Caravaggio rappresenta una straordinaria forza innovativa nella pittura europea a cavallo tra ‘500 e ‘600. A Napoli questo fatto è particolarmente evidente: il Merisi influenza in modo indelebile gli artisti che incontra e, in sovrappiù, genera una produzione di copie delle sue opere tale da amplificarne ulteriormente la capacità di porsi come modello. Proprio questo racconta la mostra Caravaggio a Napoli al Museo di Capodimonte.
La permanenza di Michelangelo Merisi ai piedi del Vesuvio fu, peraltro, assai breve rispetto agli effetti che generò. Diciotto mesi in tutto in due momenti. Il primo tra 1606 e 1607, il secondo tra 1609 e 1610. Una fase particolarmente drammatica della vita dell’artista: in fuga dopo la condanna a morte a Roma, perseguitato dal suo stesso carattere che lo condurrà alla sua fine tragica nel luglio del 1610.
Caravaggio a Napoli: la mostra
In una mostra raccolta (28 opere in tutto) il Museo di Capodimonte ripercorre quei mesi e, soprattutto, i rapporti tra Caravaggio e i maestri napoletani di quegli anni. Questo il viaggio artistico costruito dai due curatori Maria Cristina Terzaghi e Sylvain Bellenger.
Le tele del Merisi sono sei: la Flagellazione di Capodimonte e quella custodita presso il Musée des Beaux-Arts di Rouen; la Salomé della National Gallery di Londra e quella del Palacio Real di Madrid; il San Giovanni Battista della collezione Borghese; il Martirio di Sant’Orsola. Tutte opere dipinte durante la stagione napoletana.
C’è poco da dire: almeno tre rientrano tra i grandi capolavori di Caravaggio. Sono le imperdibili tele della Flagellazione custodita a Capodimonte e della Flagellazione del museo di Rouen. Poi c’è la Salomè del Palacio Real di Madrid. Se siete tra coloro che (come me) considerano il Merisi il più grande tra i grandi, queste sole tre opere valgono il viaggio a Napoli.
Sempre nel capoluogo partenopeo, poi, ci sono le Sette Opere di Misericordia che Caravaggio dipinse per il Pio Monte della Misericordia dove si trova ancora oggi. Dopo aver visto la mostra, recarvi al Pio Monte è d’obbligo (magari dopo aver assaporato qualche specialità napoletana…).
Caravaggio e i Caravaggeschi

La presenza di Caravaggio nel capoluogo partenopeo ebbe un impatto indelebile sulla pittura napoletana. Sia gli artisti più giovani, come Battistello Caracciolo, che quelli già attivi a Napoli, come Fabrizio Santafede, non poterono restare immuni al realismo caravaggesco e tentarono di adeguarsi alla novità, creando opere inconfondibilmente suggestionate dal Caravaggio. Un influsso che toccò anche i colleghi della successiva generazione, quali Jusepe de Ribera o Massimo Stanzione.
Così, la mostra Caravaggio a Napoli, mette a confronto le sei opere del Merisi citate con 22 quadri di artisti napoletani, che ne registrano immediatamente la novità venendone travolti. E’ interessante notare come non solo come ne ripresero l’estetica ma spesso anche i temi in modo puntuale. A parte c’è il discorso sulle copie. Caravaggio fu artista molto copiato, soprattutto al Sud. Copie autorizzate, s’intende, non falsi. Ma proprio questo desiderio di poter amare Caravaggio nella propria dimora affidandosi ad una copia di qualità dimostra quanto fosse apprezzata la grande rivoluzione caravaggesca.
La Flagellazione tra Capodimonte e Rouen
Il primo dialogo in mostra è tra La Flagellazione, conservata a Capodimonte, che l’artista realizzò per la chiesa partenopea di San Domenico e la Flagellazione del Musée des Beaux-Arts di Rouen, appena restaurata. Il raffronto si arricchisce dell’esposizione di una copia del dipinto di Rouen. Quest’ultima fu in realtà ritenuta autentica dallo storico dell’arte inglese Sir Denis Mahon con l’avvallo di Roberto Longhi. In realtà, a vederle accanto, si capisce chiaramente il perché di questo primo giudizio.
Nella sala delle due Flagellazione, oltre alla copia, vi è quella dipinta da Fabrizio Santafede (Napoli, 1555-1626) e conservata a Palazzo Abatellis a Palermo. Testimonianza di come un pittore manierista si fosse convertito al caravaggismo. Completano il ciclo il Cristo alla Colonna di Battistello Caracciolo (Museo di Capodimonte) e quello di Jusepe de Ribera (Complesso dei Girolamini).
Di opere di Battistello Caraccioloin mostra ne troverete di verse. Egli fu non solo ispirato da Caravaggio ma i due ebbero anche rapporti di lavoro in comune come testimoniano le ricerche d’archivio.
Le Salomè di Madrid e Londra
La seconda sala è dedicata alle Salomè del Palacio Real di Madrid e della National Gallery di Londra. La prima è opera particolarmente felice. Caravaggio gioca le sue carte migliori: una Salomè di bellezza assoluta dal fastoso drappeggio rosso. Una vecchia tra le migliori del suo genere. Una scena racchiusa, raccolta, intorno alle testa del Battista ed all’elsa della spada che si perde nel fondo nero.
A testimonianza della traccia profonda lasciata da Caravaggio nella pittura napoletana sono esposte le interpretazioni di Battistello Caracciolo (Museo de Bellas Artes, Siviglia) e di Massimo Stanzione (collezione privata) per la prima volta a Napoli.
Relativamente all’influsso di Caravaggio sull’arte europea, il percorso propone opere di Louis Finson, quali il Martirio di San Sebastiano e le copie della Maddalena in estasi, anch’esse presenti in mostra.
Finson (Bruges 1580 – Amsterdam 1617) fu tra i primi amici seguaci e copisti di Caravaggio a Napoli. Caravaggio lavorò nella sua bottega e in quella del fiammingo Abraham Vinck, che le fonti ricordano “amicissimo del Caravaggio”.
I due lo accolsero appena giunto in città, fornendogli probabilmente anche gli strumenti con cui lavorare. Essi entrarono in possesso di opere del pittore che portarono ad Amsterdam, esportando così il linguaggio del Merisi nel cuore dell’Europa. Accanto al Martirio di San Sebastiano di Finson, le tele di Battistello (Crocifissione), Stanzione (Martirio di Sant’Agata) e Hendrik De Somer (San Sebastiano) della collezione del Museo di Capodimonte, che indubbiamente ebbero come modello comune La Crocifissione di Sant’Andrea di Caravaggio oggi a Cleveland.
San Giovanni Battista della Galleria Borghese
Questo San Giovanni Battista fu una delle opere che Caravaggio aveva con se nell’ultimo viaggio alla volta di Roma. Si trattava di un regalo per il cardinale Scipione Borghese come ringraziamento per aver interceduto nella concessione della grazia per l’assassinio del Tomassoni. Ad esso è affiancato il San Giovanni Battista (collezione privata) di Antonio D’Enrico, forse più noto come Tanzio da Varallo (1582-1633). Questi, nativo della Valsesia, giunse a Roma nel 1600 per poi risiedere a Napoli e in Abruzzo fino al 1615 e qui incontrò l’arte del Caravaggio.
Il Martirio di Sant’Orsola
Chiude il percorso espositivo, l’ultimo dipinto realizzato dal Merisi in città, il Martirio di Sant’Orsola, oggi a Napoli presso le Gallerie d’Italia a Palazzo Zevallos Stigliano, affiancata ad una interpretazione di Giovanni Bernardino Azzolino, autore di numerose repliche della tela caravaggesca di cui si espone a Capodimonte una delle più naturalistiche dalla Pinacoteca Nazionale di Siena.
Alle tarde soluzioni della Sant’Orsola rimandano inoltre il Battesimo di Cristo di Caracciolo (Monumento Nazionale dei Girolamini, Napoli) e il Martirio di San Sebastiano di Filippo Vitale, di collezione privata, autore di cui in questi ultimi anni è stata ricostruita la fase giovanile.
Poco prima della Sant’Orsola Caravaggio aveva dipinto tre tele per la cappella Fenaroli in Sant’Anna dei Lombardi, oggi perdute. Una rara testimonianza visiva di una di esse è probabilmente il San Francesco di Carlo Sellitto pittore di origine lucana e giunto a Napoli nel primo decennio del Seicento, dove inizia a modellare in modo rapido e deciso il proprio linguaggio sulle novità introdotte da Caravaggio.
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Caravaggio a Napoli
12 aprile – 14 luglio 2019
Museo di Capodimonte – Napoli
orari: lunedì-sabato, dalle 9 alle 18; domenica, dalle 9 alle 14.30
Informazioni 081 7499130 Biglietteria 848 800 288
Navetta gratuita con partenza da Via duomo nei pressi del Museo Filangeri