Arte Antica, Storia dell'arte

Una nuova Ombra della sera: il bronzetto allungato dalla stipe della Torraccia di Chiusi  

di Laura Maria Michetti

Il rinvenimento di un nuovo bronzetto allungato da un contesto votivo rappresenta certamente un’inattesa e importantissima acquisizione per la conoscenza – finora limitata a una ventina di esemplari – di questa peculiare serie di ex-voto di età ellenistica.

L’esemplare che qui si presenta si inserisce infatti in un piccolo gruppo di ex voto provenienti dal Lazio (Nemi), dalle Marche (Ancona) e dall’Etruria centro-settentrionale

(Orvieto, Chiusi, Perugia, Volterra, Vetulonia e rispettivi territori), già individuato e analizzato agli inizi degli anni ’60 del secolo scorso da O. Terrosi Zanco (Terrosi Zanco 1961) e un venticinquennio dopo da W. Von Vacano in un saggio pubblicato postumo (in bronzetto votivo etrusco san gimignanoVolterra 1999, pp. 12-25), e successivamente fatto oggetto di una mostra curata da Gabriele Cateni nel Museo Guarnacci di Volterra dove si conserva la celebre Ombra della Sera (Volterra 1999, in parte riassunto in Cateni 2007; agli esemplari qui censiti va aggiunto almeno un bronzetto allungato di aruspice del tipo laminare, da sequestro, privo di provenienza: Ladispoli 2014, pp. 82-83).

Si segnala poi un importante contributo di S. Bruni (Bruni 2007), incentrato sull’ex voto del Guarnacci, che suggerisce di considerare parte del gruppo anche i bronzetti di piccole dimensioni, ma caratterizzati da forme allungate, sebbene ne osservi la resa formale meno dettagliata.

L’eterogeneità tecnica e stilistica degli esemplari esclude la possibilità di ricondurne la produzione all’attività di una specifica bottega, mentre suggerisce l’esistenza di “un filone iconografico peculiare, collegato a tradizioni religiose, per loro stessa natura fortemente conservatrici, i cui connotati risultano ancora sfuggenti, seppure in qualche maniera intuibili” (G. Cateni, in Volterra 1999, p. 35).

Tolto quindi da tempo dall’isolamento il bronzetto infantile unanimemente noto come Ombra della Sera e allontanata ormai definitivamente da questo l’accezione di oggetto affascinante e misterioso (cfr. in proposito Bruni 2007, cui si rimanda anche per la bibliografia sulla statuetta del Museo Guarnacci, pp. 194-195, nota 1), resta la realtà di un piccolo nucleo del tutto peculiare all’interno del quale si riflettono in modo evidente i riflessi della grande plastica, un nucleo che risulta ora accresciuto dal nuovo eccezionale ritrovamento.

A tale proposito, numerosi sono i motivi di interesse: la provenienza da un contesto di rinvenimento noto e non da collezione come avviene nella maggior parte degli altri casi, la connotazione sacra di tale contesto – ancora da indagare nella sua completezza – con la conseguente possibilità di valutare l’oggetto in associazione con altre offerte, l’iconografia dell’offerente maschile togato di un tipo finora inedito all’interno del gruppo (fatta eccezione per un esemplare disperso già conservato a Chiusi che rappresenta allo stato attuale l’unico confronto, anche se non puntuale: Terrosi Zanco 1961, pp. 452-455, fig. 28), la qualità stilistica del pezzo e, non da ultimo, le misure e il peso che ne fanno l’esemplare più significativo della serie.

Partendo proprio dagli aspetti dimensionali, non si può non rilevare l’eccezionalità dell’altezza – 64,6 cm a fronte di un range degli esemplari noti compreso tra i 22 e i 57,5 cm – e con ogni probabilità anche del peso – che ammonta a 2.200 gr – sebbene sia al momento disponibile per un raffronto solo quello del più grande degli altri bronzetti allungati, vale a dire l’Ombra della Sera (1322 gr). Sulla scia del suggerimento di F. Roncalli che nell’offerta di statue votive ci si adeguasse alla mensura honorata di tre piedi caratteristica delle statue monumentali dedicate ai cittadini benemeriti della Repubblica (Plin. nat. hist. 34. 24: Roncalli 1982, p. 95), si è proposto di considerare anche questi bronzetti come “monumentali” a causa delle particolari dimensioni, che nel caso dell’esemplare volterrano corrispondono quasi esattamente ad un modulo di due piedi e nel nostro lo superano di poco (G. Cateni, in Volterra 1999, pp. 37-38).

Altrettanto suggestive le riflessioni proposte da G. Cateni e A. Maggiani a proposito del peso dell’Ombra della Sera che equivale quasi esattamente a 10 volte quello dell’asse della zecca di Velathri con il tipo del delfino (peso medio dell’asse 132,26 gr: G. Cateni, in Volterra 1999, p. 38; A. Maggiani, ivi, pp. 48-50).

Il fatto che per il nuovo bronzetto di San Gimignano non si possa parlare di un multiplo esatto (il peso di 2200 gr equivale a circa 16,6 volte il peso dell’asse), non impedisce di pensare che ci fosse un rapporto trabronzetto allungato votivo etrusco san gimignano gli ex voto metallici – specie quelli di tipo standardizzato – e il loro valore ponderale (cfr. anche Parise 1989-90, p. 104), nell’ambito di una lunga tradizione di consacrazione e tesaurizzazione del metallo nei santuari che parte dall’offerta di pezzi grezzi per arrivare a quella delle monete. La correlazione individuata tra il bronzetto volterrano e una scala di valori agganciata alla monetazione locale conferma il valore intrinseco che si aggiunge a quello simbolico dell’oggetto figurato rappresentante il devoto o la divinità, considerando che la quantità di bronzo offerta attraverso la statuetta corrisponde in sostanza a un preciso modello normativo (sul tema, cfr. anche Biella 2019, pp. 35-36). Il rapporto tra le emissioni di Velathri e quelle di Roma successive alla riduzione semilibrale ha consentito inoltre a Maggiani di proporre una coincidenza cronologica tra la circolazione della serie del delfino (tra terzo e ultimo quarto del III secolo a.C.) e la manifattura dell’Ombra della Sera.

Come si è accennato, il nuovo bronzetto di offerente maschile togato arricchisce il panorama finora noto delle statuette allungate anche dal punto di vista iconografico, e si connota come uno degli esemplari più rilevanti del gruppo di quelle plasticamente modellate, già distinto da G. Colonna rispetto a quelle con corpo laminare (Colonna 1970, p. 113, nt. 78), collegate dallo studioso alla più antica serie di figurine “a fettuccia”, bidimensionali e di dimensioni fuori della norma, originariamente forse applicate su supporti lignei.

Sarebbe direttamente derivato da questi prototipi il gruppo delle figure laminari vede come capofila la c.d. Divinità (?) dal santuario di Diana Nemorense della prima metà del IV secolo a.C., evidentemente un’opera di pregio per la quale M. Cristofani ha individuato rapporti con bronzi di stile tardoclassico (Cristofani 1985, pp. 273-274 n. 67).

All’interno del nucleo della ventina di bronzetti allungati finora attestati, si individua dunque una serie plastica piuttosto eterogenea, nell’ambito della quale possiamo ad esempio menzionare, per la vicinanza iconografica con il nostro, le offerenti femminili della stipe Casa Bianca nel Museo di Villa Giulia, che paiono tuttavia contraddistinte da una più limitata deformazione dimensionale e da una certa semplificazione nei dettagli del volto, laddove la statuetta di San Gimignano mostra una notevole cura nei particolari della capigliatura oltre che nei tratti del viso e di altre parti del corpo (si segnala a esempio l’attenta resa delle unghie e delle pieghe del palmo delle mani o quella dei piedi con la caviglia ben evidenziata e i calcei dettagliatamente rappresentati).

Una testa di serie, quindi, da accostare al più noto bronzetto volterrano per alcune caratteristiche, quali la testa decisamente piccola rispetto all’altezza complessiva (che nel nuovo esemplare misura più di 18 volte quella del capo, il collo largo e allungato unito alle spalle con una linea curva continua, il busto esteso circa il doppio in rapporto alle dimensioni della testa, le gambe ulteriormente sovradimensionate anche rispetto al busto così come le mani e la patera, i piedi lunghi.

Nonostante queste analogie strutturali, è palese la differenza nella concezione stessa delle figure, l’Ombra della Sera rappresentante una figura infantile dalla posizione apparentemente statica, la nostra riferibile a un offerente in evidente leggero movimento verso sinistra con appoggio sulla gamba destra, la cui giovane età potrebbe evincersi dalla toga virilis, tipica dei ragazzi appena entrati nella maggiore età, oltre che dalla capigliatura a ciocche scomposte proiettate verso la parte anteriore del capo, molto simile a quella del “Grande portatore d’acqua” della stipe di Docciola datato alla prima metà del III secolo a.C. (G. Cateni, in Volterra 1999, pp. 14-16, figg. 4-7; p. 56 n. 1).

bronzetto votivo etrusco san gimignanoCome per l’Ombra della Sera, anche il bronzetto di San Gimignano che qui si presenta può essere ritenuto a suo modo, pur nella consapevolezza dell’appartenenza di entrambi a una produzione di carattere essenzialmente seriale, un’opera “colta”, che presuppone cioè i modelli della grande plastica del primo ellenismo con la reinterpretazione del tipo dell’ex-voto a fettuccia allungata di derivazione centro-italica, evidentemente ancorato a forme della tradizione religiosa locale: il risultato è quello di conferire alla figura un modellato plastico nel quale i particolari anatomici vengono dettagliatamente indicati e che risponde a precisi canoni estetici, pur nell’estremo sovradimensionamento del corpo e nella sua sproporzione rispetto alla testa.

Bonamici ha ben evidenziato come ci troviamo di fronte a una del tutto peculiare visione della forma, che si diffonde dal III secolo a.C. nella piccola plastica dell’Etruria centro-settentrionale, irradiandosi, come suggerito da G. Colonna, dall’ambiente laziale, una tendenza che non può ad ogni modo indiziare un’unitarietà di botteghe o centri di produzione (M. Bonamici, in Volterra 1985, p. 158). Particolarmente interessante appare, secondo la studiosa, il rapporto di dipendenza che tra il IV e il II secolo a.C. l’Etruria settentrionale mostra nei confronti dell’ambiente etrusco-meridionale e laziale, evidente sia per le produzioni di pregio che per quelle più standardizzate che sembrano comunque dipendere da modelli colti. Modelli che giungono grazie alla circolazione all’interno delle botteghe locali di artigiani qualificati itineranti provenienti soprattutto dall’area tiberina che fungono da veicolo di aggiornamento culturale.

Sotto questo profilo, il riferimento alle teste fittili di Cerveteri già proposto a proposito della particolare capigliatura dell’Ombra della Sera (cfr. a questo proposito anche Bruni 2007, pp. 231-232) potrebbe essere valido anche per il bronzetto di San Gimignano che sembra però più dell’altro ancorato a locali modelli iconografici dell’ultimo ventennio del IV secolo a.C., ben esemplificati dalle teste maschili delle kelebai del Pittore della Monaca per il particolare della vertigine sul retro del capo con le ciocche che si dispongono in avanti sul viso a coprire le orecchie (cfr. ad esempio Volterra 2007, p. 190, fig. 8).

D’altro canto, la toga exigua e i calcei del tipo “senatorio” con lacci incrociati fino al polpaccio richiamano suggestivamente la figura dell’Arringatore, del quale com’è noto G. Colonna ha rialzato la datazione e sottolineato la connotazione di grande bronzo votivo che rappresenta un personaggio in atteggiamento di orante, il cui abbigliamento è quello normale in Etruria nei cortei magistratuali del secondo venticinquennio del III secolo (Colonna 1989-90).

Interessante nel nuovo bronzetto l’assenza di tunica, che ricorda i personaggi a torso scoperto sui coperchi di sarcofagi fittili di Tuscania ispirati a ritratti “eroici” come quello di Laris Pulenas (cfr. ivi, pp. 114-115). Tutti questi elementi portano a proporre per l’esemplare qui presentato una datazione alla prima metà del III secolo, coincidente con quella indicata da alcuni anche per l’Ombra della Sera (M. Bonamici, in Volterra 1985, p. 165).

Se dunque è evidente per quest’ultima la connotazione di opera originale e di fatto anomala nel repertorio delle produzioni volterrane, che guarda piuttosto all’area etrusco-meridionale, la statuetta di San Gimignano sembra trovare maggiori agganci con il milieu culturale volterrano, rappresentando certamente l’esempio stilisticamente più accurato all’interno del nucleo di bronzetti allungati di produzione locale, pur nelle analogie di carattere generale con esemplari di altre stipi del territorio come quella di Casa Bianca.

Il ritrovamento dell’oggetto in un contesto sacro (a proposito del quale cfr. supra capitolo 4) costituisce un altro elemento preziosissimo per un gruppo di oggetti dei quali è raramente noto il contesto di rinvenimento. In particolare, è possibile che il blocco parallelepipedo nel quale sono state ricavate due cuppelle (?) e un canalino di scolo (?) costituisse anche la base per l’alloggiamento del bronzetto allungato, certamente destinato ad essere infisso in un supporto come indiziato dai tenoni conservati (uno solo per intero) al disotto dei piedi. La deposizione del bronzetto affianco al monolite, sembrerebbe indicare un suo smontaggio e la collocazione rituale dell’oggetto in posizione prona, con il volto rivolto verso la terra e quindi verso il fondo della fossa, forse a suggerire un contatto con la sfera ctonia.

Questo aspetto richiama suggestivamente la già citata stipe di Casa Bianca, nel territorio di confine sud-orientale sull’alto corso del Cecina, dove statuette allungate sia di tipo plastico che laminare sono state offerte alla dea Cel (menzionata dall’iscrizione su un bronzetto a forma di volatile), venerata nella zona del lago Trasimeno e identificata con Ghe, la Terra, divinità dai caratteri primordiali e ancestrali e forse assimilata dal devoto a una antenata, tanto da ricevere nel testo di dedica un epiteto derivato dalla parola tata, nonna (cfr. G. Cateni, in Volterra 1999, pp. 55-56 e M. Bonamici, in Volterra 2007, p. 206).

I dati a nostra disposizione non ci consentono di spingerci oltre, ma ci permettono di riconoscere nel possibile smontaggio e nella deposizione del bronzetto un’azione rituale, cui fanno seguito altre pratiche come l’accensione di roghi e l’offerta di balsamari e altri oggetti la cui tipologia non offre al momento ulteriori spunti utili a una più puntuale interpretazione degli aspetti cultuali, per la quale dovremo attendere l’auspicata ripresa delle ricerche sul campo.

Non c’è dubbio, in conclusione, che il ritrovamento di una nuova ombra della sera e della stipe di Torraccia di Chiusi rappresentino una rilevante novità nel paesaggio del sacro del territorio volterrano, andando a colmare almeno parzialmente il “vuoto” di documentazione finora riscontrato per l’area di San Gimignano (cfr. ad esempio la carta di distribuzione dei luoghi di culto del territorio volterrano, in Volterra 2007, p. 202, fig. 1) e inserendosi nel quadro di forte crescita economica e ripopolamento del territorio a partire dalla seconda metà del IV secolo a.C., un quadro nel quale l’elemento sacro sembra essere un ambito privilegiato nella dinamica dei rapporti tra città e campagna (A.M. Esposito, in Volterra 2007, p. 194; M. Bonamici, ivi, p. 200).

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