Il Sacrificio di Isacco di Caravaggio degli Uffizi di Firenze è un’opera che merita di essere guardata con grande attenzione. Ciò non solo per i suoi evidenti meriti artistici, ma anche per i chiari rimandi alle opere di Caravaggio che la precedettero e la seguirono.
Il tema è noto. Dio ordina ad Abramo, come estrema prova di obbedienza, di sacrificargli l’unico figlio, Isacco. E Abramo obbedisce e accetta. Un attimo prima, però, un angelo ferma la sua mano.
Il tema è noto. Dio ordina ad Abramo, come estrema prova di obbedienza, di sacrificargli l’unico figlio, Isacco. E Abramo obbedisce e accetta. Un attimo prima, però, un angelo ferma la sua mano.
Caravaggio interpreta il tema fedelmente, senza l’originalità di pensiero e di rappresentazione che ritroviamo nella Conversione di San Paolo di San Luigi dei Francesi a Roma o la complessità delle Sette Opere di Misericordia di Napoli, ma creando anche nell’ortodossia un capolavoro. Nel contempo, insieme, c’è tutta la sua straordinaria capacità di rendere iconica la rappresentazione del reale e la ricorrenza di modelli passati e futuri.
Andiamo per ordine. Sulla composizione in generale, v’è da dire che il Sacrifico di Isacco è, insieme al Riposo durante la Fuga in Egitto, l’unica opera del Merisi dotata di un paesaggio di sfondo.
Sacrificio di Isacco di Caravaggio: quando fu dipinta?
E’ necessario partire datando l’opera. Per una volta, sembra trattarsi di un’operazione semplice: speriamo che prossime ricerche non contradicano quanto oggi pensiamo.
Il Sacrificio di Isacco sarebbe stato commissionato a Caravaggio dal cardinale Maffeo Barberini (1568-1644) asceso poi al soglio pontificio nel 1623 con il nome di Urbano VIII. In pratica, il pontefice al quale si deve la successiva prosperosa crescita del casato.
E’ proprio l’archivio Barberini a venirci in aiuto per la datazione dell’opera. Infatti, esso conserva i pagamenti effettuati al Caravaggio avvenuti in tranche tra il 20 maggio 1603 e l’8 gennaio 1604.
Ormai Michelangelo Merisi era a Roma un pittore di successo. Aveva già realizzato le tele di San Luigi dei Francesi e quelle di Santa Maria del Popolo. Purtroppo, si avvicinavano all’orizzonte quegli eventi che due anni dopo lo avrebbero costretto a lasciare in fuga la città Eterna.
Il Sacrificio di Isacco va proprio analizzato in funzione delle opere precedenti e successive. Forse perché Caravaggio era caratterizzato da una certa pigrizia nella scelta dei suoi modelli. Guardate Abramo e, chiudendo gli occhi, pensate al San Girolamo della Galleria Borghese (1605).
Cecco del Caravaggio
Isacco, invece, potrebbe essere Francesco Boneri (1580-1630), ovvero Cecco del Caravaggio, allievo del Caravaggio e suo uomo di fiducia. Peraltro già impiegato come modello per l’angelo del San Matteo di San Luigi dei Francesi. Forse ripreso anche nel Narciso di Palazzo Barberini e nel Davide e Golia del Prado. Peraltro, Francesco Boneri fu anch’egli un ottimo pennello del quale, però, la storia dell’arte fatica a ricostruire complessivamente l’opera.
Poi c’è la testa dell’ariete (quello che finirà sacrificato al posto di Isacco). Guardatela e pensate a quella dei due San Giovanni del Merisi (Musei Capitolini e Galleria Doria Pamphilj) è proprio… l’ariete del Caravaggio. Poi nelle due opere in questione, assolutamente simili, il modello è lo stesso. Potrebbe anche in questi casi essere Cecco.
I particolari
Caravaggio si vede dai particolari. Guardate le mani di Abramo. Quella stretta per serrare disperatamente il coltello con le pieghe della pelle in evidenza e quella che blocca il collo del figlio, con le solite unghie sporche.
Poi ci sono i capelli dell’angelo. Ricci e biondi. Simili a quelli di Gesù della Madonna dei Palafrenieri e, in qualche misura, dell’angelo del Riposo durante la fuga in Egitto. Viceversa, quando Caravaggio dipinge il Bambino Gesù preferisce, sempre nei toni chiari, i capelli lisci. Per chiudere la storia dell’angelo. Secondo alcuni Caravaggio lo modificò perché anche per l’angelo aveva impiegato il viso di Cecco ma due visi uguali proprio non si potevano vedere…
Abramo è cinto intorno alla vita da un indumento di difficile identificazione ed anche equilibrio poiché non è chiaro come si tenga. Troppo pesante per reggersi con un semplice nodo. Ma è un nodo di Caravaggio e poi il panno è rosso: il colore che il Merisi usa per attirare l’attenzione e dare forza ai personaggi.
La luce arriva da sinistra, dall’alto. si concentra sul viso di Abramo e su quello del figlio Isacco. Sulle mani dell’angelo salvatore. Isacco ha la bocca aperta, ma il suo urlo non riesce ad uscire. Si intravedono i denti, la lingua e poi il fondo nero della gola. E’ la stessa bocca di Medusa, a pochi metri, nella sala accanto degli Uffizi. Con gli occhi, segnati da un rosso colore del sangue, Isacco cerca qualcuno, in un ultima, disperata, richiesta di aiuto.
Il Sacrificio di Isacco di Caravaggio agli Uffizi
Il Sacrificio di Isacco passa dalla collezione Barberini a quella Colonna di Sciarra probabilmente per lasciti ereditari.
Da questi (o da una società che lo aveva acquistato in precedenza) lo acquistò Charles Fairfax Murray (1849-1919), pittore inglese a lungo vissuto a Firenze, ritenendolo opera di Gherardo delle Notti. Suo figlio John lo donò poi agli Uffizi nel luglio del 1917.
Approfondire Caravaggio
Se volete approfondire l’opera di Caravaggio, potete leggere:
- Caravaggio: biografia sintetica
- Caravaggio: tutte le opere per l’elenco completo delle opere ed i link agli articoli specifici
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