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Caravaggio, Storia dell'arte

Caravaggio biografia sintetica: Vita e Opera

Caravaggio Vita e Opere è una biografia sintetica del grande pittore, al secolo Michelangelo Merisi, che ne narra l’esistenza interpolandola con la sua attività artistica.

I link nel testo rimandano ad articoli di approfondimento sui dipinti di Caravaggio e sulle vite dei personaggi da lui incontrati. Per un elenco completo delle opere del Merisi, potete cliccare Caravaggio: tutte le opere.

Caravaggio Biografia Sintetica

29 settembre 1571: Caravaggio, al secolo Michelangelo Merisi, nasce a Milano nel giorno in cui si celebra San Michele Arcangelo del quale avrà il nome. I genitori sono originari di Caravaggio, a circa 40 chilometri da Milano.

Il padre Fermo (1539-1577) è maestro di casa dei Marchesi di Caravaggio Francesco Sforza (1550-1583) e Costanza Colonna (1555-1626). La madre Lucia Aratori (1550-1590) è la seconda moglie di Fermo. La sua famiglia amministra il santuario di Santa Maria del Fonte a Caravaggio. Dunque, Michelangelo nasce da famiglie appartenenti alla cerchia dei feudatari di Caravaggio e dotati di un loro patrimonio.

La famiglia Merisi

Il padre muore quando Michelangelo ha appena sei anni e sarà dunque la madre Lucia a crescerlo anche se morirà quando il figlio avrà diciannove anni. Dei sette figli che Fermo ha dai due matrimoni in realtà ne ritroveremo solo uno, il fratello Giovan Battista (1572-1630), a fianco di Michelangelo in alcune fasi della sua vita. Giovan Battista sceglierà la carriera ecclesiastica. Infatti, il 7 Marzo 1583 Giovan Battista Merisi riceve la prima tonsura a Cremona dal cardinale Niccolò Sfondrati, vescovo di quella città, che nel 1590 diverrà papa Gregorio XIV

Caravaggio a bottega da Simone Peterzano

Michelangelo viene mandato a bottega dal pittore Simone Peterzano (Venezia 1540 – Milano 1599), allievo di Tiziano, che dal 1572 si è trasferito a Milano.

Il 6 aprile 1584, infatti, in casa del Peterzano, i fideiussori di Caravaggio e suoi parenti, i pellicciai Battista e Bartolomeo Baschi, firmano il contratto con il quale il Peterzano si impegnava a tenere per quattro anni presso la sua casa e la sua bottega Caravaggio. Il compenso era di 96 scudi d’oro, cioè 24 all’anno. Il contratto prevedeva una clausola di non concorrenza: Michelangelo Merisi per i quattro anni non poteva interrompere l’alunnato. Quindi fino al 1588.

E’ assai probabile che nell’intorno del 1590 Caravaggio sia stato a Venezia a vedere dal vivo i suoi modelli veneti.

L’arrivo a Roma

A metà del 1592, Michelangelo e Giovan Battista, dopo aver liquidato alcuni beni avuti in eredità, si trasferiscono a Roma. Qui dal 1591 si trovava lo zio Ludovico Merisi, sacerdote e fratello di Fermo, che morirà a Milano nel 1612.

Caravaggio trova alloggio a Palazzo Colonna presso monsignor Pandolfo Pucci. Il prelato, originario di Recanati, è maestro di casa di Camilla Peretti sorella di Sisto V (1521-1590) e prozia di Orsina Damasceni Peretti. Quest’ultima fu prima moglie di Marcantonio III Colonna (1575-1595) e dopo la morte di questi sposò Muzio II Sforza marchese di Caravaggio e figlio di Costanza Colonna.

E’ dunque ipotizzabile che a favorire l’arrivo a Roma di Michelangelo Merisi sia stata la sua protettrice di sempre Costanza Colonna la quale, tra l’altro, è certamente a Roma tra il 1592 e l’anno successivo.

Permanenza presso Pandolfo Pucci

Stando al suo biografo Giulio Mancini (1559-1630), Caravaggio era assai scontento dell’ospitalità di monsignor Pucci sia perché impiegato in servitij non convenienti all’esser suo e al suo natale e virtù sia per il vitto a base di insalata tanto che lo soprannominò Monsignor Insalata. In termini pratici, il Merisi dipingeva per il monsignore copie devozionali e mangiava male…

Nei primi anni della permanenza di Caravaggio a Roma risulta quasi impossibile ricostruire con certezza la cronologia dei suoi movimenti. E’ invece certo come il pittore incontrò serie difficoltà economiche accettando di realizzare copie e opere per così dire commerciali.

Caravaggio presso la bottega del Cavalier d’Arpino

Sappiamo però che lavorò presso la bottega di Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino. Cesari era il maestro di spicco nella Roma di quegli anni: grandi progetti e grandi committenti. Caravaggio potrebbe aver alloggiato presso quest’ultimo e suo fratello Bernardino già nella seconda parte del 1593.

In questo periodo di alcuni mesi la situazione migliora. Ci è infatti testimoniato dal biografo del Merisi Giovanni Pietro Bellori: “(Caravaggio) dalla necessità costretto andò a servire il Cavaliere Giuseppe d’Arpino, da cui fu applicato a dipingere fiori, e frutti si bene contraffatti, che da lui vennero à frequentarsi à quella maggior vaghezza, che hoggi tanto diletta. Dipinse una caraffa di fiori con le trasparenze dell’acqua, e del vetro, e co’ i reflessi della fenestra d’una camera, sparsi li fiori di freschissime rugiade, & altri quadri eccellentemente fece di simile imitatione.”

Se volete leggere per intero la biografia di Caravaggio del Bellori, cliccate Caravaggio: la biografia nelle Vite del Bellori.

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Caravaggio – Bacchino Malato, particolare

Dunque, nella bottega del Cesari Caravaggio dipinge nature morte tanto belle da divenire un punto di riferimento. Realizza però anche figure umane. Vi dipinge (per lo meno) il Fanciullo con canestro di frutta ed il Bacchino malato. Infatti, quando nel 1607 Paolo V fa sequestrare l’intera quadreria del Cavalier d’Arpino le due tele erano ancora lì e finirono dritte dritte nella collezione di Scipione Borghese.

Caravaggio diviene durante l’ultimo decennio del ‘500 un punto di riferimento per la natura morta. Dipinge opere memorabili quali la Canestra di Frutta proprietà del cardinale Federico Borromeo. Il tutto ha però inizio nella bottega del Cesari e porta alla famosa vicenda delle tele del Maestro di Hartford.

Il ricovero all’ospedale di Santa Maria della Consolazione

Probabilmente, la collaborazione con Giuseppe Cesari si interrompe dopo il ricovero di Caravaggio presso l’ospedale di Santa Maria della Consolazione ai piedi del Campidoglio. La causa potrebbe essere stata un calcio di cavallo. Comunque, la degenza presso l’ospedale non dovette essere brevissima se sempre Giulio Mancini ci indica come Caravaggio dipingesse “molti quadri per il priore” che dovettero poi seguire quest’ultimo in Sicilia.

E’ certo che quelli della malattia e dell’allontanamento dalla bottega del Cavalier d’Arpino furono momenti difficili in cui il Merisi si adattò a collaborare con diversi colleghi. Prima il messinese Lorenzo Carli, citato dai biografi come Lorenzo Siciliano che morirà nel marzo del 1597, nel cui entourage conobbe Mario Minniti. Poi Antiveduto Grammatica che aveva bottega a Borgo Pio.

L’ospitalità da monsignor Fantino Petrignani

Fantino Petrignani (Amelia 1539 – Roma 1600), arcivescovo di Cosenza e proprietario di un palazzo nel quartiere Arenula (nei pressi dell’attuale Piazza Argentina) ospitò Caravaggio tra il 1594 ed il 1595.

Scrive a tal proposito Giulio Mancini: Doppo mi vien detto che stesse in casa del cavalier Giuseppe e di monsignor Fantino Petrignani che li dava commodità d’una stanza. Nel qual tempo fece molti quadri in particolare una zingara che dà la bona ventura ad un giovanetto, la Madonna che va in Egitto, la Madalena Convertita, un S. Gio. Evangelista

La Roma di Caravaggio: un giro chiuso

Pandolfo Pucci e Fantino Petrignani si conoscevano. Negli anni del pontificato di Gregorio XIII (1572-1585) Pandolfo Pucci era in servizio presso la Basilica di San Pietro mentre Petrignani era maestro di casa del papa. Anche se non ne abbiamo prova documentale, poté essere il Pucci a presentare Caravaggio al Petrignani.

Inoltre, per comprendere quanto fu sempre connesso al suo interno il nucleo dei committenti di Caravaggio, merita sapere che Pietro Vittrice ed Ermes Cavalletti erano rispettivamente guardarobiere e computista di Gregorio XIII. Essi furono rispettivamente i committenti della Deposizione dei Musei Vaticani e della Madonna dei Pellegrini. Fantino Petrignani era poi legato ai Granduchi di Toscana dei quali era ambasciatore a Roma il cardinale Francesco Maria Bourbon Del Monte primo e grande mecenate del Caravaggio

Infine, nei pressi di Palazzo Petrignani, abitava il pittore Prospero Orsi cognato di Girolamo Vittrice, nipote del Pietro appena citato. Potrebbe essere questo il momento della loro conoscenza. Sappiamo per certo che nell’ottobre 1594 Caravaggio partecipò a Roma all’adorazione delle Quaranta Ore organizzata dall’Arciconfraternita dei Virtuosi del Pantheon insieme a Prospero Orsi.

Costantino Spada e la vendita delle prime opere

Tramite Prospero Orsi Merisi potrebbe aver venduto la Buona Ventura (oggi al Louvre), ceduta, secondo Giulio Mancini, per la somma di 8 scudi. Il quadro nel 1609 era infatti di proprietà di Girolamo Vittrice, sottoguardarobiere del papa. Questi potrebbe aver acquistato da Orsi anche La fuga in Egitto e la Maddalena penitente (oggi ambedue alla Galleria Doria Pamphilj).

Come detto, secondo Giulio Mancini, Caravaggio avrebbe dipinto tutte e tre le tele mentre si trovava nel palazzo di Fantino Petrignani. Orsi, secondo Maurizio Marini, grande studioso di Caravaggio, potrebbe essere anche l’autore della vendita del Ragazzo che sbuccia un melangolo al perugino Cesare Crispolti.

Fatto forse ancora più importante fu che probabilmente fu sempre Prospero Orsi a Mettere Caravaggio in contatto con Costantino Spada. Questi aveva bottega di rigattiere (dove vendeva anche quadri) a San Luigi dei Francesi a partire dal 1593. Qui abitavano tutti i primi committenti del Caravaggio: il cardinale Del Monte, il marchese Vincenzo Giustiniani e suo fratello cardinal Benedetto, la principessa Olimpia Aldobrandini, i Crescenzi dei quali Virgilio fu erede ed esecutore testamentario del cardinale Matteo Contarelli.

Peraltro, padrino di battesimo del figlio dello Spada Camillo (1583), fu Patrizio Patrizi, prozio di Costanzo Patrizi proprietario della Cena in Emmaus oggi a Brera.

Secondo Giovan Pietro Bellori, il primo quadro di Caravaggio acquistato dal cardinal Del Monte fu I Bari (oggi Forth Worth, Kimbell Art Museum) e ciò avvenne presso la bottega di Spada. Ai Bari seguì poi l’acquisto di San Francesco riceve le stimmate e dei Musici.

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Caravaggio – I Musici

L’arrivo a Palazzo Madama

E’ ipotizzabile che intorno alla metà del 1595 il cardinale Francesco Borbon Del Monte accolga Caravaggio a Palazzo Madama, sua residenza romana.

In realtà, la prima notizia certa di Caravaggio a Palazzo Madama sono gli atti di un processo del 1597, Qui Merisi è testimone e viene identificato come pittore del cardinal Del Monte.

Nuovamente, arrestato nel 1598 poiché girava armato, Caravaggio dichiarò: Io fui preso hier sera circa dui hore de notte tra piazza Madama e piazza Navona perché portavo la spada quale porto per essere Pictore del Cardinale Del Monte che io ho la parte dal Cardinale per me et per il servitore et alloggio in casa. Io sto scritto al rolo. L’ultima volta che il Merisi rilascerà una simile dichiarazione, ovvero di essere al ruolo del cardinale Del Monte, risale all’11 ottobre 1601. Quest’ultima dichiarazione è in qualche misura dissonante con il fatto che in quell’anno Caravaggio dovrebbe essere ospite dei Mattei ma potrebbe esservisi trasferito posteriormente a quella data.

La protezione del cardinale segnerà la progressiva affermazione di Michelangelo Merisi a Roma ma resta ad oggi incerta nella biografia di Caravaggio la ricostruzione della sua attività negli anni che intercorsero tra la sua presenza nella bottega del Cavalier d’Arpino e l’approdo a Palazzo Madama.

Francesco Del Monte sponsor di Caravaggio

Per Michelangelo Merisi quelli passati a Palazzo Madama sono anni cruciali per la sua crescita artistica. In tempi rapidissimi le sue tele entrano nelle collezioni di alcune tra le maggiori famiglie romane. Certamente, alla base di questa evoluzione c’è il cardinale Del Monte protagonista importante nella curia romana e rappresentante dei Medici a Roma.

Così proprio grazie al Del Monte le opere di Caravaggio giungono addirittura nelle collezioni Medicee. E’ il caso della Medusa che il cardinal Del Monte regalò a Ferdinando I Granduca di Toscana il 25 luglio del 1598. Dieci anni dopo fu la volta del Bacco coronato di Pampini (oggi agli Uffizi come la Medusa) che nel 1608 il cardinal Del Monte regalò a Cosimo II de’Medici (1590-1621) per le sue nozze con Maria Maddalena d’Austria.

La Cappella Contarelli a San Luigi dei Francesi

Così, dopo una lunga serie di opere private, arrivò il momento della prima opera pubblica. Infatti, il 23 luglio 1599 Caravaggio firma il contratto per le (prime) due tele della Cappella Contarelli a San Luigi dei Francesi. Si tratta della Vocazione e del Martirio di San Matteo. Ad esse seguirà il 7 febbraio 1602 l’incarico per San Matteo e l’Angelo. Fu proprio il Del Monte a proporre il Merisi al posto del Cavalier d’Arpino, che aveva già affrescato la volta. A gestire gli aspetti economici Virgilio Crescenzi, esecutore testamentario del cardinal Contarelli.

Alla Cappella Contarelli segue, il 24 settembre 1600, la commissione della Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo. Qui Caravaggio dipinge la Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo. Sull’altare, invece, l’Assunzione della Vergine di Annibale Carracci.

Scrive Maurizio Marini: “Da modesto copista, in sette-otto anni, Caravaggio è in grado di subentrare all’Arpino e, quasi in concomitanza, nel 1600-1601, di vedersi affiancato ad Annibale Carracci (vale a dire l’altra faccia – quella dell’ideale classico – della pittura d’avanguardia in Roma) nella Cappella Cerasi… nel cui atto di commissione è ormai definito egregius in urbe pictor..”.

La Confraternita della SS. Trinità dei Pellegrini

Sempre per toccar con mano quanto serrati fossero i legami nella Roma del tempo merita guardare alla Confraternita della SS. Trinità dei Pellegrini. Fondata da San Filippo Neri, vi appartenevano Ermete Cavalletti, Ottavio Costa, Vincenzo Giustiniani, Ciriaco Mattei, Tiberio Cerasi, Girolamo Vittrice. In pratica, un gruppo assai consistente di committenti del Merisi. Peraltro. il 25 giugno 1602, la Confraternita aveva stabilito di affidare a Caravaggio una tela dedicata proprio alla Trinità.

Anche Caravaggio era molto vicino alle posizioni espresse dal santo. Dunque la comune appartenenza di questi personaggi alla confraternita potrebbe essere stato uno dei veicoli per la diffusione delle commissioni stesse. Così, nel 1602 arrivò da Girolamo Vittrice per la propria cappella alla Chiesa Nuova (centro degli Oratoriani di San Filippo) la commissione per la Deposizione oggi ai Musei Vaticani. Di questa tela Giovanni Baglione scrisse: “Nella Chiesa nuova alla man ritta v’è del suo nella seconda cappella il Christo morto, che lo vogliono seppellire con alcune figure, a olio lavorato; e questa dicono, che sia la migliore opera di lui.”

Non si sa se Caravaggio abbia mai incontrato il santo ma si è tramandata la leggenda che ciò sia avvenuto e che in quel frangente San Filippo Neri avrebbe detto a Caravaggio: “Vedo in te due lupi che lottano uno contro l’altro e devono sbranarsi a vicenda”. Caravaggio domandò: “Quale dei due riuscirà a vincere?”.  “Quello che tu nutrirai di più”, gli rispose il Santo.

Per leggere la biografia di Caravaggio del Baglione, clicca Caravaggio ne’ Le Vite di Giovanni Baglione.

Il ritratto di Paolo V Borghese

Nella seconda metà del 1605 Caravaggio dipinge il grande ritratto a tutta figura di papa Paolo V. Evidentemente, la sua fama è all’apice. Del resto, è nota la passione che il cardinal nepote Scipione Borghese ebbe per le tele del Merisi.

Le collezionò avidamente senza andare per il sottile. Quelle che non poté comprare se lo procurò con ogni mezzo come dimostra il sequestro della quadreria del Cavalier d’Arpino nel 1607. Peraltro, alla morte del pittore, mise il suo rappresentante a Napoli alle costole del vicerè spagnolo per assicurarsi che alcune delle tele che il Merisi aveva con se nel suo ultimo viaggio entrassero in suo possesso.

I grandi anni romani

I primi anni del ‘600, fino all’uccisione di Ranuccio Tomassoni il 28 maggio 1606, sono anni artisticamente memorabili ma psicologicamente problematici. Se da un lato si susseguono commissioni importanti, dall’altro Caravaggio assume comportamenti sempre più pericolosi per la sua stessa sopravvivenza.

Nel luglio del 1600 fu coinvolto nel ferimento di tal Flavio Canonico in una rissa di strada ma il processo si chiuse con un nulla di fatto. Nel novembre dello stesso anno fu denunciato da Girolamo Spampani, studente dell’Accademia di San Luca, per averlo bastonato prima e poi strappato il mantello con un colpo di spada in via della Scrofa.

 

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Caravaggio – incredulità di San Tommaso

Il primo di ottobre del 1601 aggredì il pittore Tommaso Salini, detto Mao, a insulti prima e poi a colpi di spada. Il Salini era amico del pittore Giovanni Baglione che rivedremo tra poche righe. Dieci giorni dopo, Caravaggio venne fermato con la spada al fianco ma senza la licenza per portarla e tradotto in prigione a Tor di Nona.

Il 24 aprile del 1604 fu denunciato da tal Pietro da Fusaccia, garzone d’osteria, a cui il pittore aveva tirato in faccia un piatto di carciofi. Per la verità il Fusaccia aveva risposto ad una domanda di Caravaggio in modo arrogante ed il piatto in faccia ci stava…. Il 28 maggio 1605 viene poi ancora arrestato per aver al suo fianco la spada senza licenza.

Al di là del carattere di Caravaggio, questi sono anni di commissioni fondamentali. Evidentemente il cardinal Del Monte aveva fatto un grande lavoro e alle sue commissioni si affiancano quelle dei Giustiniani, dei Mattei ma anche commissioni pubbliche come quella dei Palafrenieri Pontifici. Nascono così capolavori quali la Cena di Emmaus (Mattei) e l’Incredulità di San Tommaso. La Presa di Cristo nell’orto e il Sacrificio d’Abramo.

Il processo Baglione

Dobbiamo però tornare un attimo indietro al 28 Agosto 1603 giorno d’inizio di un processo che più di ogni altro coinvolse il mondo artistico romano. Quello intentato dal pittore Giovanni Baglione (1566-1643) contro Caravaggio, Onorio Longhi (1568-1619), architetto, Orazio Gentileschi (1563-1639) e Filippo Trisegni per aver composto versi ingiuriosi e diffamatori nei suoi confronti.

Il casus belli ruotava sostanzialmente intorno a commissioni e attriti artistici. Il Baglione avrebbe copiato lo stile di Caravaggio realizzando due tele dell’Amore Sacro e Amor Profano in qualche modo in concorrenza con l’Amore Vincitore del Merisi. Anche se le due opere del Baglione sono povera cosa rispetto a quella di Caravaggio, quest’ultimo se ne ebbe a male. Poi, il Baglione ottenne la commissione per una Resurrezione alla Chiesa del Gesù alla quale forse ambiva il Merisi.

Insomma, la vicenda finì in una pasquinata dove però i versi erano in verità assolutamente ingiuriosi e finalizzati a sminuire le capacità professionali del Baglione. Ne seguì un’inimicizia che durò tutta la vita ed una condanna per Caravaggio.

Quest’ultimo viene però scarcerato grazie all’intervento dell’ambasciatore di Francia a Roma Philippe de Bethune e del fiorentino Ainolfo de’Bardi dei conti di Vernio, cavaliere di Malta e stretto collaboratore del Granduca di Toscana Ferdinando I de Medici. Dobbiamo quindi immaginare che il cardinal Del Monte non fu estraneo alla partita.

In questo complesso frangente Caravaggio lascia Roma e dal 25 ottobre 1603 all’8 gennaio 1604 è nelle Marche.

Il ferimento del notaio Pasqualone

Il 29 luglio 1605 Caravaggio aggredisce rifilandogli un colpo di spada in testa da dietro il notaio Mariano Pasqualone, funzionario del Vicariato di Roma. Le cause dell’aggressione non sono chiarissime: potrebbe trattarsi di un mix di vicende economiche e passionali. Queste ultime sono legate al fatto che il Pasqualone corteggiasse la famosa Lena (forse Maddalena Antognetti, 1579 – post 1608), donna del pittore e da lui ritratta nella Madonna dei Pellegrini e nella Madonna dei Palafrenieri.

Caravaggio lascia la Città Eterna e si rifugia a Genova. Del resto di questa città sono originari due suoi committenti: i fratelli Giustiniani ed Ottavio Costa. Nel frattempo il cardinal Del Monte fa si che il Pasqualone ritiri la denuncia. La controversia viene conclusa con un accordo tra le parti il 26 agosto 1605 di fronte al cardinale Scipione Borghese al Palazzo del Quirinale.

Le condizioni psicologiche di Caravaggio devono però essere problematiche. Proprio il cardinal Del Monte, sempre pronto a correre in aiuto dell’artista, si trova a dover ammettere questa situazione. Infatti il Merisi non ha consegnato al duca di Modena Cesare d’Este una tela per la quale ha già ricevuto anticipi e così il Del Monte scrive all’ambasciatore del duca: “… s’assicura poco di lui, che è un cervello stravagantissimo e che pur era stato ricercato dal principe (Marcantonio) Doria a dipingergli una loggia , che volea dargli seimila scudi et non ha voluto accettar partito, se bene avesse quasi promesso”.

Le tre Madonne

Come abbiamo detto furono anni di grandi commissioni. La Madonna dei Pellegrini in Sant’Agostino, per la cappella dei marchesi Cavalletti fu terminata nella prima metà del 1605.

Fu poi la volta della Madonna dei Palafrenieri per la cappella di questo nobile collegio in San Pietro. Saldata l’8 aprile del 1606, venne però rifiutata dai committenti che la vendettero il 16 maggio dello stesso anno al cardinale Scipione Borghese. Una storia dai molti risvolti che vi raccontiamo nell’articolo Caravaggio e la Madonna dei Palafrenieri tra sacro e profano.

Infine, vi è il caso della Morte della Vergine per la cappella di Laerte Cherubini in Santa Maria della Scala. Una tela che ancora oggi ci stupisce per la sua innovatività ma che proprio per questo non venne mai esposta nella cappella alla quale era destinata. Potete leggere anche di questa vicenda nell’articolo Caravaggio: la Morte della Vergine.

Evidentemente vicende che lasciarono un segno nel Merisi osannato dai suoi grandi committenti, uomini spesso portatori di concezioni etiche e religiose innovative, ma contrastato da coloro che avevano del mondo e della Chiesa una visione ortodossa o, peggio, legata alla conservazione.

28 maggio 1606: l’inizio della fine

Così in un ambiente romano in cui l’ordine pubblico dava più di un problema e dove certo Caravaggio ci metteva del suo, arriviamo alla sera del 28 maggio 1606. Quella dell’uccisione di Ranuccio Tomassoni da parte di Michelangelo Merisi.

La versione dei fatti normalmente accolta è quella di un diverbio nato nel corso di una partita di pallacorda e finito a colpi di spada. Tommassoni perde la vita e Caravaggio resta ferito seriamente.

Addentrarsi nel mondo delle ipotesi e dell’analisi dei documenti disponibili richiederebbe un libro. Certo è che Ranuccio Tommassoni e i suoi fratelli non erano delle educande come non lo era Caravaggio, tutt’altro. Tra le ipotesi, però, vi è anche quella che i due fossero già ai ferri corti per via di Fillide Melandroni (più volte modella di Caravaggio) alla quale ambedue ambivano. Oppure che vi fosse in corso una tresca tra Caravaggio e la moglie del Tomassoni, Lavinia Giugoli.

Qualsiasi furono le cause, a Caravaggio, reo di omicidio, non restò che fuggire. Si rifugiò immediatamente a Palazzo Colonna e poi lasciò Roma dirigendosi verso i feudi che i Colonna avevano nel sud del Lazio.

La fuga di Caravaggio

La scelta di appoggiarsi ai Colonna è direi più che logica inevitabile. Costanza Colonna marchesa di Caravaggio (per via del matrimonio con Francesco Sforza) fu per tutta la vita protettrice del pittore. Suo figlio Muzio Sforza-Colonna sposa nel 1597 Orsina Damasceni Peretti la quale in prime nozze era stata moglie di Marcantonio III Colonna. Dunque, il rapporto tra il pittore e la potentissima famiglia romana era quanto mai stretto.

In sovrappiù esiste la certezza documentata della presenza a Roma dal settembre 1592 al maggio 1605 di Costanza Colonna. Così facilmente possiamo immaginare la sua regia dietro la fuga di Caravaggio.

Per la biografia di Caravaggio resta qualche incertezza sul percorso di avvicinamento del Merisi al Regno di Napoli. La ricostruzione effettuata da Maurizio Marini vede in prima battuta Caravaggio a Palestrina, da sempre piazzaforte colonnese, e poi a Paliano. Così peraltro attesta in una lettera Fabio Masetti al duca di Modena del quale è ambasciatore a Roma.

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Caravaggio – Cena di Emmaus (Brera)

Nel periodo di Paliano Caravaggio dipinge due opere somme. La Cena di Emmaus (oggi a Brera) che tramite il banchiere Ottavio Costa trova un acquirente a Roma nei marchesi Patrizi. La Maddalena in estasi che, invece, resta in casa Colonna tanto che è documentata presso Costanza Colonna a Napoli nel 1610 anche dopo la morte del pittore.

Caravaggio arriva a Napoli

Il 6 ottobre 1606 il Banco di Sant’Eligio di Napoli emette a favore di Michelangelo Merisi un ordine di pagamento di 200 ducati da parte di Niccolò Radolovich per una pala con Madonna bambino e santi ad oggi impossibile da localizzare. Dunque, in quella data possiamo presumere che Caravaggio sia a Napoli, probabilmente da qualche settimana. I mesi che seguiranno fino alla partenza per Malta nel luglio del 1607 ci doneranno capolavori straordinari.

Michelangelo Merisi viene accolto in modo entusiastico dai potenziali committenti partenopei ed in pochi mesi dipinge dodici tele (almeno quelle a noi note).

Tra queste Nostra Signora della Misericordia per la Confraternita del Pio Monte della Misericordia. La Madonna del Rosario, la Flagellazione oggi a Rouen (o Cristo alla colonna)  ma anche quella del Museo di Capodimonte. La Negazione di Pietro, la Salomè con la testa del Battista della National Gallery, il David con la testa di Golia oggi al Kunthisistorisches Museum di Vienna.

La partenza per Malta

Il 12 luglio 1607 Caravaggio sbarca a Malta proveniente da Napoli. E’ passato poco più di un anno dall’uccisione di Ranuccio Tomassoni (28 maggio 1606) e Caravaggio è un uomo in fuga con una condanna capitale che pende sulla sua testa.

Il Sovrano Militare Ordine di Malta rappresenta per lui un’opportunità unica. Forse i cavalieri stanno cercando un pittore di corte e lui certamente risulterebbe eccellente. L’Ordine è uno stato sovrano: divenirne cavaliere sarebbe un viatico importante alla risoluzione dei problemi giudiziari che lo assillano. In quell’entourage può contare su amici potenti, iniziando da Fabrizio Sforza Colonna, comandante della flotta dell’Ordine e figlio di Costanza Colonna, marchesa di Caravaggio.

Purtroppo sappiamo che l’esito fu dei peggiori. Nonostante la nomina a Cavaliere di Grazia il 14 luglio del 1608, con il parere favorevole del papa vista la condanna che pendeva sul Merisi, questi compromise la sua appartenenza all’Ordine compiendo un ennesimo gesto sconsiderato. Infatti, la notte del 18 agosto 1608 prese parte ad una rissa con il ferimento di fra’ Giovanni Rodomonte Roero conte della Vezza.

Caravaggio viene immediatamente arrestato e imprigionato nel carcere di Forte Sant’Angelo. Da qui evase ad inizio di ottobre per fuggire in Sicilia. In realtà, considerando l’impossibilità di evadere dalla fortezza e lasciare l’isola se non con un significativo aiuto esterno, dobbiamo ritenere che la fuga di Caravaggio fu una soluzione posta in atto dallo stesso Ordine per chiudere una vicenda assolutamente imbarazzante.

Una fuga “politica”

Infatti, Caravaggio si trovava rinchiuso nel forte all’interno di una grotta (detta la Guva) che aveva come unico accesso una botola sul soffitto. L’unico modo per uscirne e che qualcuno avesse calato una corda…

Ma a comandare il Forte è un Carafa: potente famiglia napoletana parente dei Colonna. A comandare la flotta maltese è Fabrizio Sforza. Così un altro dei cavalieri che hanno partecipato alla rissa è condannato per il ferimento di Giovanni Roero mentre Caravaggio è espulso dall’Ordine solo per l’evasione e non per il delitto di sangue.

Resta invece come ancora una volta Caravaggio dimostri l’incredibile capacità di far convivere la genialità dell’artista con la scelleratezza dei comportamenti personali. Infatti Michelangelo Merisi dipinge a Malta almeno otto tele. Tra queste il capolavoro assoluto costituito dalla Decollazione di San Giovanni Battista ma anche opere di prim’ordine quali il Ritratto di Alof de Wignacourt e il San Gerolamo scrivente.

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Caravaggio – Negazione di Pietro

Se volete vedere l’opera in HD (9MB), cliccate Caravaggio Negazione di Pietro.

La fuga in Sicilia

Siracusa è la prima tappa siciliana di Caravaggio. Qui tra il 6 ottobre ed il 6 dicembre (quando sarà a Messina) dipinge la Sepoltura di Santa Lucia. E’ il Senato di Siracusa a commissionare l’opera forse anche per l’intervento di Mario Minniti che il Merisi ritrova in questa città.

Caravaggio si trasferisce poi a Messina. Qui il priore dell’Ordine di Malta è Antonio Martelli, fiorentino, legato a Casa Medici ed in rapporti con il cardinal Del Monte (ambasciatore dei Medici a Roma) antico protettore dell’artista. I due si conoscevano bene: non a caso in riferimento al Ritratto di un cavaliere di Malta di Caravaggio oggi a Palazzo Pitti si è a lungo discusso se l’effigiato fosse Martelli o Alof de Wignacourt propendendo poi per quest’ultimo. Sarà stato Martelli a garantirgli la necessaria protezione nella città dello Stretto?

O sarà stato fra’ Bonaventura Secusio, vescovo di Messina fino al 10 giugno 1609, a sua volta in rapporti stretti con il cardinale Alessandro de’ Medici (1535-1605), poi papa con il nome di Leone XI?

Da Messina a Palermo

Resta il fatto che quando prima Secusio e subito dopo Martelli lasciarono Messina, Caravaggio si trasferì a sua volta a Palermo. Non prima però di dipingere tele importanti: la Resurrezione di Lazzaro e l’Adorazione dei pastori; Salomè con la testa del Battista (oggi a Madrid); l’Annunciazione oggi a Nancy solo per citarne alcune.

In ogni caso, l’animo del Merisi, fuggitivo da Malta, era agitato. Racconta infatti Francesco Susinno (1670-1739), autore de Le vite de’ pittori messinesi che Caravaggio, giunto a Messina, era “uomo di cervello inquietissimo, contenzioso e torbido … molte volte andava a letto vestito e col pugnale al fianco che mal lasciava; per l‘inquietudine dell‘animo suo più agitato che non è il mare di Messina.. Vestiva mediocremente, armato sempre, che piuttosto sembrava uno sgherro che un pittore. Soleva mangiar su un cartone per tovaglia, e per lo più sopra una vecchia tela di ritratto”.

Probabilmente nell’agosto del 1609 arriva a Palermo. Qui Caravaggio dipinge per la Confraternita di San Francesco d’Assisi la Natività coi santi Lorenzo e Francesco d’Assisi. e il San Francesco in meditazione sulla morte oggi alla Galleria Nazionale di Palazzo Barberini.

Il ritorno a Napoli

Michelangelo Merisi rimane solo un paio di mesi a Palermo per poi tornare a Napoli, forse con il proposito di avvicinarsi a Roma. A Napoli trova ancora una volta la marchesa di Caravaggio, Costanza Colonna. La nobildonna è infatti ospite dei Carafa nel loro palazzo di Chiaja. La sorella di Costanza, Giovanna, aveva sposato Antonio Carafa della Stadera, duca di Mondragone e principe di Stigliano. In quel 1609 a reggere le sorti della famiglia era il figlio di costoro, Luigi (1567-1630), nipote di Costanza.

Il 24 ottobre un Avviso rende noto nella città di Roma che Caravaggio è stato ucciso o forse sfregiato. Si tratta del famoso agguato della Taverna del Cerriglio: sorpreso da quattro aggressori, Caravaggio fu colpito pesantemente e sfregiato. Due le possibili alternative sempre con il movente della vendetta: o da parte di Cavalieri di Malta coinvolti nella rissa dell’agosto dell’anno precedente o da parte dei parenti del Tommassoni.

Nonostante questo agguato colpisca duramente Caravaggio nel corpo e, probabilmente, nello spirito, il pittore continua nell’attività artistica. Sono di quei pochi mesi che lo separano dalla morte il San Gennaro decollato, il David con la testa di Golia e il San Giovanni Battista entrambi alla Galleria Borghese, il Martirio di Sant’Orsola e il San Giovanni Battista sdraiato. A queste tele vanno aggiunte le tre dipinte per la Cappella Fenaroli in Sant’Anna dei Lombardi perse nel terremoto del 1798.

La richiesta di grazia

Caravaggio ha intanto presentato una richiesta di grazia a papa Paolo V che quest’ultimo accoglie. Ne siamo certi perché l’Avviso del 31 luglio 1610 che annuncia a Roma la morte del pittore è assai chiaro: “E’ morto Michel Angelo da Caravaggio pittore celebre a Port’Hercole mentre da Napoli veniva a Roma per la gratia di Sua Santità fattali del bando capitale che haveva”.

Del resto le questioni di giustizia in curia erano nel potere del cardinal nepote Scipione Borghese grande collezionista ed estimatore di Caravaggio.

Dunque, con tutta probabilità a conoscenza dell’accoglimento della sua richiesta di grazia, Caravaggio lascia Napoli alla volta di Roma. Siamo all’inizio di luglio del 1610 quando Michelangelo Merisi intraprende per mare il suo ultimo viaggio.

Caravaggio: l’arresto a Palo e la morte a Porto Ercole

Sugli ultimi giorni di Michelangelo Merisi si è scritto e dibattuto molto. Dal punto di vista della biografia del Caravaggio si sono costruite soluzioni anche assai avventurose. La corrispondenza intercorsa tra il nunzio apostolico presso il Regno di Napoli Deodato Gentile e Scipione Borghese ci permette però una ricostruzione puntuale.

Caravaggio parte alla volta di Roma con una felluca che effettua un servizio di linea tra Napoli ed i possedimenti spagnoli dello Stato dei Presidi in Toscana. L’imbarcazione si ferma a Palo (nei pressi dell’odierna Ladispoli) che avrebbe potuto essere un buon approdo per raggiungere poi via terra Roma. Il capitano della dogana di Palo lo trattenne però in loco mentre la felluca riprendeva la sua strada. A quel punto, scrive il Gentile: “… Il Caravaggio restato prigione si liberò con uno sborso grosso di danari, e per terra, e forse a piedi si ridusse sino a Port’hercole ove ammalatosi ha lasciato la vita. La felluca reportò le robbe restateli in casa della s.ra Marchese di Caravaggio, che abita a Chiaja e di dove era partito il Caravaggio…”.

Dunque, Caravaggio, ammalatosi durante il viaggio, viene curato dalla Compagnia della Santa Croce a Porto Ercole nell’ospedale di Santa Maria Ausiliatrice dove muore. Ed è la stessa Compagnia a certificarlo in un foglio all’interno di un registro dei Capitoli della Collegiata di Sant’Erasmo di Porto Ercole.

A tramandare per sempre la grandezza della sua arte i versi declamati dal poeta e amico Giovanni Battista Marino (1569-1625), il creatore della poesia barocca:

Fecer crudel congiura
Michele a’ danni tuoi Morte e Natura
Questa restar temea
Da la tua mano in ogni imagin vinta,
Ch’era da te creata, e non dipinta;
Quella di sdegno ardea,
Perché con larga usura,
Quante la falce sua genti struggea,
Tante il pennello tuo ne rifacea

Approfondimenti

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Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.