La Canestra di Frutta di Caravaggio alla Pinacoteca Ambrosiana è un’opera di qualità eccelsa ma anche di storia affascinante.
Infatti questa tela del Merisi appartenne a Federico Borromeo (1564-1631), arcivescovo di Milano dal 1595 e cugino di San Carlo Borromeo (1538-1584) che gli fu guida spirituale. Federico fu colui che fondò la Pinacoteca Ambrosiana donandole anche la Canestra di Frutta del Caravaggio che reputava opera ineguagliabile.
Caravaggio e i Borromeo
Prima di addentrarci nella storia della Canestra, merita ricordare che colei che protesse durante tutta la sua vita Michelangelo Merisi fu Costanza Colonna. Questa, figlia dell’eroe di Lepanto Marcantonio Colonna, sposò Francesco Sforza marchese di Caravaggio, ovvero della cittadina dove nacque il Merisi.
A caldeggiare le nozze tra lo Sforza e Costanza Colonna, solo tredicenne, fu proprio San Carlo Borromeo e fu per le sue insistenze che Marcantonio approvò il matrimonio.
Canestra di Frutta di Caravaggio dell’Ambrosiana: la storia
Non sappiamo di preciso come il cardinal Borromeo entrò in possesso della tela. Sappiamo però che nel settembre del 1586 si trasferì a Roma per restarvi fino al luglio del 1595. Poi vi dimorò ancora tra il 1599 ed il 1601.
Diversi i possibili punti di contatto con il Caravaggio. Certamente il più probabile l’amicizia che legava Federico Borromeo al collega cardinale Francesco Maria Bourbon Del Monte grande mecenate del Merisi.

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Le grottesche di Prospero Orsi e la tela della canestra
Come sappiamo, con la riscoperta della Domus Aurea nel 1480, le grottesche divennero di gran moda. A Roma, a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo, Prospero Orsi fu grande pittore di grottesche tanto da essere soprannominato Prosperino delle Grottesche. Legato a Caravaggio, lavorò con lui nella bottega del Cavalier d’Arpino.
La tela della Canestra di Frutta, sottoposta ai raggi X, ha rilevato la presenza, al di sotto del quadro di Caravaggio, di una grottesca. Il Merisi avrebbe dunque impiegato una tela già utilizzata. Osserva Maurizio Marini, uno dei massimi esperti del Caravaggio, come la grottesca sia “di gusto arpinesco (Cavalier d’Arpino) derivante da un bassorilievo frammentario con un Genio Alato, conservato all’epoca nella raccolta Giustiniani. La pittura di grottesche era prerogativa di Prospero Orsi, che ne ebbe il soprannome e che, comunque, è annoverabile tra i primi estimatori del Caravaggio”.
Sempre Maurizio Marini indica il 1594 come anno di realizzazione della tela. Sono gli anni nel quale Michelangelo Merisi realizza alcune delle sue nature morte più eclatanti, basti pensare al Ragazzo con Canestro di Frutta della Galleria Borghese.
Dunque, il cardinal Borromeo avrebbe acquistato la Canestra di Frutta o direttamente dal Caravaggio o, possiamo immaginare, dal Cavalier d’Arpino nella bottega del quale Caravaggio dipingeva appunto nature morte. Nulla vieta che il Merisi sia stato consigliato a Federico Borromeo dal cardinal Bourbon Del Monte.
La donazione alla Pinacoteca Ambrosiana
Comunque sia, nel testamento del Borromeo, stilato il 15 settembre 1607, troviamo descritta dettagliatamente la Canestra di Frutta di Caravaggio la quale viene donata dal cardinale alla neo costituita Pinacoteca Ambrosiana.
Nel 1618 il cardinale Federico Borromeo torna nuovamente sulla Canestra di Frutta di Caravaggio nel suo trattato De Pictura Sacra. Qui afferma di aver cercato un’altra fiscella (dal latino fiscus, cesto) da accostare a quella di Caravaggio ma di non aver trovato un’altra tela di simile bellezza. Scrive infatti il Borromeo: “… volueram ego fiscellam huic alia habere similem, sed cum huius pulchritudinem, incomparabilemque excellentiam assequeretur nemo, solitaria relicta est”.
Caravaggio Canestra di Frutta Pinacoteca Ambrosiana
Gli storici dell’arte hanno molto discusso riguardo i significati celati nella canestra. Ciò che balza agli occhi è l’alternarsi di frutta sana e di frutta che si avvia ormai a marcire. Di foglie ancora fresche e di foglie avvizzite.
Al di là del plausibile desiderio del Caravaggio di mostrare la sua formidabile abilità nel rappresentare la natura nei suoi diversi stati, questi ultimi indicano proprio il fluire del tempo, l’inevitabilità delle senescenza ovvero, per dirla in latino, il concetto del sic transit gloria mundi.
Se preferite: vanitas omnia vanitas.
La canestra della Cena di Emmaus Mattei
Il 7 gennaio del 1602 Ciriaco Mattei salda 150 scudi a Caravaggio, ospite nel suo palazzo tra il 1601 ed il 1602, per la Cena di Emmaus. In questo superbo dipinto, oggi alla National Gallery di Londra, nell’angolo destro del tavolo, campeggia una cesta di frutta.
Essa richiama quella di Federico Borromeo ed è da molti posta in relazione con essa. Possiamo suppore che essa sia posteriore e che Caravaggio nel dipingerla abbia guardato a quella in possesso dell’arcivescovo di Milano.
In realtà, Caravaggio dipinse due cene di Emmaus alquanto diverse tra loro. La prima per i Mattei, la seconda nel 1606 mentre era in fuga da Roma dopo l’uccisione di Ranuccio Tomassoni. Se vi trovate a Milano, non dimenticate che la Pinacoteca di Brera custodisce questa seconda importante Cena di Emmaus. Per approfondire questa tela, leggete: Caravaggio e la Cena di Emmaus: nasce un nuovo linguaggio?
Pinacoteca Ambrosiana
Piazza Pio XI, 2 – Milano
Tel. 02 806921
www.ambrosiana.it
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