Salomè con la testa del Battista è un tema ricorrente nella pittura sacra ma Caravaggio lo affronta da par suo nulla risparmiando della atroce crudezza della scena. Così, come spesso capita nella storia del Merisi, la sua impostazione fa scuola e si ripete poi da Battistello Caracciolo al Corenzio al Sellito.
L’episodio di Salomè nei Vangeli
Caravaggio ci ha lasciato due versioni del medesimo episodio narrato nei Vangeli di Marco e di Marco, una oggi presso la National Gallery di Londra e l’altra presso il Palazzo Reale a Madrid.
Erodiade, madre di Salomè, aveva abbandonato il marito Erode (figlio di Erode il Grande re di Giudea) per il fratello di costui Erode Antipa. Secondo il Vangelo di Matteo: “La figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle tutto quello che avesse domandato. Ed essa, istigata dalla madre, disse: “Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista…“
Caravaggio ritrae il momento nel quale il carnefice sta per porre la testa del Battista sul vassoio (nel caso di Londra) o ve la ha appena posta (Madrid).
In realtà, sebbene simili nell’architettura complessiva, le due tele sono profondamente diverse nella concezione e nella sensazione che rimandano a chi le guardi.
Caravaggio Salomè con la testa del Battista della National Gallery
Così come quella di Madrid appartiene al Caravaggio più scenografico, più incline a dimostrare tutta la forza della sua pittura (il rosso del mantello di Salomè, la sua sensualità, la figura del carnefice che è più una presenza scenica che un vero boia) così quella di Madrid è invece essenziale dal punto di vista pittorico e cruda da quello della scena.
Mentre Salomè volge altrove lo sguardo, come a voler allontanare da se l’azione nefasta, il carnefice le pone impietosamente di fronte il capo del Battista prima di poggiarlo nel vassoio che Salomè tiene tra le mani. Un’anziana domestica – il cui viso, quasi maschile, è in realtà una maschera tragica – guarda invece come dall’alto la scena con le mani giunte (appena abbozzate) tra pietà e orrore.
E’ proprio quest’approccio pittorico che ha fatto addirittura ritenere la Salomè con la testa del Battista della National Gallery di Londra un’opera incompiuta. La testa di Erodiade non ha certo la ricchezza di dettaglio di quella di Madrid e la Salomè spagnola, con i suoi veli ed il sensuale décolleté, è nel segno del Caravaggio più mondano. Il carnefice della National Gallery è un assassino senza ripensamenti che tiene ancora serrata nella mano sinistra l’elsa della spada. Non volge altrove lo sguardo come per sfuggire alla sua coscienza come nella tela di Madrid.
Si tratta dunque di due momenti diversi nel percorso artistico del Caravaggio, di due stati d’animo opposti.
Le Salomè di Caravaggio e il problema della datazione
Proprio le differenze fin qui discusse hanno portato gli storici dell’arte a dibattere sulla datazione delle opere. Partiamo da quanto attesta Giovanni Pietro Bellori (1613-1696) circa il ritorno di Caravaggio a Napoli dalla Sicilia dopo la sua fuga da Malta: “…navigò di nuovo a Napoli dove egli pensava trattenersi, fin tanto che avesse ricevuto la nuova della grazia della sua remissione, per poter tornare a Roma e cercando insieme di placare il Gran Maestro, gli mandò in dono una mezza figura di Herodiade con la testa di San Giovanni nel bacino. Non gli giovarono queste due diligenze perché fermatosi egli un giorno sulla porta dell’osteria del Ciriglio, preso in mezzo da alcuni con l’armi, fu da essi maltrattato e ferito nel viso”.
Dunque, se la tela della quale parla il Bellori fosse quella di Londra, potrebbe essere datata al 1609. Il problema sta nel fatto che di opere di tale tema, come detto, ne abbiamo due peraltro di misura simile (91×106 cm quella di Londra e 116×140 quella di Madrid) e poche certezze documentali a cui rifarci.
I curatori della National Gallery di Londra (National Gallery Technical Bulletin, Vol. 19 1998), sono però dell’avviso che è proprio la tela qui conservata ad essere quella più tarda nella produzione del Merisi. Infatti: “Sebbene non vi siano chiari legami documentali tra la Salomè della National Gallery e il quadro descritto dal Bellori, evidenze circostanziali basate sul confronto delle tecniche e della gestione delle opere di Londra e Madrid sicuramente suggeriscono che quella di Londra sia la più tarda e pertanto quella alla quale con maggiore probabilità si riferisce Bellori. L’opera di Madrid è dipinta con un’applicazione più densa, una modellazione più accurata ed una paletta di colori più ricca, elementi questi solitamente associati con la produzione anteriore di Caravaggio ed ha molto poco a che spartire con la paletta molto limitata, la gestione più semplice e l’economia di effetti propria della versione di Londra”.
Viceversa, Maurizio Marini, nel suo libro Caravaggio. Pictor praestantissimus osserva come la modella che posa quale Salomè nella tela di Londra sia la medesima presa per la Vergine della Madonna del Rosario (1607) e per la Sacra Famiglia con San Giovannino Battista (anch’essa datata al 1607) oggi la Metropolitan Museum di New York.
Inoltre, il modello del carnefice della tela di Londra mostra una significativa somiglianza con quello alla sinistra (guardando l’opera) della Flagellazione di Capodimonte, anch’essa data al 1607 e forse (anche se meno immediata) con quello della Flagellazione di Rouen.
Vale però un’osservazioni di Roberto Longhi – che datava l’opera al secondo periodo napoletano – che proprio in relazione a questa difficoltà di ripartire alcune opere tra il primo ed il secondo periodo napoletano del Caravaggio osservi come nulla vieti di ritenere che il pittore possa aver impiegato i medesimi modelli in ambedue i momenti peraltro così vicini tra di loro.
Credo meriti a questo punto tener conto anche del punto di vista del grande storico dell’arte inglese Dennis Mahon. Ovvero che il Caravaggio potrebbe effettivamente aver realizzato l’opera con l’intento di rappacificarsi con il Gran Maestro dell’Ordine di Malta ma che, proprio a causa dell’attacco subito all’Osteria del Ciriglio (probabilmente ispirato da qualcuno legato all’Ordine di Malta) possa esser tornato sui suoi passi. A quel punto, avrebbe portato con se la tela nel suo ultimo viaggio alla volta di Roma con il tragico epilogo di Porto Ercole. Oppure, comunque, la tela non sarebbe mai stata inviata a Malta.
Se ciò fosse, allora sarebbe anche calzante l’individuazione che il Marini fa (vedi opera già citata) della Salomè della National Gallery con quella presente nell’inventario del 1657 dei beni del Vicerè di Napoli Garcia de Avellaneda y Haro.
Saltando diversi secoli e venendo ai tempi moderni, la Salomè con la testa del Battista della National Gallery appare sul mercato nel 1959 quando fu venduta da un collezionista francese presso l’Hotel Drouot. Nel 1961 è il Maggiore Alfred Ernest Alnatt (quello dell’omonimo diamante) ad acquistarla da un collezionista svizzero per poi prestarla alla National Gallery che l’acquisterà a sua volta nel 1970.
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