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Caravaggio, il San Francesco in Meditazione tra copie e attribuzioni

Un San Francesco intenso, quasi sofferente, è quello che ci restituisce la tela dipinta dal Caravaggio nei mesi della sua precipitosa fuga da Roma ed oggi custodita presso la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini.

San Francesco e Caravaggio: tra copie e attribuzioni

Il San Francesco in Meditazione di Caravaggio è un’opera dall’attribuzione discussa. Al di là delle copie che ne sono state tratte per devozione, esistono due tele assolutamente simili ciascuna delle quali ha dalla sua una schiera di storici dell’arte pronti a giurare che quella sia l’originale.

L’ironia della sorte vuole che i due San Francesco in Meditazione (sul teschio) siano a poche centinaia di metri l’uno dall’altro. Infatti, uno si trova, come detto, a Palazzo Barberini. L’altro nella chiesa dei Cappuccini di Santa Maria Immacolata alla fine di Via Veneto. In linea d’aria ci saranno forse trecento metri. Pochi di più a piedi.

Non mi sogno neanche di riportare nella loro complessità gli argomenti su cui si confrontano gli storici dell’arte, anche se poi leggeremo di un’ipotesi suggestiva. Piuttosto, concentriamoci sull’opera e sulla sua storia.

San Francesco in Meditazione: la storia

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Caravaggio – San Francesco in Meditazione, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini (Roma)

Dal punto di vista storico, sappiamo che il San Francesco in Meditazione di Palazzo Barberini venne donato dal cardinale Pietro Aldobrandini (1571-1621) alla chiesa di San Pietro a Carpineto Romano nel 1609.

Merita dire che il cardinale Pietro aveva da poco acquistato quel feudo dai Caetani. Sua sorella Olimpia, poi, si adoperava molto per allargarne i confini. Infine, da non sottovalutare il fatto che Pietro era il cardinal nepote di papa Clemente VIII (che morì nel 1605).

Conclusione: parliamo di un cardinal nepote che si da da fare per abbellire un feudo appena acquistato. Difficilmente avrebbe donato un’opera di second’ordine essendo nella posizione di averne una di prim’ordine.

Merita anche sapere che Carpineto Romano non era lontano da noti feudi dei Colonna. Ad esempio Paliano, di cui era principe Filippo I Colonna. Quest’ultimo fu proprio colui che nascose Caravaggio dopo l’omicidio di Ranuccio Tommasoni (28 maggio 1606) e la conseguente condanna alla decapitazione. Poi, ne favorì la fuga a Napoli alla fine dello stesso anno.

E’ ben noto che nei mesi passati sotto la protezione dei Colonna, Caravaggio dipinse per loro. Dunque, possono sussistere due alternative. Ovvero che il cardinale Aldobrandini avesse direttamente commissionato l’opera a Caravaggio tra il 1605 e il 1606 o che l’avesse avuta per il tramite dei Colonna quando il Merisi era presso di loro.

Tornando alla tela, questa passò diversi secoli in quel di Carpineto finchè, nel 1967, non venne qui ritrovata dallo storico dell’arte Maurizio Marini. Ne seguì il dibattito del quale abbiamo detto.

L’opera

San Francesco è ritratto in un interno, probabilmente una grotta o una costruzione estremamente rustica. Intorno a lui non vi è nulla che possa distrarre lo sguardo dello spettatore dal Santo. Questi – colpito da una luce che dà risalto all’orecchio destro ed al naso rossi per il freddo – scruta un teschio che tiene tra le mani.

Il saio ormai logoro mostra buchi e rattoppi. A terra una semplice croce poggia su un tronco di legno. E’ un’immagine di grande umiltà, nello spirito della controriforma ed, anche, completamente all’opposto di quel San Francesco in Estasi che il Caravaggio aveva dipinto dieci anni prima per il cardinal del Monte.

L’ipotesi dei due originali

I due San Francesco sono stati ambedue restaurati nel 2000 e le indagini radiografiche hanno mostrato numerosi pentimenti nella tela di Carpineto, non presenti in quella dei Cappuccini. Va anche detto come caravaggio san francesco palazzo barberiniMaurizio Marini avesse identificato sei copie dell’opera eseguite per motivi devozionali ed esistano anche un altro paio di segnalazioni.

Dunque, Caravaggio potrebbe aver egli stesso eseguito i due San Francesco, oppure supervisionato la realizzazione di uno dei due.

E così appare molto interessante – ed anche affascinante – l’ipotesi di Fabio Scaletti, scrittore e studioso del Caravaggio, riportata nel suo articolo “Una poltrona per due: il caso del San Francesco che medita sul teschio di Michelangelo Merisi da Caravaggio”, ovvero:

L’esemplare di Carpineto Romano è l’originale, come attestato, prove scientifiche a parte (materiali e modalità esecutive), dalla sua superiore intensità emotiva (che ha la sua sorgente di irraggiamento nel travagliato sguardo del santo), eppure la tela dei Padri Cappuccini sfoggia delle doti formali di tutto rispetto, che non solo d’impatto la potrebbero per certi versi perfino far preferire rispetto all’altra, più ‘impressionistica’ se ci si passa il termine, ma che la fanno stare scomoda nelle strette vesti della mera copia (va tenuto presente che i rispettivi lucidi non si sovrappongono). Si potrebbe allora immaginare che il prototipo ora a Palazzo Barberini sia stato creato dal Merisi nel 1606 per i Colonna, che gli davano asilo (e da lì pervenuto, via Aldobrandini, alla chiesa di Carpineto Romano, come prima ricostruito), mentre l’esemplare della Concezione, fatto redigere per fare cassa dallo stesso artista, che ne avrebbe sorvegliato la stesura (impostandola, intervenendo nei passaggi più ardui o limitandosi a discuterne?), sia stato mandato direttamente a Roma oppure portato nel Mezzogiorno, territorio del ramo collaterale dei Carafa-Colonna ed epicentro di ulteriori copie, prima di prendere posto nel convento dei Cappuccini (quello marchigiano di Monte Cavallo e poi in quello di Roma?), su dono vincolato all’inalienabilità di Francesco Rustici (ante 1617), come recita il cartellino attaccato sul rovescio della tela. Insomma, un originale (Carpineto) e una replica modicamente autografa (Cappuccini)”.

Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.

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