Alof de Wignacourt nel ritratto di Caravaggio guarda lontano verso il futuro, conscio di essere uno dei potenti del suo tempo, mentre si lascia guardare da noi in una concentrata atmosfera di solenne silenzio. A guardarci è invece il suo paggio, Alessandro Costa, il cui padre Ottavio era peraltro un committente di Caravaggio.
Rappresentano l’oggi e il domani di un gruppo di uomini quanto mai particolare. Membri di un ordine che era insieme militare e monastico, avamposto cristiano in un Mediterraneo conteso. La diversità tra i due personaggi è certamente l’aspetto più intrigante di questa grande tela (195×134 cm).
Caravaggio a Malta
Certamente il ritratto di Alof de Wignacourt di Caravaggio è, dal punto di vista dell’arte del Merisi, una tela inusualmente formale. Del resto i personaggi ritratti e la situazione contingente dell’artista non consentivano passi falsi.
Il 12 luglio 1607 Caravaggio sbarca a Malta proveniente da Napoli. E’ passato poco più di un anno dall’uccisione di Ranuccio Tomassoni (28 maggio 1606) e Caravaggio è un uomo in fuga con una condanna capitale che pende sulla sua testa.
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Il Sovrano Militare Ordine di Malta rappresenta per lui un’opportunità unica. Forse i cavalieri stanno cercando un pittore di corte e lui certamente risulterebbe eccellente. L’Ordine è uno stato sovrano: divenirne cavaliere sarebbe un viatico importante alla risoluzione dei problemi giudiziari che lo assillano. In quell’entourage può contare su amici potenti, iniziando da Fabrizio Sforza Colonna, comandante della flotta dell’Ordine e figlio di Costanza Colonna, marchesa di Caravaggio.
Purtroppo sappiamo che l’esito fu dei peggiori. Nonostante la nomina a Cavaliere di Grazia il 14 luglio del 1608, con il parere favorevole del papa vista la condanna che pendeva sul Merisi, questi compromise la sua appartenenza all’Ordine compiendo un ennesimo gesto sconsiderato. Infatti, la notte del 18 agosto 1608 prese parte ad una rissa con il ferimento di fra’ Giovanni Rodomonte Roero conte della Vezza.
Caravaggio viene immediatamente arrestato e imprigionato nel carcere di Forte Sant’Angelo. Da qui evade ad inizio di ottobre per fuggire in Sicilia. In realtà, considerando l’impossibilità di evadere dalla fortezza e lasciare l’isola se non con un significativo aiuto esterno, dobbiamo ritenere che la fuga di Caravaggio fu una soluzione posta in atto dallo stesso Ordine per chiudere una vicenda imbarazzante. Infatti, egli venne espulso dall’Ordine e i Cavalieri chiusero così la vicenda.
Caravaggio: il ritratto di Alof de Wignacourt
Evidentemente per un aspirante pittore di corte il ritratto del regnante era un must. Così probabilmente si configurò la committenza della tela in questione: quasi una prova di gratitudine da parte del pittore stesso.
Altrettanto evidentemente le condizioni a contorno condizionano le scelte di Caravaggio. E’ necessario realizzare un ritratto che rispecchi la condizione del personaggio. Ecco come nasce un’opera in cui certamente Michelangelo Merisi non può trattare l’argomento applicandovi la sua innovatività ma che non di meno è alla sua altezza.
Il viso del de Wignacourt è di tre quarti con il lato sinistro in penombra. Una posizione simile a quella scelta per il Ritratto di un Cavaliere di Malta di Palazzo Pitti (che potrebbe essere sempre Alof de Wignacourt). Questa volta lo sguardo è però più deciso, volitivo. Non è un ritratto intimo, psicologico ma una rappresentazione formale. Caravaggio non rinuncia però al suo bianco e il collo della camicia spunta dal collare dell’armatura a contrasto con la carnagione scura del viso di un uomo abituato alle battaglie e alla navigazione.
Tutt’altro timbro spetta al paggio, Alessandro Costa. Un ritratto soave, La luce gioca sui visi dei due personaggi in modo diverso e sottolinea l’incarnato adolescenziale del paggio. I suoi occhi sono grandi come quelli di un’antica icona. Il suo sguardo rivela però la sua coscienza di appartenere ad un ambiente di potere e ricchezza. Peraltro, il padre di Alessandro, il banchiere genovese Ottavio Costa, fu il committente della Giuditta ed Oloferne di Caravaggio oggi a Palazzo Barberini.
Tra armature e piume
Fatemi iniziare dalle piume. In Caravaggio il rosso e il bianco sono colori onnipresenti come lo sono per l’Ordine di Malta. Così il Merisi non perde l’occasione e approfitta delle piume dell’elmo e della sopravveste retti dal paggio. Sono gli unici momenti di colore in una tela dominata dal bruno e dal ferro brunito dell’armatura.
A proposito dell’armatura, questa è forse l’argomento più discusso riguardo al ritratto di Alof de Wignacourt. Infatti, essa appare essere di alcuni decenni precedente al momento del ritratto. Infatti, dovrebbe essere stata realizzata dall’armoraro milanese Pompeo della Chiesa (1537-1610).
Alof de Wignacourt (1547-1622), Gran Maestro dal 1601 alla sua morte, era entrato nell’Ordine nel 1564 ed aveva combattuto nel Grande Assedio di Malta nel 1565 e a Lepanto nel 1571. La scelta di essere rappresentato in un’armatura antica poteva servire a ricordare proprio questi fatti.
Lo storico dell’arte Maurizio Calvesi (1927-2020) ha infatti osservato a tal proposito: “Il dipinto… presenta un certo contrasto tra il parlante naturalismo del volto e l’atteggiamento convenzionale del corpo, chiuso dentro un’armatura di foggia antiquata, facilmente databile agli anni Settanta del Cinquecento. Ma il Wignacourt aveva partecipato anch’egli alla battaglia di Lepanto (1571), al cui glorioso periodo l’armatura dunque rinvia, in una presentazione volutamente emblematica e quasi araldica”.
Due illustri precedenti
Sempre Maurizio Calvesi ha osservato come il famoso ritratto di Marcantonio Colonna, uno dei grandi vincitori di Lepanto, eseguito da Scipione Pulzone (1544-1589) ritragga il condottiero con un’armatura di simile foggia. Caravaggio, vicino alla famiglia Colonna, conosceva con tutta probabilità il ritratto e quindi la scelta dell’armatura potrebbe guardare proprio a Marcantonio Colonna.
Infine, Tiziano nel 1540 dipinse l’Allocuzione del marchese Alfonso del Vasto (Alfonso d’Avalos) nella quale il condottiero, si rivolge al suo esercito prima di affrontare Solimano. Anche in questo caso, troviamo un paggio a reggere l’elmo del condottiero: si tratta del figlio Ferrante. Caravaggio poteva conoscere l’opera la quale si trovava nel Castello Sforzesco di Milano durante gli anni trascorsi dal Merisi nel capoluogo lombardo.
Se volete approfondire l’opera di Caravaggio, qui di seguito trovate l’elenco completo dei suoi dipinti ed i link ai relativi articoli di ArtePiù Caravaggio: tutte le opere
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