Giovanni Pietro Bellori (Roma 1613-1696) , erudito, collezionista e (oggi diremmo) storico dell’arte è in primis famoso per la sua opera Vite de’ Pittori, Scultori et Architetti Moderni pubblicata nel 1672.
Come aveva fatto un secolo prima Giorgio Vasari (sebbene non con l’approccio enciclopedico di quest’ultimo) Bellori traccia le biografie di una serie di artisti centrali nella sua epoca. Tra questi Michelangelo Merisi detto il Caravaggio.
In realtà Pietro Bellori non è solo un biografo ma un critico d’arte (ante litteram) ed ha un sua ben precisa visione. Così come Vasari esaltava la maniera moderna, così Bellori esalta l’Idea dove l’artista diventa il creatore di una natura ideale. Scrive Bellori, “(l’Idea)… originata dalla Natura supera l’origine, e fassi origine dell’Arte; misurata dal compasso dell’intelletto, diviene misura della mano, ed animata dall’imaginativa, dà vita all’immagine“.
Di qui la sua condanna inappellabile del Caravaggio il quale avrà sì il merito del colore ma ha il demerito assoluto di non possedere “né invenzione , nè decoro, nè disegno , ne scienza alcuna della pittura , mentre tolto dagli occhi suoi il modello , recavano vacui la mano , e l’ingegno”. Ed ancora più grande danno – secondo Bellori – fece Caravaggio alla pittura per aver generato una schiera di esaltati imitatori i quali, per farla breve, preferivano la scorciatoia della banale ripresa del vero alla fatica dello studio necessario per l’arte ideale.
Ciò almeno “finche Annibale Carracci venne ad illuminare le menti, ed a restituire la bellezza all’imitazione”. Dunque, come qualche decennio prima Giovanni Baglione nelle sue Vite aveva attaccato Caravaggio (sostanzialmente) per invidia, adesso il Bellori lo fa come conseguenza dell’esaltazione del bello ideale. Certamente ambedue furono tra le cause della damnatio memoriae della quale Caravaggio soffrì nei secoli successivi.
Le Vite de’ Pittori sono però senz’altro utili sia per ripercorrere la cronologia delle opere del Merisi che delle loro committenze sia per comprendere il dibattito artistico di quegli anni.
Se, prima o dopo la lettura del Bellori, vorrete approfondire il pensiero del Baglione, cliccate Caravaggio: la biografia ne’ Le Vite di Giovanni Baglione
I titoli ed alcuni “a capo” posti all’interno del testo del Bellori sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura a video.
Vita di Michelangelo Merigi da Caravaggio Pittore
Dicesi che Demetrio antico Statuario fu tanto studioso delia rassomìglianza, che dilettossi più dell’imitazione, che della bellezza delle cose; Io stesso abbiamo veduto in Michelangelo Merigi, il quale non riconobbe altro maestro, che il modello, e senza elezione delle megliori forme naturali quello, che a dire è stupendo, pare che, senz’arte emulasse l’arte.
Duplicò egli con la Sua nascita la fama di Caravaggio nobile castello di Lombardia . patria insieme. di Polidoro celebre Pittore; l’uno, e l’altro di loro si esercitò da giovine nell’arte di
murare, e portò io schifo della calce nelle fabriche; poiché impiegandosi Michele in Milano col Padre, che era Muratore, s’incontrò a far le colle ad alcuni Pittori, che dipingevano fresco e tirato dalla voglia di usare i colori accompagnossi con loro, applicandosi tutto alla Pittura .
Si avanzò per quattro, ò cinque anni facendo ritratti, e dopo essendo egli d’ingegno torbido, e contènzioso per alcune discordie, fuggitotene da Milano, giunse in Venezia, ove sì compiacque tanto dei colorito di Giorgione, che se lo propose per iscorta nell’imitazione.
Per quello veggonsì l’opere sue prime dolci, schiette e senza quelle ombre, ch’egli usò poi; e come di tutti li Pittori Veneziani eccellenti nel colorito, fu Giorgione il più puro, e ‘l più semplice nel rappresentare con poche tinte le forme naturali, nel modo stesso portossi Michele, quando prima si fissò intento a riguardare la natura.
I primi anni a Roma
Condottosi a Roma vi dimorò senza ricapito, e senza provedimento, riuscendogli troppo dispendioso il modello, senza il quale non sapeva dipingere, ne guadagnando tanto che potesse avanzarsi le spese; sicche Michele dalla necessità costretto andò a servire il Cavalier Giuseppe d’Àrpino, da cui fu applicato a dipinger fiori, e frutti si bene contrafatti, che da lui vennero a frequentarsi a quella maggior vaghezza, che tanto oggi diletta.
Dipinse una caraffa di fiori con le trasparenze dell’acqua, e del vetro, e co’i reflessi della fenestra d’una camera sparsi li fiori di freschissime rugiade, ed altri quadri eccellentemente fece di simile imitazione.
Mà esercitandosi egli di mala voglia in quelle cose, e sentendo gran rammarico di vedersi tolto alle figure, incontrò l’occasione di Prospero Pittore di grottesche, ed uscì di casa di Giuseppe per contrastargli la gloria del pennello.
Datosi perciò egli a colorire secondo il il suo proprio genio, non riguardando punto, anzi spregiando gli eccelentissìmi marmi degli Antichi, e le pitture tanto celebri di Rafaele, si propose la sola natura per oggetto del suo pennello.
Dipingere il Vero

Laonde essendogli mostrate le statue più famose di Fidia, e di Glicone, accioche vi accommodasse lo studio, non diede altra risposta, se non che distese la mano verso una moltitudine di uomini accennando, che la natura l’aveva a sufficienza proveduto di maestri. E per dare autorità alle sue parole, chiamò una Zingara, che parlava à caso per istrada, e condottala all’Albergo, la ritrasse in atto di predire l’avventure, come sogliono quelle Donne di razza Egiziana.
Fecevi un giovine, il quale posa la mano col guanto su la Spada, e porge l’altra scoperta à colei, che la tiene, e la riguarda; ed in quelle due mezze figure tradusse Michele si puramente il vero, che venne à confermare i suoi detti.
Quasi un simil fatto si legge di Eupompo antico Pittore; se bene ora non è tempo di considerare insino à quanto sia lodevole tale insegnamento. E perche egli aspirava all’unica lode del colore, siche paresse vera l’incarnazione, la pelle, e’l sangue, la superficie naturale, a quello solo volgeva intento l’occhio, e l’industria, lasciando da parte gli altri pensieri dell’arte.
Onde nel trovare, e disporre le figure, quando incontravasi à vederne per la Città alcuna, che gli fosse piaciuta, egli si fermava à quella invenzione di natura, senza altrimente esercitare l’ingegno.
Dipinse una fanciulla à sedere sopra una seggiola con le mani in seno in atto di asciugarsi li capelli, la ritrasse in una camera, ed aggiungendovi in terra un vasello d’unguenti con monili, e gemme, la finse per Madalena. Posa alquanto da un lato la faccia, e s’imprime la guancia, il collo, e ‘l petto in una tinta pura facile, e vera, accompagnata dalla semplicità di tutta la figura con le braccia in camicia, e la vesta gialla ritirata alle ginocchia dalla sottana bianca di damasco fiorato.
Quella figura abbiamo descritta particolarmente per indicare li suoi modi naturali, e l’imitazione in poche tinte sino alla verità del colore.
La Fuga in Egitto e I Bari
Dipinse in un maggior quadro la Madonna, che si riposa dalla fuga in Egitto: Evvi un’Angelo in piedi, che suona il violino, San Giuseppe sedente gli tiene avanti il libro delle note, e l’Angelo è bellissìmo; poiché volgendo la testa dolcemente in profilo, và discoprendo le spalle alate, e’l resto dell’ignudo interrotto da un pannolino.
Dall’altro lato siede la Madonna, e piegando il capo, sembra dormire col Bambino in seno. Veggonsi quelli quadri nel Palazzo del Principe Pamphilio, ed un altro degno dell’istessa
lode nelle camere del Cardinale Antonio Barberini disposto in tre mezze figure ad un giuoco di carte. Finsevi un giovinetto semplice con le carte in mano, ed è una testa ben ritratta dal vivo in abito oscuro, e di rincontro à lui si volge in profilo un giovine fraudolente, appoggiato con una mano sù la tavola del giuoco, è con l’altra dietro si cava una carta dalla dalla cinta, mentre il terzo vicìno al giovinetto guarda li punti delle carte, e con tre dita della mano li palesa al compagno, il quale nel piegarsi su ‘l tavolino, espone la spalla al lume in giubbone giallo listato di fasce nere, né finto è il colore nell’imitazione.
Sono questi li primi tratti del pennello di Michele in quella schietta maniera di Giorgione con oscuri temperati; e Prospero acclamando il nuovo stile di Michele accresceva la stima delle sue opere con util proprio frà le prime persone della Corte.
Incontro con il Cardinal del Monte
Il giuoco fu comprato dal Cardinale del Monte, che per dilettarsi molto della pittura ridusse in buono stato Michele, e lo sollevò dandogli luogo onorato in casa frà suoi gentil uomini. Dipinse per questo Signore una musica di giovini ritratti dal naturale in mezze figure, una Donna in camicia, che suona il Liuto con le note avanti, e Santa Caterina ginocchione appoggiata alla rota; li due ultimi sono ancora nelle medesime camere, mà riescono d’ un colorito più tinto, cominciando già Michele ad ingagliardire gli oscuri.
Dipinse San Giovanni del Deserto, che è un giovinetto ignudo à sedere, il quale sporgendo la testa avanti, abbraccia un Agnello; e questo si vede nel Palazzo del Signor Cardinal Pio,
La “notte” di Caravaggio e le critiche degli antichi pittori
Mà il Caravaggio, che così egli già veniva da tutti col nome della patria chiamato, facevasi ogni giorno più noto per lo colorito, che egli andava introducendo, non come prima dolce, e con poche tinte, mà tutto risentito di oscuri gagliardi servendosi assai del nero per dar rilievo alli corpi. E s’inoltrò egli tanto in questo suo modo di operare, che non faceva mai uscire all’aperto del Sole alcuna delle sue figure, mà trovò una maniera di campirle entro l’aria bruna d’una camera rinchiusa, pigliando un lume alto, che scendeva à piombo sopra la parte principale del corpo, e lasciando il rimanente in ombra à fine di recar forza con vehemenza di chiaro, e di oscuro.
Tantoché li Pittori all’ora erano in Roma presi dalla novità, e particolarmente li giovini concorrevano à lui, e celebravano lui solo come unico imitatore della natura, e come miracoli mirando l’opere sue lo seguitavano à gara, spogliando modelli, ed alzando lumi; e senza più attendere à studio, ed insegnamenti, ciascuno trovava facilmente in piazza, e per via il Maestro, e gli esempi nel copiare il naturale. La qual faciltà tirando gli altri, solo i vecchi Pittori assuefatti alla pratica rimanevano sbigottiti per questo novello studio di natura; ne cessavano di sgridare il Caravaggio, e la sua maniera, divolgando ch’egli non sapeva uscir fuori dalle cantine, e che povero d’invenzione, e di disegno senza decòro, e senz’arte coloriva tutte le sue figure ad un lume, e sopra un piano senza degradarle: Le quali accuse però non rallentavano il volo alla sua fama.
San Luigi dei Francesi: la Cappella Contarini
Aveva il Caravaggio fatto il ritratto del Cavalier Marino, con premio di gloria trà gli uomini di lettere, venendo all’accademia cantato il nome del Poeta, e del Pittore; si come dal Marino stesso fu celebrata particolarmente la testa di Medusa di sua mano che il Cardinale del Monte donò al Gran Duca dì Toscana. Tantoche il Marino per una grandissima benevolenza, e compiacimento dell’operare del Caravaggio, l’introdusse seco in casa di Monsignor Melchiorre Crescentj Chierico di Camera : colorì Michele il ritratto di quello dottissimo Prelato, e l’altro del Signor Virgilio Crescentj, il quale restatò erede del Cardinale Contarelli , lo elesse à concorrenza di Giusèppino (Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino, ndr) alle pitture della Cappella in San Luigi de’ Francesi.
Così il Marino, che era amico di quelli due Pittori consigliò, che à Giuseppe pratichissimo del fresco si distribuissero le figure di sopra nel muro, ed à Michele li quadri ad olio. Qui avvenne cosa, che pose in

grandissimo disturbo, e quasi fece disperare il Caravaggio in riguardo della sua riputazione; poiché avendo egli terminato il quadro dì mezzo di San Matteo, e postolo sù l’Altare, fù tolto via da i Preti con dire, che quella figura non aveva decoro, ne aspetto di Santo, stando a sedere con le gambe incavalcate, e co’piedi rozamente esposti al popolo. Si disperava il Caravaggio per tale affronto nella prima opera da esso publicata in Chiesa, quando il Marchese Vincenzo Giustiniani si mosse a favorirlo, e liberollo da quella pena; poiché interpostosi con quei Sacerdoti si prese per sè il quadro, e glie ne fece fare un altro diverso, che è quello si vede ora sull’altare; e per onorare maggiormente il primo portatolo a casa , lo accompagnò poi con gli altri tré Vangelisti di mano di Guido, di Domenichino, e dell’ Albano, tré li più celebri Pittori, che in quel tempo avesserò fama.
Usò il Caravaggio ogni sforzo per riuscire in quello secondo quadro: e nell’accomodare al naturale la figura del Santo, che scrive il Vangelo, egli la dispose con un ginocchio piegato sopra lo scabello, e con le mani al tavolino, intingendo la penna nel calamajo sopra il libro. In quest’atto volge la faccia dal lato sinistro verso l’Angelo, il quale sospeso sù l’ ali in aria gli parla, e gli accenna, toccando con la destra l’ indice della mano sinistra.
Sembra l’ Angelo lontano da color finto, e stà sospeso sù l’ali verso il Santo, ignude le braccia , e ‘l petto con Io svolazzo d’ un velo bianco, che lo cinge nell’ oscurità del campo. Dai lato destro l’ altare vi è Cristo, che chiama San Matteo all’ Apostolato ritrattevi alcune teste al naturale, tra le quali il Santo lasciando di contar le monete con una mano al petto, si volge al Signore; ed appresso un vecchio si pone gli occhiali al naso, riguardando un giovine che tira a sè quelle monete assiso nell’angolo della tavola.
Dall’altro lato vi è il martirio del Santo istesso in abito sacerdotale disteso sopra una banca; e’l manigoldo incontro brandisce la spada per ferirlo, figura ignuda, ed altre si ritirano con orrore.
Il componimento, e li moti però non sono sufficienti all’istoria ; ancorché egli la rifacesse due volte; e l’oscurità della cappella, e dli colore tolgono questi due quadri alla vista .
La Cappella Cerasi e altre opere romane
Seguitò a dipingere nella Chiesa di Santo Agostino l’ altro quadro della Cappella de’ Signori Cavalletti, la Madonna in piedi col fanciullo fra le braccia in atto di benedire : s’inginocchiano avanti due Pellegrini con le mani giunte ; e ‘l primo di loro è un povero scalzo li piedi, e le gambe con la mozzetta di cuojo, e ‘l bordone appoggiato alla spalla, ed è accompagnato da una vecchia con la cuffia in capo.
Ben tra le megliori opere, che uscissero dal pennello di Michele si tiene meritamente in istima la Deposizione di Cristo nella Chiesa Nuova de Padri dell’ Oratorio, sìtuate le figure sopra una pietra dell’ apertura del sepolcro. Vedesi in mezzo il sacro corpo, lo regge Nicodemo da piedi abbracciandolo sotto le ginocchia, e nell’ abbassarsi le cosce, escono in fuori le gambe.
Di là San Giovanni sottopone un braccio alla spalla del Redentore, e resta supina la faccia, e’l petto pallido a morte, pendendo il braccio col lenzuolo; e tutto l’ignudo è ritratto con forza della più esatta imitazione. Dietro Nicodemo si veggono alquanto le Marie dolenti, l’una con le braccia sollevate, l’altra col velo agl’occhi, e la terza riguarda il Signore.
Nella Chiesa della Madonna del Popolo entro la Cappella dell’Assunta dipinta da Annibale Carracci sono di mano del Caravaggio li due quadri laterali, la Crocifìssione di San Pietro, e la Conversione di San Paolo, la quale istoria è affatto senza azione. Seguitava egli nel favore del Marchese Vincenzo Giustiniani, che l’ impiegò in alcuni quadri; l’Incoronazione di spine, e San Tomaso, che pone il dito nella piaga del costato del Signore, il quale gli accosta la mano, e si svela il petto da un lenzuolo , discostandolo dalla poppa. Appresso le quàli mezze figure colori un Amore vincitore, che con la destra solleva lo strale, ed a’ suoi piedi giacciono in terra armi, libri, ed altri stromenti per trofeo.
I committenti romani
Concorsero al diletto del suo pennello altri Signori Romani, e tra quelli il Marchese Asdrubale Mattei gli fece dipingere la presa di Christo all’orto parimente in mezze figure. Tiene Giuda la mano alla spalla del Maestro dopo il bacio ; intanto un soldato tutto armato stende il braccio, e la mano di ferro al petto del Signore, il quale si arresta paziente, ed umile con le mani incrocicchiate avanti, fuggendo dietro San Giovanni con le braccia aperte. Imitò l’armatura rugginosa di quel soldato coperto il capo, e l’volto dall’elmo, uscendo alquanto fuori il profilo, e dietro s’inalza una lanterna, seguitando due altre teste d’armati.
Alli Signori Massimi colorì un Ecce Homo, che fu portato in Ispagna, ed al Marchese Patrizj la Cena in Emaus, nella quale vi è Cristo in mezzo, che benedice il pane, ed uno degl’Apostoli a sedere nel riconoscerlo apre le braccia, e l’altro ferma le mani su la mensa, e lo riguarda con maraviglia: evvi dietro l’ oste con la cuffia in capo, ed una vecchia, che porta le vivande.
Un’altra di quelle invenzioni dipinse per lo Cardinale Scipione Borghese alquanto differente, la prima più tinta e l’altra alla lode dell’imitazione del colore naturale ; se bene mancano nella parte del decoro degenerando spesso Michele nelle forme umili, e vulgari.
Per lo medesimo Cardinale dipinse San Girolamo, che scrivendo attentamente distende la mano, e la penna al calamajo , e l’altra mezza figura di Davide, il quale tiene per li capelli la testa di Golia, che è il suo proprio ritratto impugnando la spada, lo figurò da un Giovine discoperto con una spalla fuori della camicia colorito con fondi, ed ombre fierissime delle quali soleva valersi per dar forza alle sue figure , e componimenti.
Si compiacque il Cardinale di quelle, e di altre opere, che gli fece il Caravaggio, e l’introdusse avanti il Pontefice Paolo V il quale da lui fu ritratto a sedere, e da quel Signore e fu ben rimunerato. Al Cardinale Maffeo Barberini, che fu poi Urbano VIII Sommo Pontefice, oltre il ritratto fece il sacrificio di Abramo, il quale tiene il ferro presso la gola del figliuolo, che grida, e cade.
La fuga a Napoli

Non però il Caravaggio con le occupazioni della pittura rimetteva punto le sue inquiete inclinazioni; e dopo ch’egli aveva dipinto alcune ore del giorno, compariva per la Città con la spada al fianco, e faceva professìone d’armi mostrando di attendere ad ogn’altra cosa fuori, che alla pittura.
Venuto però a rissa nel giuoco di palla a corda con un giovine suo amico, battutisi con le racchette, e prese l’armi uccise il giovine, restando anch’egli ferito. Fuggitotene di Roma senza denari, e perseguitato ricoverò in Zagarolo nella benevolenza dei Duca D. Marzio Colonna, dove colorì il quadro di Grido in Emaus fra li due Apostoli, ed un’altra mezza figura di Madalena.
Prese dopò il camino per Napoli, nella qual Città trovò subito impiego, essendovi già conosciuta la maniera, e’l suo nome.
Per la Chiesa di San Domenico maggiore gli fu data a fare nella cappella de’ Signori di Franco la Flagellazione di Cristo alla colonna, ed in Santa Anna de’Lombardi la Risurrezione. Si tiene in Napoli fra’suoi quadri megliori la negazione di San Pietro nella Sagrestia di San Martino figuratovi l’Ancella, che addita Pietro, il quale volgesi con le mani aperte in atto di negar Cristo; ed è colorito a lume notturno con altre figure, che si scaldano al fuoco.
Nella medesima Città per la Chiesa delia Misericordia dipinse le sette Opere in un quadro lungo circa dieci palmi; vedesi la testa di un vecchio, che sporge fuori dalla ferrata della prigione suggendo il latte d’una Donna, che a luì si piega con la mammella ignuda. Frà l’ altre figure vi appariscono li piedi, e le gambe di un morto portato alla sepoltura ; e dal lume della torcia di uno, che sostenta il cadavero, si spargono i raggi sopra il Sacerdote con la cotta bianca, e s’illumina il colore dando spirito al componimento.
Il viaggio a Malta
Era il Caravaggio desideroso di ricevere la Croce di Malta solita darsi per grazia ad uomini riguardevoli per merito, e per virtù’ fece però risoluzione di trasferirsi in quell’Isola, dove giunto fu introdotto avanti il Gran Maedro Vignacourt Signore Francese.
Lo ritrasse in piedi armato, ed a sedere disarmato nell’abito di Gran Maestro, conservandosi il primo ritratto nell’Armeria di Malta. Laonde quello Signore gli donò in premio la Croce; e per la Chiesa di San Giovanni gli fece dipingere la decollazione del Santo caduto a terra; mentre il Carnefice, quali non abbia colpito alla prima con la spada, prende il coltello dai fianco afferrandolo ne’ capelli per distaccargli la testa dal busto. Riguarda intenta Herodiade, ed una vecchia seco inorrìdisce allo spettacolo, mentre il Guardiano della prigione in abito turco addita l’atroce scempio. In quell’opera il Caravaggio usò ogni potere del suo pennello, avendovi lavorato con tanta fierezza, che lasciò in mezze tinte l’imprimitura della tela : Sichè oltre l’ onore della Croce , il Gran Maestro gli pose al collo una ricca collana d’oro, e gli fece dono di due schiavi con altre dimostrazioni della stima, e compiacimento dell’operar suo.
Per la Chiesa medesima di San Giovanni entro la Cappella della nazione Italiana dipinse due mezze figure sopra due porte, la Madalena, e San Girolamo, che scrive; e fece un’altro San Girolamo con un teschio nella meditazione della morte, il quale tuttavia resta nel palazzo.
Il Caravaggio riputavasi felicissimo con l’onore della Croce, e nelle lodi della pittura, vivendo in Malta con decoro della sua persona, ed abbondante di ogni bene. Ma in un subito il suo torbido ingegno lo fece cadere da quel prospero stato, e dalla benevolenza del Gran Maestro; poicchè venuto egli importunamente a contesa con un Cavaliere nóbilissimo, fu ristretto in carcere e ridotto a mal termine di strapazzo , e di timore.
La fuga in Sicilia

Onde per liberarsi si espose a gravissimo pericolo ed iscavalcata di notte la prigione fuggì sconosciuto in Sicilia , così presto che non potè essere raggiunto.
Pervenuto in Siracusa fece il quadrò per la Chiesa di Santa Lucia, che sta fuori alla Marina : dipinse la Santa morta col Vescovo, che la benedice ; e vi sono due, che scavano la terra con la pala per sepelirla . Passando egli dopo a Messina colorì a Cappuccini il quadro della Natività figuratavi la Vergine col Bambino fuori la capanna rotta, e disfatta d’assi, e di travi e vi è San Giuseppe appoggiato al bastone con alcuni pastori in adorazione .
Per li medesimi Padri dipinse San Girolamo, che sta scrivendo sopra il libro, e nella Chiesa de’ Ministri degli infermi; nella Cappella de Signori Lazzari la Risurrezzione di Lazzaro , il quale sostentato fuori del sepòlcro, apre le braccia alla voce di Cristo, che la chiama , e stende verso di lui la mano. Piange Marta, e si maraviglio Madalena, e vi è uno, che si pone la mano al naso per ripararsi dal fetore del Cadavere. Il quadrò è grande, e le figure hanno il campo d’ una grotta col maggior lume sopra l’ ignudò di Lazzaro, e di quelli che Io reggono , ed è sommamente in istima per la forza dell’ imitazione.
Mà la disgrazia di Michele non l’abbandonava, e ‘l timore lo scacciava di luogo in luogo ; tantocchè scorrendo egli la Sicilia , di Messina si trasferì a Palermo, dove per l’Oratorio della Compagnia di San Lorenzo fece un’altra Natività; la Vergine, che contempla il nato Bambino con San Francesco, e San Lorenzo ; vi è San Giuseppe à sedere, ed un Angelo in aria diffondendosi nella notte i lumi frà l’ ombre.
La fuga a Napoli e la morte
Dopo quest’ opera non si assicurando di fermarsi più lungamente in Sicilia, uscì fuori dell’Isola , e navigò di nuovo à Napoli, dov’egli pensava trattenersi , sin tanto che avesse ricevuto la nuova della grazia della sua remissìone per poter tornare à Roma; e cercando insìeme di placare il Gran Maestro, gli mandò in dono una mezza figura di Erodiade con la teda di San Giovanni nel bacino.
Non gli giovarono quelle sue diligenze ; perche fermatosi egli un giorno su la porta dell’osteria del Ciriglio, preso in mezzo da alcuni con l’armi, fù da essi mal trattato, e ferito nel viso. Ond’egli quanto prima gli fù possibile montato sopra una Feluca , pieno d’ acerbissimo dolore s’inviò à Roma, avendo già con l’intercessione del Cardinale Gonzaga ottenuto dal Papa la sua liberazione.
Pervenuto alla spiaggia, la guardia Spagnuola , che attendeva un altro Cavaliere, l’arrestò in cambio, e lo ritenne prigione. E se bene fù egli tosto rilasciato in libertà, non però rividde più la sua feluca, che con le robbe lo conduceva. Onde agitato miseramente da affanno , e da cordoglio , scorrendo il lido al più caldo del Sole estivo, giunto à Porto Ercole, si abbandonò, e sorpreso da febre maligna, morì in fochi giorni, circi gli anni quaranta di sua vita, nel 1509 anno funesto per la pittura, avendoci tolto insieme Annibale Carracci , e Federico Zuccheri .
Così il Caravaggio si ridusse à chiuder la vita, e l’ossa in una spiaggia deserta, ed all’ora , che in Roma attendevasi il suo ritorno, giunge la novella inaspettata dalla sua morte, che dispiacque universalmente ; e ‘l Cavalier Marino suo amicissìmo se ne dolse, ed adornò il mortorio con li seguenti versi.
Fecer crudel congiura
Michele à danni tuoi Morte, e Natura ;
Questa restar temea
Da la tua mano in ogni imagin vinta,
Ch’ era da te creata , e non dipinta ;
Quella dì sdegno ardea,
Perche con larga usura ,
Quante la falce sua genti ftruggea,
Tante il pennello tuo ne rifecea .
Giovò senza dubbio il Caravaggio alla pittura venuto in tempo , che non essendo molto in uso il naturale, si fingevano le figure di pratica , e di maniera, e sodisfacevali più al senso della vaghezza che della verità.
Laonde costui togliendo ogni belletto , e vanità al colore , rinvigori le tinte e restituì ad esse il sangue , e l’incarnazione , ricordando a’ Pittori l’imitazione . Non si trova però , che egli usasse cinabri , ne azzurri nelle sue figure; e se pure tal volta li avesse adoperati li ammorzava dicendo, ch’ erano il veleno delle tinte ; non dirò dell’aria turchina, e chiara , che egli non’ colorì mai nell’istorie , anzi usò sempre il campo, e ‘l fondo nero ; e ‘l nero nelle carni, restringendo in poche parti la forza del lume.
La critica del Bellori a Caravaggio
Professavasi egli inoltre tanto ubbediente al modello , che non si faceva propria ne meno una pennellata , la quale diceva non essere sua , ma dalla natura, e sdegnando ogn’altro precetto riputava, sommo artificio il non essere obligato all’ arte . Con la quale novità ebbe tanto applauso , che a seguìtarlo sforzò alcuni ingegni più elevati , e nutriti nelle migliori
scuole , come fece Guido Reni, che all’ora si piego alquanto alla maniera di esso , e si inoltrò naturalità , riconoscendosi nella Crocifissìone di S. Pietro alle tre fontane , e così dopò ciò: Francesco da Cento . Per le quali lodi il Caravaggio non apprezzava altri, che se stesso chiamandosi egli fido , unico imitatore della natura , contuttociò molte , e le migliori parti gli mancavano , perche non erano in lui, né invenzione , nè decoro, nè disegno , ne scienza alcuna della pittura , mentre tolto dagli occhi suoi il modello , recavano vacui la mano , e l’ingegnò. Molti non dimeno invaghiti della sua maniera l’ abbracciavano volentieri , poiché senz’altro studio , e fatica si facilitavano la via al copiare il naturale , seguìtando li corpi vulgari , e senza bellezza . Così sottoposta dal Caravaggio la maestà dell’arte , ciascuno si prese licenza , e ne seguì il dispregio delle cose belle , tolta ogni autorità all’antico , ed a Rafaelle , dove per la commodità de’modelli , e di condurre una testa dal naturale , lasciando costoro l’uso dell’istorie , che sono proprie de’ Pittori , si diedero alle mezze figure , che avanti erano poco in uso .
All’ora cominciò l’imitazione delle cose vili , ricercandosi le sozzure , e le deformità , come sogliono fare alcuni ansìosamente, se essi hanno a dipingere un armatura , eleggono la più rugginosa , se un vaso , non lo fanno intiero , ma sboccato , e rotto. Sono gli abiti loro calze , brache ,e berrettoni, e così nell’imitare li corpi, si fermino con tutto lo studio sopra le rughe , e i difetti della pelle , e dintorni formano le dita nodose , le membra alterate, da morbi . Per li quali modi il Caravaggio incontrò dispiaceri , essendogli tolti li quadri dagli altari , come in San Luigi abbiamo raccontato .
La medesima sorte ebbe il Transito della Madonna nella Chiesa della Scala , rimosso per avervi troppo imitato una Donna morta gonfia . L’ altro quadro di Sant’Anna fu tolto ancora da uno de minori altari della Basilica Vaticana , ritratti in esso vilmente la Vergine con Gesù fanciullo ignudo, come si vede nella Villa Borghese. In Santo Agostino si offeriscono le sozzure de’piedi del Pellegrino ; ed in Napoli fra le sette opere della Misericordia, vi è uno, che alzando il fiasco beve con la bocca aperta lasciandovi cadere sconciamente il vino.
Nella cena in Emaus oltre le forme rustiche delli due Apostoli, e del Signore figurato giovine senza barba , vi assitte l’ oste con la cuffia in capo, e nella mensa vi è un piatto d’uve, fichi, melagrane fuori di stagione. Si come dunque alcune erbe producono medicamenti salutiferi, e veleni perniciosissimi , cosi il Caravaggio , se bene giovò in parte, fu nondimeno molto dannoso, e mise sottosopra ogni ornamento, e buon costume della pittura.
Annibale Carracci restituisce bellezza all’imitazione
E veramente li Pittori sviati dalla naturale imitazione avevano bisogno di uno, che li rimettesse nel buon sentiero ; ma come facilmente per fuggire uno estremo , s’incorre nell’ altro, così nell’ allontanarsi dalla maniera per seguitar troppo il naturale, si scostarono affatto dall’arte, restando negli errori , e nelle tenebre finche Annibale Carracci venne ad illuminare le menti, ed a restituire la bellezza all’imitazione.
Tali modi del Caravaggio acconsentivano alla sua fisonomia, ed aspetto, Era egli di color fosco, ed aveva foschi gli occhi, nere le ciglia ed i capelli; e tale riusci ancora naturalmente nei suo dipingere.
La prima maniera dolce , e pura di colorire fù la megliore , essendosi si avanzato in essa al supremo merito , e mostratosi con gran lode ottimo coloritore Lombardo : Mà egli trascorse poi nell’altra oscura tiratovi dal proprio temperamento , come ne’ costumi ancora era torbido, e contenzioso; gli convenne però lasciar prima Milano , e la patria, dopo fù costretto fuggir di Roma , e di Malta , ascondersi per la Sicilia , pericolare in Napoli , e morire disgraziatamente in una spiaggia.
Non lascieremo di annotare li modi stessi nel portamento è vestir suo , usando egli drappi , e velluti nobili per adornarsi ; mà quando poi si era messo un’abito , mai lo tralasciava , finche non gli cadeva in cenci . Era negligentissimo nel pulirsi ; mangiò molti anni sopra la tela di un ritratto , servendosene per tovaglio mattina , e sera . Sono pregiati li suoi colori, dovunque è in conto la pittura : fu portata in Parigi la figura di San Sebastiano son due ministri , che gli legano le mani dietro : opera delie sue megliori. Il Conte di Benavente, che fù Vice Rè di Napoli portò ancora in Ispagna la Crocifissione di Santo Andrea, e’l Conte di Villa Mediana ebbe la mezza figura di Davide , e ‘l ritatto di un giovine con un fiore di melarancio in mano . Si conserva in Anversa nella Chiesa de’ Domenicani il quadro del Rosario , ed è opera , che apporta gran fama al suo pennello , Tiensi ancora in Rma essere di sua mano Giove , Nettuno, e Plutone nel Giardino Ludovisi a Porta Pinciana nel Casino , che fu del Cardinale del Monte , il quale essendo studioso di medicamenti chimici, vi adornò il Camerino della sua distilleria appropriando questi Dei a gl’elementi col globo de mondo nel mezzo di loro. Dicesi, che il Caravaggio sentendosi biasimare di non intendere ne piani , ne prospettiva , tanto si ajutò collocando li corpi in veduta dal sotto in su , che volle contrastare gli scorti più difficili. E’ benvero, che questi Dei non ritengono le loro proprie forme , e sono coloriti ad olio nella volta , non avendo Michele mai toccato pennello a fresco , come li suoi seguaci insieme ricorrono sempre alla commodità del colore ad olio per ritrarre il modello.
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