La Sepoltura di Santa Lucia di Caravaggio a Siracusa è la prima tela che il Merisi dipinge arrivato sull’Isola. Fuggito dalle prigioni del Forte Sant’Angelo a Malta il 6 ottobre e raggiunta l’Ortigia, il suo soggiorno qui è breve (il 6 dicembre è già a Messina) ma non privo di esiti artistici, anzi tutt’altro.
La Sepoltura di Santa Lucia elabora infatti drammatizzandole le tendenze della Decollazione di San Giovanni dipinta a Malta. Alla Sepoltura di Santa Lucia seguirà a Messina la Resurrezione di Lazzaro diretta conseguenza della prima.
Ha scritto Maurizio Marini: “Sono di questo periodo trascorso in Sicilia le opere in cui… l’espressione caravaggesca si fa in senso assoluto più travolgente, nevrotica, interiorizzata, conclusiva”.
Sepoltura di Santa Lucia di Caravaggio a Siracusa: il vuoto si fa spazio
La gigantesca tela (408×300 cm) è infatti dominata dalla massa scura dello sfondo: una latomia siracusana dove il corpo della santa martire Lucia sta per essere sepolto. Le figure, dodici in tutto, occupano forse nel complesso un terzo della tela. I due giganteschi affossatori incorniciano il corpo della santa, gelido, per terra. A indicarlo, il diacono in preghiera in piedi dietro al corpo con l’inaspettato mantello rosso che lo fa emergere dal gruppo.
Le figure sono disposte lungo una retta obliqua. Questa partendo dal gomito dell’affossatore di sinistra raggiunge la mitra e il pastorale del vescovo benedicente. La mitra, bianca, battuta dalla luce (la stessa che illumina il viso del diacono), è il punto che conchiude l’opera.
Il braccio destro del vescovo si estende per benedire il corpo di santa Lucia. E’ un gesto caro a Caravaggio. E’ il gesto di Cristo della Resurrezione di Lazzaro ma anche della Vocazione di San Matteo a San Luigi dei Francesi a Roma.
Nella Sepoltura di Santa Lucia e nella Resurrezione di Lazzaro Caravaggio sostituisce al chiaroscuro dei suoi sfondi il vuoto. Dice splendidamente Marini: “Quanto più la scena si svuota e si espande, tanto più le figure ne sono ricacciate ciascuna nella sua disperante solitudine”.
Lo stato dell’opera e la sua lettura
In realtà la tela siracusana del Merisi è consunta, il colore mangiato dal tempo e da luoghi insalubri per un dipinto. Questo stato rende l’immagine ancor più drammatica. Il viso dell’affossatore di destra praticamente non ha più lineamenti. Del viso del vescovo si è salvato l’occhio destro, che guarda verso il basso Santa Lucia. Il viso del soldato alla sua sinistra, che dirige il seppellimento, è sostanzialmente un’ombra.
Dunque è anche lo stato dell’opera ad esaltarne la teatrale drammaticità.
Vi è da chiedersi come fosse originariamente la tela. Ci aiuta una piccola (40.6×34 cm) riproduzione coeva, dovuta a Mario Minniti, oggi posseduta da un collezionista romano. Si tratta, in realtà, di un olio su rame, quindi per sua natura più brillante dell’olio su tela.
Capiamo che Caravaggio aveva usato la luce con più forza di quanta ne sia rimasta. Questa arriva da destra e colpisce in pieno l’affossatore su quel lato. La sua risicata veste bianca rifulge e poi la luce colpisce il busto della santa. Questa è ancora più teatralmente bianca. Grazie ai due affossatori che le fanno da cornice e al diacono che ne interrompe lo spazio alle spalle, è ancor di più al centro della scena.
Sepoltura di Santa Lucia: storia minima
Abbiamo detto che Caravaggio giunge a Siracusa fuggitivo a ridosso del 6 ottobre 1618. Alla fuga da Malta non doveva essere estranea Costanza Colonna, marchesa di Caravaggio e grande protettrice del Merisi. Suo figlio Fabrizio Sforza Colonna comandava infatti la flotta dei Cavalieri di Malta e un membro di casa Carafa (famiglia napoletana vicina ai Colonna) comandava il Forte Sant’Angelo. In più, il Gran Maestro dell’Ordine si trovava in grande imbarazzo: dopotutto aveva accolto lui a Malta Caravaggio che fuggiva da Roma e dal papa con una condanna a morte sulla testa…
A Siracusa Caravaggio ritrova Mario Minniti (1577-1640), collega e amico degli anni romani che a quella del Merisi aveva ispirato la sua arte.
Minniti lo introduce al Senato di Messina che gli commissiona l’opera della quale parliamo. Essa sarà la pala per l’altare maggiore della Basilica di Santa Lucia al Sepolcro (o Fuori le Mura). La chiesa sorge nel luogo del martirio della santa la quale poi venne sepolta nelle catacombe sottostanti il medesimo edificio (peraltro inaccessibili all’epoca di Caravaggio).
Caravaggio Siracusa Sepoltura di Santa Lucia: particolari e curiosità
La vecchia inginocchiata con il fazzoletto bianco legato in testa è la vecchia di Caravaggio: guardate la Madonna dei Pellegrini.
Nel periodo che Caravaggio trascorse a Siracusa, Vincenzo Mirabella Alagona, storico ed architetto, gli fece da guida alle vestigia cittadine. Tra l’altro lo condusse a visitare la Latomia del Paradiso, famosa per gli effetti di eco fuori dal comune. La leggenda vuole che questa latomia fosse stata scavata dal tiranno Dionisio che la utilizzava come prigione dove, grazie alla particolare acustica, poteva ascoltare i discorsi dei prigionieri. Fu Caravaggio che, in questa occasione, coniò la felice espressione di Orecchio di Dionisio che da allora contraddistingue questa latomia.
A ringraziamento delle premure ricevute, il Merisi avrebbe rappresentato Vincenzo Mirabella nella Sepoltura di Santa Lucia. Si tratterebbe dell’ultimo personaggio del gruppo a destra il cui volto è parzialmente coperto dal braccio del vescovo.
L’esame ai raggi X
L’esame ai raggi X ha consentito di stabilire che la ferita visibile sul collo della santa – la quale venne uccisa con un pugnale – era originariamente molto più profonda con il capo distaccato dal collo.
La citata copia di Mario Minniti ci rivela invece come la santa stringesse nella destra una palma, simbolo del martirio. Questa è stata eliminata nel restauro effettuato negli anni ’70 ritenendola apocrifa. E’ infine emerso un pentimento relativo al finale del bastone pastorale che è rivolto in avanti ma era invece, in una prima fase, rivolto al contrario.
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