La Santa Caterina d’Alessandria di Caravaggio spicca nella produzione del Merisi per la monumentalità nella presentazione della santa e per la ricercata rappresentazione delle suntuose vesti.
Caravaggio dipinge la grande tela (173×133 cm) nel 1597 a Roma per il cardinale Francesco Del Monte. Oggi custodita presso il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid.
Caravaggio Santa Caterina d’Alessandria: l’opera
Come dicevamo, Santa Caterina è ritratta da sola con lo strumento del suo martirio: la ruota dentata spezzata dal fulmine. Nei limiti della incerta storicità della figura, la santa sarebbe stata messa a morte nel 305 d.c. dall’imperatore Massimino Daia. Il supplizio si rivelò però inefficace poiché un fulmine ruppe la ruota stessa. L’imperatore fu così costretto a decapitarla.

Se volete visualizzare l’opera in un’immagine con risoluzione più alta, cliccate Caravaggio Santa Caterina Alessandria.
Caravaggio ricorre dunque ad una rappresentazione classica per il ritratto di un santo ma lo caratterizza con il suo virtuosismo. Santa Caterina è raffigurata di tre quarti ma il suo sguardo, tutto verso destra, è come cercasse lo spettatore. La lunga veste tra il blu ed il celeste è scenograficamente poggiata sulla punta che fuoriesce dalla ruota. Gli arabeschi del vestito sono solo evocati con pennellate gialle. La santa indossa poi un corpetto che si prolunga fino a terra dove si adagia su un cuscino rosso. In pratica, più che di vestiti potremmo parlare quasi di un drappeggio scenico il cui vero fine sia la ricerca di un raffinato cromatismo.
Mina Gregori, allieva di Roberto Longhi ed autorevole studiosa del Merisi, osserva come la veste richiami Dosso Dossi (1486-1542) e “… memore di Dosso appare nel viso della santa il partito luminoso a piazzatura decisa e tendente ad appiattire il volto con il quale Caravaggio si prova ad ottenere un contrasto marcato tra la luce e l’ombra”.
Più vicina agli usuali canoni del Caravaggio è la camicia della santa. Bianca ma non del bianco acceso tipico del Merisi, più sul tono del crema. Qui il maestro non si tira indietro nella rappresentazione del particolare e indulge nella bordura della camicia lungo il seno e nel plissettato della camicia.
La spada di Santa Caterina
Maurizio Marini, storico dell’arte e uno dei massimi esperti di Caravaggio, riconosce nella spada che Santa Caterina tiene tra le mani un’arma da duello. Un’arma capace di colpire sia di punta che di taglio del tipo impiegato dagli spadaccini di professione. Specificamente, Marini la identifica come “una lunga ‘striscia’ sgusciata con ‘guardia’ a rami ed elsa a rami dritta, italiana, della fine del ‘500, vera arma da duello e, verosimilmente, quella personale del Caravaggio, per quanto se ne possa dedurre dal disegno fatto in occasione del suo arresto, per porto d’armi abusivo, in data 28 maggio 1605”.
In realtà, questa spada è un’occasione per il Caravaggio per dar prova delle sue capacità di pittore. Infatti, osserva sempre il Marini: “Nella ricerca di effetti luministici e cromatici, va messo in evidenza come Caravaggio abbia alternativamente posto in ombra la lama della spada per porre in virtuosistica evidenza differenti toni di rosso: in alto quello violaceo del sangue (indice del martirio della santa, sottolineato dalla palma); in basso quello lacca-cremisi del cuscino che vi si riflette”.
Chi fu la modella?
Della modella impiegata da Michelangelo Merisi si è piuttosto discusso senza giungere a conclusioni.
Alfred Moir (1924-2010), storico dell’arte americano studioso di Caravaggio, ritiene si tratti di Fillide Melandroni (1581-1618). Fillide, assai amica del Caravaggio e discussa cortigiana dell’epoca, è la modella del maestro in diverse tele: il Ritratto di Fillide, Marta e Maddalena, Giuditta e Oloferne, la Natività con i Santi Lorenzo e Francesco. Di parere diverso è però Mina Gregori che nega questa possibilità.
Come sempre in questi casi lascerei… ai posteri l’ardua sentenza.
Caravaggio Santa Caterina d’Alessandria: la storia
La storia della Santa Caterina d’Alessandria di Caravaggio è piuttosto lineare. Il committente ne fu il cardinale Francesco Maria Bourbon del Monte (1549-1627), grande mecenate del Merisi, e la tela è riportata nell’inventario dei suoi beni subito precedente la morte. Del resto il cardinal Del Monte era assai devoto alla santa. Ne aveva altri quattro ritratti e nel suo testamento si pone proprio sotto la protezione di Santa Caterina.
La tela passa per via ereditaria nella proprietà del nipote del cardinale, Alessandro, ed è da questi venduta per far fronte ai debiti dello zio. Viene acquistata, insieme al Suonatore di Liuto ed al Baro, dal cardinale Antonio Barberini (1569-1646), fratello Urbano VIII.
Nel 1935 viene acquistata dal barone Heinrich Thyssen-Bornemisza che la trasferisce nella sua collezione nella Villa Favorita a Lugano. La collezione è poi prestata al Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid e nel 1993 acquistata dallo stato spagnolo.
Se vuoi approfondire l’opera di Caravaggio, qui di seguito trovi l’elenco delle sue opere ed i link ai relativi articoli di ArtePiù. Clicca Caravaggio: tutte le opere
One Comment