Il Ragazzo morso da un ramarro è un’opera dei primi anni romani di Caravaggio, intorno al 1594. Il Merisi l’affronta sia in chiave psicologica, rappresentando l’espressione di paura e sorpresa del giovani, che mettendo in mostra la sua maestria nella natura morta.
Caravaggio Ragazzo morso da un ramarro: la storia

La tela dovrebbe risalire al 1594, grosso modo ai mesi nei quali Caravaggio visse ospite di monsignor Pandolfo Pucci. Questi fu soprannominato dal Merisi Monsignor Insalata per la perseveranza con la quale gli presentava questo alimento.
Scrive infatti Giulio Mancini (1559-1630) nelle sue Considerazioni sulla pittura: “Doppo se ne passò a Roma d’età incirca venti anni dove, essendo poco provvisto di denari, stette con Pandolfo Pucci da Recanati… Donde dopo pochi mesi partitosi con poca sodisfatione… In questo tempo fece per esso alcune copie di devotione che sono in Recanati e, per vendere, un putto che piange per essere stato morso da un racanto che tiene in mano…”.
In realtà noi oggi conosciamo quattro versioni del soggetto. Le due ritenute autografe sono però quelle presso la National Gallery di Londra e la Fondazione Longhi a Firenze. Le immagini si riferiscono a quest’ultima.
In realtà, per ambedue le versioni non conosciamo chi ne fossero i proprietari in antico. Della tela “inglese” sappiamo che giunse in Inghilterra nella collezione di Sir Paul Methuen (1672-1757). Questi, diplomatico e poi ministro del governo di Sua Maestà, visse a Torino nel 1705. La tela della Fondazione Roberto Longi fu acquistata da quest’ultimo nel 1928 provenendo dalla collezione parigina di Pierre D’Atri.
Quali delle due versioni fu dipinta per prima? Le radiografie rivelano che la versione fiorentina non mostra pentimenti a differenza di quella londinese. Dunque, quest’ultima potrebbe essere la più antica. In termini di misure, sono praticamente identiche. 66×49.5 cm quella della National Gallery; 65,8×52,3 quella della Fondazione Longhi.
Un giovane tra stupore e paura
Abbiamo detto che si tratta di una delle prime tele di Caravaggio. Il Merisi si dedica in questi primi anni volentieri a figure di ragazzi con motivi di natura morta. Risultati di grande impatto da cui emerge chiaramente il genio. Tra queste, il Ragazzo con un cesto di frutta e il Bacchino malato ambedue alla Galleria Borghese.
Le nature morte del giovane Merisi sono di assoluto livello. Non disdegna poi di cimentarsi con l’acqua. Infatti un vaso analogo a quello del Ragazzo morso da un ramarro lo troviamo anche nel Ragazzo con caraffa di rose, di qualche mese anteriore.
Quello che succede però nel Ragazzo morso da un ramarro è che Caravaggio affronta con forza la descrizione dei moti dell’animo umano. Come non ha ancora fatto fino a quel momento: l’attenzione dell’osservatore va tutta al viso del giovane, la natura morta è una scoperta successiva.
Osserva infatti Maurizio Marini, uno dei maggiori esperti del Merisi, confrontando anche le due versioni:
“… in tal senso, la stesura fiorentina esprime un più marcato interesse dell’artista per un approfondimento della mimica facciale e, conseguentemente, per un’accentuazione dell’aspetto connesso allo spavento nei confronti dell’atonia riferita alla vanitas della precedente redazione iconografica (più giocata sulla dinamica della figura)”.
La natura morta
Tutto ciò detto, la natura morta però Caravaggio la dipinge e, dunque, guardiamola insieme. Personalmente, mi sembra molto interessante l’osservazione di Alfred Moir, storico dell’arte e studioso del Caravaggio:
“Pare assai probabile che si tratti di un quadro allegorico… E’ noto che il ramarro aveva una connotazione negativa: alcune fonti antiche lo mettono in relazione con la morte, altre con la lussuria. Quest’ultimo significato si accorda con le ciliegie appaiate, simbolo d’amore, e con le rose che, tra gli altri significati, possono essere un’allusione alle malattie veneree. Entrambi sono certamente simboli sessuali e sarebbero in armonia con il carattere eroicomico di tutto il dipinto, un monito contro le insidie dell’amore”.
Il Ragazzo morso da un ramarro è illuminato da una forte luce proveniente da sinistra che batte sulla mano destra. Lì sul dito medio si distingue il nostro ramarro intento a colpire.
Caravaggio si concentra sul vaso colmo d’acqua dove è immersa una rosa bianca (come quella infilata ta i capelli del giovane). La superficie è increspata: il ragazzo sobbalzando deve aver mosso il tavolo. Nella parte destra del vaso si rispecchia la finestra da cui la scena prende luce. Due gocce d’acqua scendono in trasparenza lungo il vetro.
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