solo nel 2001. In realtà, che Gian Lorenzo Bernini avesse realizzato una scultura su questo tema era fatto nuoto ma del marmo si erano perse le tracce.

A citare l’opera addirittura Domenico Bernini (1657-1723) figlio e biografo di Gian Lorenzo il quale la colloca cronologicamente negli ultimissimi anni di vita del padre e scrive: “.. In essa compendiò e restrinse tutta la sua arte, benché la debolezza del polso non corrispondesse alla gagliardia dell’idea..”.

Il Bernini destinò poi nel suo testamento il Salvator Mundi alla regina Cristina di Svezia. Sappiamo che quest’ultima lo custodiva in Palazzo Riario alla Lungara dove essa viveva. Particolarmente interessante è il fatto che all’epoca il busto fosse posizionato su “un plinto sostenuto con grazia da due angeli dorati inginocchiati; un altro grande plinto è sotto di loro”.

Considerando che il solo busto misura 106 cm, è evidente che l’insieme superava significativamente i due metri e ciò doveva donargli una teatralità tutta particolare.

Alla sua morte Cristina di Svezia (1626-1689) lasciò il Salvator Mundi a papa Innocenzo XI, al secolo Benedetto Odescalchi. L’opera entrò così a far parte del patrimonio di questa famiglia patrizia e, più precisamente, nella collezione di Livio Odescalchi (1658-1713). Alla morte, senza eredi, di quest’ultimo passò nella proprietà di Baldassarre Erba Odescalchi ed è documentalmente provata la sua presenza a Palazzo Odescalchi fino al 1773.

Per i successivi ottanta anni del Salvator Mundi del Bernini non vi è più traccia documentale. Nel 1851 lo ritroviamo in un inventario di casa Albani. Nel 1852 muore però Filippo Albani, ultimo discendente del casato che dunque si estingue.

Il Salvator Mundi si eclissa nuovamente finché nel 1930 la Soprintendenza delle Gallerie del Lazio non lo rinviene nella sacrestia della Basilica di San Sebastiano fuori le mura. A tal proposito va notato come gli Albani fossero assai legati a questa basilica dove papa Clemente XI aveva fatto realizzare la Cappella Albani per custodirvi la reliquia della testa di papa Fabiano martire.

Gian Lorenzo Bernini – Approfondimenti

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Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.

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