La Cappella Contarelli, in San Luigi dei Francesi a Roma, custodisce tre tele del Caravaggio dedicate a San Matteo. Un ciclo vero e proprio che racconta la chiamata del santo, la scrittura del suo Vangelo ed il suo martirio.
Caravaggio a San Luigi dei Francesi: la storia
La genesi della Cappella Contarelli a San Luigi dei Francesi meriterebbe un romanzo. Questa volta, però, il carattere scapestrato di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio non c’entra per nulla.
Il cardinale Matteo Contarelli (in realtà il francese Matthieu Cointerel, 1519-1585) era un alto prelato, particolarmente legato a Gregorio XIII, con la responsabilità di amministrare le entrate dello stato pontificio. Era quello che si definiva un datario, una professione dunque simile a quella originaria di San Matteo.
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Forse, oltre al nome dell’Apostolo, anche questa considerazione fece scegliere al Cardinale Cointerel un ciclo dedicato a San Matteo per ornare la sua cappella privata in San Luigi dei Francesi.
Il cardinale era del resto un grande mecenate. Aveva infatti anche lavorato con Caterina de’ Medici alla costruzione di San Luigi dei Francesi della quale, a sue spese, ne fece sistemare la facciata.
E qui arrivarono i problemi. Infatti, nel 1585 il cardinale aveva affidato a Gerolamo Muziano il compito di affrescare la sua cappella ma le ingenti somme spese per questa e altre opere convinsero Sisto V (che proprio nel 1585 era salito al soglio pontificio succedendo a Gregorio XIII) ad aprire un’inchiesta per capire da dove provenissero i tanti danari.
Cappella Contarelli: l’intervento del Cardinal Del Monte
L’inchiesta portò alla scoperta di casi di corruzione nella Dataria Apostolica ed anche all’interruzione dei lavori. Per di più in quell’anno morì anche il cardinale Contarelli.
Passarono dodici anni e, nel 1597, nonostante ulteriori tentativi, la cappella era praticamente al punto di partenza. Intorno al 1592 il Cavalier d’Arpino ne aveva affrescato la volta ma più in là non si era andati.
Così, il cardinale Francesco Maria Bourbon Del Monte, protettore del Caravaggio, in vista dell’Anno Santo del 1600, lo presentò per l’incarico. Il contratto viene firmato il 23 luglio 1599 con l’impegno di completare i lavori entro l’estate successiva.
Caravaggio: la Vocazione di San Matteo
San Matteo era uno dei dodici apostoli ed autore del Vangelo che ne prende il nome. Egli era di professione un esattore di tributi, anche detto publicano.
La Vocazione di San Matteo rappresenta la chiamata di Matteo da parte di Gesù così come è descritta dal Vangelo: “Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: Seguimi. Ed egli si alzò e lo seguì”. La penna, il calamaio, il libro mastro posti al centro del tavolo richiamano proprio la funzione di esattore di San Matteo.
La scena si allunga intorno al tavolo guidata da due movimenti orizzontali. Il braccio disteso di Gesù (coperto da San Pietro) la cui mano indica Matteo. Un gesto rinforzato da quello della mano di San Pietro subito più in basso. Ed il braccio di Matteo piegato in modo tale che, con l’avambraccio disteso ed il dito indice, punti verso il proprio petto. Come per chiedere a Gesù se sia con lui che stia parlando. Infine, il braccio destro del ragazzo, anch’esso piegato, che quasi prolunga quello di Matteo.
Sulla stessa linea si posizionano gli sguardi di Matteo e del ragazzo che attraversano la scena da sinistra a destra cercando di incrociare lo sguardo del Cristo.
Ovviamente, poi, c’è la luce. Entra come una staffilata da una finestra in alto a destra, alle spalle di Gesù. Lascia il Cristo e San Pietro nella penombra. Illumina il tavolo ma lascia nel chiaroscuro le figure che vi sono sedute intorno. Tranne due: Matteo, con il suo viso in piena luce, e il ragazzo. Del resto Caravaggio non poteva resistere a dipingere un altro viso di fanciullo capolavoro.
Il Martirio di San Matteo a San Luigi dei Francesi
Di fronte alla chiamata di Matteo, sull’altro lato lungo della Cappella Contarelli, è posta la tela del suo martirio. Nella rappresentazione voluta dalle Scritture: trafitto mentre diceva messa dalla spada di un sicario del re Irtaco d’Etiopia.
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Matteo, che muore presumibilmente introno ai settant’anni, è dipinto come un anziano sacerdote. A terra, cerca con le ultime forze di respingere l’assalitore. Un angelo, dall’alto, gli porge la palma del martirio. Il bianco supremo della sua tonaca è il fulcro della scena ed anche, in qualche modo, la sua fonte di luce.
La scena è affollata. Alle spalle del sicario un gruppo di uomini in abiti cinquecenteschi (come i personaggi intorno al tavolo della “chiamata”). Probabilmente bravi, al servizio del re. Poi i numerosi personaggi nudi. Potrebbero essere fedeli che stanno per ricevere il battesimo immergendosi completamente nell’acqua.
L’angelo, che abbiamo notato prima, merita di essere guardato bene. Caravaggio avrebbe potuto scegliere per lui diverse soluzioni. Invece si avventura nella più spericolata: esso compie un avvitamento facendo leva sul braccio sinistro flesso mentre slancia verso destra una gamba per mantenere il precario equilibrio. Un angelo equilibrista come quelli che qualche anno dopo il maestro avrebbe dipinto a Napoli per il Pio Ospedale della Misericordia nelle “Sette Opere della Misericordia”.
Dal fondale, verso sinistra, emerge un viso: è un inconfondibile autoritratto dello stesso Caravaggio.
Caravaggio: San Matteo e l’Angelo
La terza tela della Cappella Contarelli rappresenta San Matteo e l’Angelo. Venne affidata a Caravaggio due anni dopo, nel 1602, da Francesco Contarelli, nipote del cardinale Matteo. Quest’ultimo, aveva esplicitamente indicato questo desiderio nelle sue volontà testamentarie richiedendo un “San Matteo in sedia con un libro o, volume, come meglio parera, nel quale mostri o di scrivere o voler scrivere il vangelio et a canto a lui l’angelo in piedi maggior del naturale in atto che paia di ragionare o in altra attitudine”.
Caravaggio trovò la sua formidabile soluzione ai voleri del cardinale. San Matteo è in realtà in ginocchio su uno sgabello. A veder apparire l’angelo deve essersi mosso. Lo sgabello, infatti, fuoriesce dalla tela per venire verso lo spettatore cosicché una delle gambe non poggia a terra. Speriamo regga.
La figura di San Matteo è degna del Caravaggio. Le mani e i piedi perfetti. La barba e la profondità dello sguardo formidabili. L’incrocio delle tuniche gialla ed arancione e la cromia che produce, magistrale.
Poi c’è l’intensità del rapporto tra Matteo e l’angelo. Il santo ha la penna d’oca che già tocca la carta, ma aspetta. L’angelo sta come contando qualcosa. Quasi a voler stabilire un elenco di cose da dire e la loro priorità. Anche le sue mani sono perfette.
Chi è veramente l’angelo?
Potrebbe essere Francesco Boneri (1580-1630), più noto come Cecco del Caravaggio. Anche lui pittore caravaggesco, fu per il maestro uomo di fiducia e, forse, anche, amante. Di Caravaggio riprese anche i difetti: si dice, infatti, che anche lui fosse svelto di coltello.
Caravaggio dipinse una prima versione di San Matteo e l’Angelo che non prese mai posto sull’altare e venne così acquistata dal marchese Vincenzo Giustiniani. Se volete conoscerne la storia, cliccate Caravaggio: il primo San Matteo e l’Angelo.
Se volete visualizzare un’immagine più grande, cliccate Caravaggio San Matteo e l’Angelo.
Altre opere di Caravaggio a Roma
Se vuoi approfondire le opere di Caravaggio presenti a Roma, leggi: Caravaggio a Roma: un percorso ragionato
Se posso dare un consiglio, a 100 metri da San Luigi dei Francesi (direzione Piazza del Popolo) c’è la Basilica di Sant’Agostino che custodisce, sempre di Caravaggio, la Madonna dei Pellegrini. Io c’andrei: è indimenticabile. L’articolo è qui: Caravaggio: la Madonna dei Pellegrini.
Infine, se volete approfondire il percorso artistico del Merisi, qui trovate l’elenco di tutte le sue opere ed i link agli articoli pubblicati da ArtePiù Caravaggio: tutte le opere.
Caravaggio San Luigi dei Francesi
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