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San Tarasio: la cappella d’oro di Venezia

La Cappella di San Tarasio nella chiesa di San Zaccaria a Venezia è nota come Cappella d’Oro per la ricchezza degli ornamenti. Fu realizzata tra 1440 e 1443 per volere della badessa Elena Foscari, sorella di Francesco, il doge più longevo nella storia della Serenissima.

Cappella di San Tarasio a San Zaccaria

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Antonio Vivarini – Polittico della Vergine

La Cappella andò all’epoca a sostituire l’abside centrale della prima chiesa di San Zaccaria, edificio del IX secolo ma integralmente ricostruito in età romanica dopo l’incendio del 1105. Già dal 1460, però, la chiesa romanica fu ricostruita su progetto di Mauro Codussi. L’intervento risparmiò tuttavia la Cappella di San Tarasio, situata accanto alla nuova abside.

Alcuni degli artisti più rappresentativi del momento decorarono la cappella poligonale gotica eretta tra il 1440 e il 1443.

Andrea del Castagno eseguì gli affreschi delle vele della volta e l’arcata absidale. Il muranese Antonio Vivarini (attivo tra 1440 e 1480) e il suo socio di origini tedesche Giovanni d’Alemagna (1399 – Padova 1450), realizzarono i tre grandi polittici ancora oggi in sito. Il Polittico di Santa Sabina sull’altare di sinistra, il Polittico del Corpo di Cristo sull’altare di destra, il Polittico della Vergine sull’altare centrale. Ludovico da Forli realizzò le preziose cornici che fungono anche da armadi reliquiari.

La chiesa di San Zaccaria

L’imponente complesso decorativo approntato nella Cappella di San Tarasio celebrava l’importanza della Chiesa di San Zaccaria. Questa, per essere prossima alla Basilica di San Marco e possedere il più importante patrimonio di reliquie di Venezia, era considerata una seconda cappella dogale, meta di processioni e visite che coinvolgevano gli stessi dogi. La maggior parte delle reliquie possedute dalla Chiesa di San Zaccaria erano raccolte proprio nella Cappella di San Tarasio. Qui trovavano posto all’interno dell’armadio-reliquiario allestito sul retro del Polittico della Vergine e nei due altari laterali.

Antonio Vivarini

Antonio Vivarini è il capostipite della bottega di pittori attiva a Murano, nella quale lavorarono il figlio Bartolomeo e il fratello Alvise. Bottega che per importanza nel panorama del Quattrocento veneziano è equiparabile a quella dei Bellini.

Antonio rappresenta uno dei massimi esponenti della pittura tardogotica veneziana nella sua fase finale successiva al passaggio in laguna di Gentile da Fabriano (1410 ca.). Nelle sue opere le influenze bizantine ancora dominanti nella pittura veneziana del Trecento cedono il passo al raffinato linguaggio tardogotico importato in laguna da Gentile. Grazie anche al contatto che Antonio avrà con Andrea Mantegna, con cui lavorerà alla decorazione ad affresco della Cappella Ovetari nella Chiesa degli Eremitani di Padova, sono ampie le aperture verso modi già rinascimentali.

Antonio Vivarini associò alla sua bottega il tedesco Giovanni d’Alemagna per un lungo periodo. Insieme firmarono numerosi polittici, in un rapporto di influenze reciproche non ancora compiutamente chiarito.

Dalla bottega di Antonio Vivarini uscirono soprattutto polittici, destinati alle chiese veneziane, ma anche distribuiti lungo l’area adriatica. Diversi polittici Vivarini sono infatti conservati in Puglia.

L’attività di Antonio Vivarini, di Giovanni d’Alemagna e della bottega segna la linea di confine a Venezia tra la pittura tardogotica e quella rinascimentale che di lì a poco si imporrà con l’attività di Carpaccio, Giovanni Bellini e dei loro contemporanei.

Polittico della Vergine di Antonio Vivarini

Si tratta di una grandiosa struttura che all’interno di una complessa cornice lignea dorata, dipinta e arricchita da busti di santi scolpiti in legno, integra sul recto cinque tavole e sul verso un grande armadio-reliquiario, dove sono dipinti, sugli sportelli, i santi dei quali erano conservate le reliquie.

Le cinque tavole rappresentano la Vergine in trono con il bambino, San Marco, Santa Elisabetta, San Biagio e San Martino. In realtà, solo due di esse appartengono all’originario assetto del polittico Vivarini. Si tratta di San Marco e Santa Elisabetta, collocate alle due estremità del polittico.

Le altre tre tavole – Vergine in trono con il bambino, San Biagio e San Martinosono state sostituite nell’Ottocento da altrettanti dipinti del pittore veneziano Stefano di Sant’Agnese o Stefano “pievano di Sant’Agnese”, come lo stesso artista si firma nella tavola centrale raffigurante la Vergine, datando al contempo l’opera al 1385.

Stefano di Sant’Agnese

Stefano di Sant’Agnese (attivo a Venezia e Pordenone tra il 1369 e il 1386) è un artista veneziano legato alla maniera di Paolo e di Lorenzo Veneziano, ma informato anche sulla maniera di altri pittori

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Polittico del Corpo di Cristo

rappresentativi della scena veneta del secondo Trecento come il padovano Guariento. Di lui conosciamo una decina di opere su tavola.

La presenza delle tre tavole dipinte da Stefano di Sant’Agnese all’interno del Polittico della Vergine è dovuta ad un restauro ottocentesco. Tre tavole originali della bottega Vivarini, ammalorate o perdute, vennero sostituite da opere di Stefano recuperate dallo smembrato polittico della Scuola dell’Arte dei Forneri (Fornai) a Santa Maria dell’Orto.

Al perduto polittico di Stefano appartiene verosimilmente anche la predella dipinta con Sant’Apollinare e Storiette di San Tommaso Beckett, oggi allocata sulla fronte dell’altare centrale della Cappella di San Tarasio, proprio sotto il Polittico della Vergine.

Il polittico del Corpo di Cristo e il Polittico di Santa Sabina

Concepiti secondo un progetto unitario quale corredo del Polittico della Vergine, e caratterizzati anch’essi da una complessa cornice, anche questi due polittici (realizzati dalla bottega Vivarini) univano alla destinazione ornamentale una precisa funzionalità.

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Polittico di Santa Sabina

L’altare nella nicchia di destra del presbiterio accoglieva il Polittico del Corpo di Cristo destinato a custodire l’ostia consacrata. Questa era posta nello sportellino centrale decorato con la rappresentazione dell’Imago Pietatis, ossia del Cristo a mezza figura con il corpo offeso dai segni della Passione.

Nel polittico di Santa Sabina, posizionato sull’altare della parete opposta, era custodita la reliquia del sangue di Cristo. Questa era posta nello sportello ornato da un Angelo a mezzo busto che svolge il cartiglio con l’iscrizione Hic est sanguinis ChristiI tre pannelli del registro inferiore recano le immagini di San Girolamo, Santa Sabina e San Lizerio a figura intera. Quelli del livello superiore le sante Margherita e Agata a mezzo busto.

Nel Polittico del Corpo di Cristo la porzione centrale della grande macchina d’altare è dominata dal risalto plastico del bassorilievo con le Pie donne sovrastante lo sportello per l’Eucarestia, e soprattutto dal gruppo a tutto tondo con il Cristo risorto dal sepolcro, che occupa lo scomparto centrale del registro sommitale.

I pannelli dei polittici del Corpo di Cristo e di Santa Sabina sono originali e riconducibili a Antonio Vivarini e Giovanni d’Alemagna.

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