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Caravaggio: il primo San Matteo e l’Angelo a San Luigi dei Francesi

Per la Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi, Caravaggio dipinse due versioni del San Matteo e l’Angelo. La seconda è quella che ancora oggi vediamo nella cappella come pala d’altare, la prima fu rimossa ed acquistata dal marchese Vincenzo Giustiniani per la sua collezione.

Al momento della dispersione della collezione Giustiniani, intorno al 1815, lo stato prussiano acquista la prima versione del San Matteo e l’Angelo di Caravaggio. La tela trovò poi dimora al Kaiser Friedrich Museum di Berlino ma qui un rovinoso incendio la distrusse  nel 1945 insieme al Cristo nell’orto degli ulivi ed al Ritratto di Fillide Melandroni.

Caravaggio il primo San Matteo e l’Angelo: i fatti certi

La storia di questa prima versione di San Matteo e l’Angelo e le cause della sua rimozione hanno generato un dibattito infinito. Partiamo dunque dai pochi fatti certi in nostro possesso.

Caravaggio consegnò le altre due tele che compongono la Cappella Contarelli, ovvero la Vocazione di San Matteo ed il suo Martirio, nell’estate del 1600. Nel febbraio del 1602, Caravaggio riceve l’incarico per la pala d’altare raffigurante San Matteo e l’Angelo onde sostituire una scultura di analogo tema che era stata commissionata a Jacob Cobaert dal quale però non era stata terminata nei tempi previsti.

Caravaggio si impegno a consegnare l’opera per la Pentecoste del 1602, ovvero il 26 maggio. La tela però, per diversi possibili motivi, dovette essere sostituita e Caravaggio ne dipinse in tutta fretta la seconda versione che fu pronta nel mese di settembre dello stesso anno.

La prima versione di San Matteo e l’Angelo misurava 223×183 cm mentre la Vocazione e il Martirio misurano circa 320×340 cm. La seconda versione del San Matteo e l’Angelo misura 296,5×195 cm. ovvero una misura coerente con gli altri due dipinti. A tal proposito, occorre tener presente che l’altezza delle pale d’altare in San Luigi dei Francesi è tipicamente di 295 cm, cioè come la seconda versione.

Un’ultima notazione. L’Angelo della seconda versione è un pelino più maturo e parecchio più composto del suo collega della prima. Inoltre aiuta a San Matteo enumerandogli gli elementi dei quali, secondo lui, dovrebbe tener conto, non muovendogli la mano sul foglio. Anche il San Matteo è ben diverso. Quello della seconda versione è senz’altro più conforme a come immagineremo un Evangelista. Ne parleremo meglio tra un attimo.

Fin qui i fatti certi. Adesso guardiamo l’opera prima di passare alle opinioni (anche autorevolissime…).

caravaggio san matteo e l'angelo prima versione
Caravaggio San Matteo e l’Angelo, prima versione

Il primo San Matteo: l’opera

Purtroppo noi disponiamo solo di una fotografia in bianco e nero del primo San Matteo e l’Angelo. Esiste poi la ricostruzione a colori realizzata dal pittore finlandese Antero Kahila nel 2008. Infine nel 2017 è stata individuata una copia di misura ridotta presso la chiesa di Saint Martin a Puillac (Bordeaux). Quindi nessuno ci garantisce dell’esattezza dei colori di queste due versioni. Vorrei però dire che, chiudendo gli occhi, ognuno di noi può immaginare il suo San Matteo.

Per certo, nella prima versione San Matteo è seduto su una sedia savonarola ricoperta da un grande drappo (che tutti immaginiamo rosso, suppongo). E’ intento a scrivere in ebraico il suo Vangelo. E’ un uomo di mezza età. La fronte aggrottata, gli occhi fissi sul foglio di carta. Direi che ha un’aria visibilmente preoccupata… La mano destra grossa, l’avambraccio possente. Caravaggio avrà ripreso le forme del suo modello, perché San Matteo si occupava di riscuotere imposte, non di zappare la terra.

Poi c’è l’Angelo. Un angelo poco meno o appena adolescente. Gli angeli di Caravaggio sono tutti giovani e bellissimi. Pensate al suonatore di violino del Riposo durante la fuga in Egitto a ai due angeli equilibristi de Le Sette Opere della Misericordia. Qui però il Merisi va un po’ oltre.

Siamo più sulla linea di pensiero dell’Amore Vincitore. L’angelo, bellissimo, è giovanissimo e quanto mai femminile. Una bocca sensuale, i suoi abiti sono veli. Infine, passatemelo, la sua veste ha un memorabile spacco che rivela la gamba per tutta la sua lunghezza.

I piedi di San Matteo

Dulcis in fundo ci sono i piedi di San Matteo. Vorrei dirvi di fare cento metri (se siete a San Luigi dei Francesi) e andare a vedere i piedi del marchese Cavalletti ritratto nella Madonna dei Pellegrini a Sant’Agostino. I piedi erano uno dei pezzi forti di Caravaggio: il punto di caduta del suo naturalismo, oserei dire.

Rispetto ai piedi del marchese, quelli di San Matteo sono per fortuna puliti anche se di una misura poco proporzionata ad un santo. Certo, sono un po’ in primo piano.

Così il Bellori ebbe gioco facile a scrivere nelle sue Vite che il primo San Matteo e l’Angelo era stato rifiutato perché “…avendo egli terminato il quadro di mezzo di San Matteo e postolo su l’altare, fu tolto via dai preti, con dire che quella figura non haveva decoro, né aspetto di santo, stando a sedere con le gambe incavalcate e coi piedi rozzamente esposti al popolo”. (Bellori, Vite de’ Pittori, Scultori ed Architetti moderni, Roma 1672).

Comunque sia, il primo San Matteo e l’Angelo di Caravaggio, sia in bianco e nero che a colori, è formidabile. Così, Vincenzo Giustiniani non se la fece scappare dimostrandosi altrettanto astuto quanto il cardinal Scipione Borghese con la Madonna dei Palafrenieri.

Antero Kahila – Ricostruzione a colori Caravaggio, San Matteo e l’Angelo

I motivi del “rifiuto”

Ammesso e non concesso che un rifiuto vi sia stato, cerchiamo di capire cosa possa esser successo.

Maurizio Marini, studioso del Caravaggio secondo a nessuno, sostiene che “… la prima pala della Contarelli non sia oggetto di un vero e proprio rifiuto o bensì di un ‘perfezionamento’ o, meglio, di una più esplicita declinazione controriformista rispetto alla traccia del 1591 da cui dipendono la statua del Cobaert (ricusata per ragioni estetiche), il dipinto non eseguito del Cesari (il Cavalier d’Arpino, n.d.r.) e, naturalmente, il primo San Matteo del Caravaggio”. In realtà Marini è sulla stessa lunghezza d’onda di quanto affermato da Roberto Longhi (il riscopritore di Caravaggio) nel 1952. Cioè che fu lo stesso Merisi a rendersi conto che quella prima versione non reggeva il passo con le due somme tele della Vocazione e del Martirio che segnano un momento nodale nella crescita artistica di Caravaggio.

Senza addentrarmi nella disamina dei motivi teologici che potrebbero aver portato al rifiuto dell’opera, questi sono però numerosi. Partendo dal testo vergato in ebraico da San Matteo e non in latino, per arrivare alla sedia Savonarola che avrebbe potuto rievocare ricordi spiacevoli a Roma.

Il rapporto tra Dio e l’autore delle scritture sacre

L’argomento più cogente è però quello del rapporto tra Dio e l’autore materiale delle scritture sacre. E’ un argomento complesso ma credo che la storica dell’arte Maria Isabella Safarik lo spieghi chiaramente:

“Per gli ebrei, come per i cristiani, la scrittura proviene da Dio, è cosa di Dio. Per gli ebrei è volontà di Dio rivelata, parola di Dio fatta ascoltare, materia ispirata da Dio ai singoli autori. Ispirata in due modi, per gli ebrei: a Mosè sul Sinai o, per gli altri libri, è lo spirito di Dio che prese possesso dell’autore sacro, il quale in modo profetico parlò autorevolmente a nome di Dio. Per i cattolici l’ispirazione è il concreto carisma divino posto a beneficio della comunità. L’autore di fronte a Dio è uno strumento umano, cioè intelligente e sensibile che esegue la volontà divina, così l’uomo, per il cattolico, è collaboratore di Dio, cioè “causa seconda libera”, come dice il lessico specialistico della teologia.

Questa differenza nella concezione di come sia stata comunicata la Bibbia agli scrittori sacri è quella che separa la prima, d’impronta ebraica, dalla seconda versione, più puntualmente cattolica, del San Matteo e l’angelo del Caravaggio per la Cappella Contarelli”.

Se esiste un motivo teologico per il presunto rifiuto della tela, credo che questo sia il filo d’Arianna da seguire.

Caravaggio il primo San Matteo: una prova generale

C’è un’ultima possibilità da valutare ed è legata alla datazione dell’opera. Secondo Luigi Spezzaferro, il primo maggio del 1599 la Cappella Contarelli sarebbe stata aperta provvisoriamente al culto. Il Caravaggio avrebbe così realizzato una pala d’altare provvisoria, di misure anch’esse approssimative, e poi, compreso in modo più approfondito la richiesta del committente, avrebbe predisposto la seconda versione.

Noi sappiamo che l’incarico al Caravaggio per la Cappella Contarelli arrivo dopo quasi dieci anni dalla prima commissione assegnata al Cavalier d’Arpino. Quest’ultimo non realizzò però mai la pala richiestagli limitandosi a lavorare sulla volta della cappella.

Nel contratto tra il cardinal Contarelli e il Cavalier d’Arpino, nel 1591, il primo richiedeva al secondo una pala nella quale fosse raffigurato “… San Matteo in sedia con libro, o volume, come meglio parerà, nel quale mostri o di scrivere o di voler scrivere il Vangelo, et a canto a lui l’angelo in piedi maggior del naturale in atto che paia di ragionare o in altra attitudine a proposito di questo effetto”.

Non sappiamo se Virgilio Crescenzi, esecutore testamentario del cardinale Contarelli, nel conferire l’incarico a Caravaggio si aspettasse che questi si uniformasse a quanto già richiesto al d’Arpino. Se così fu, diciamolo, la seconda versione risponde meglio a tali aspettative….

Approfondire Caravaggio

Se volete approfondire l’opera di Caravaggio, qui di seguito trovate l’elenco completo dei suoi dipinti ed i link ai relativi articoli di ArtePiù Caravaggio: tutte le opere

Se siete a Roma per vedere la Cappella Contarelli a San Luigi dei Francesi e volete ammirare tutte le sue opere nella Città Eterna, leggete Caravaggio a Roma: un percorso ragionato

Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.

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