I Musici di Caravaggio segnano due passaggi significativi nell’arte del Merisi. Infatti, sono la sua prima tela dove è rappresentato un gruppo già numeroso. Il primo passo verso le opere articolatissime che saprà costruire in seguito.
Category :Storia dell’arte
Caravaggio: un Suonatore di Liuto per due cardinali
Il tema della musica è ben presente nei primi anni di Caravaggio: conosciamo infatti tre versioni del Suonatore di Liuto a cui si aggiungono I Musici del Metropolitan Museum di New York ed il famoso angelo musicante del Riposo durante la Fuga in Egitto.
Santa Maria Maggiore: la tomba di Clemente IX
Clemente IX, al secolo Giulio Rospigliosi, fu papa per soli due anni, dal 1667 al 1669. Viceversa durò quasi tutta la vita il suo rapporto con la basilica di Santa Maria Maggiore nella quale è sepolto. Il suo monumento funebre si trova immediatamente a mano destra entrando.
Il busto di Benedetto XIII a Santa Maria Maggiore
Il busto di Benedetto XIII nel battistero di Santa Maria Maggiore conferma come Roma sia quel luogo incredibile dove qualsiasi sorpresa artistica è possibile. Qui piccoli (o grandi) capolavori vivono infatti tranquilli un po’ in disparte se non nascosti agli occhi del visitatore.
San Crisogono: il mosaico della Scuola Romana
Il mosaico dorato della Vergine in trono con il Bambino tra i Santi Crisogono e Giacomo domina l’abside della Basilica di San Crisostomo. Se un destino benevolo ha conservato fino ad oggi gli splendidi mosaici delle altre due grandi basiliche trasteverine, Santa Maria e Santa Cecilia, in questo caso non siamo stati altrettanto fortunati.
Basilica di San Crisogono e la Scuola Romana
La Basilica di San Crisogno è una delle più antiche di Roma. Per certo il titulus Crysogoni esisteva già nel 499 d.C. quando papa Simmaco convocò il suo Concilio. Con tutta probabilità siamo difronte ad una domus ecclesiae già operante nel III secolo.
I due passaggi storici di maggior interesse dal nostro punto di vista si hanno però diversi secoli dopo. Il primo si colloca all’inizio del XII secolo, precisamente nel 1116. In quell’anno, infatti, Giovanni da Crema viene nominato cardinale con il titolo di San Crisogono da Pasquale II.

Badate bene, però: in quel momento la basilica non era affatto quella che conosciamo oggi. Infatti, oggi quella basilica si trova completamente interrata alla sinistra della basilica attuale. Si tratta peraltro di una visita interessantissima ma al di fuori del tema di questo articolo.
Giovanni da Crema edificò, a partire dal secondo decennio del secolo una nuova basilica: in buona misura quella che vediamo oggi. Il suntuoso colonnato dalle eleganti colonne di spoglio in marmo grigio e i pavimenti cosmateschi fanno parte di quelle opere.
Ma cos’altro custodiva la nuova basilica di San Crisogono? Cosa vi venne realizzato nel corso del XIII secolo? Difficile dirlo oggi, ma se guardiamo ai mosaici del Cavallini a Santa Maria in Trastevere o al Giudizio Universale di Santa Cecilia, sempre di Pietro Cavallini, qualche idea ce la possiamo fare.
Del resto, Lorenzo Ghiberti afferma senza mezzi termini che Cavallini … dipinse tutta di sua mano santa Cecilia in Trastevere, la maggior parte di san Grisogono, fece istorie in santa Maria in Trastevere di musaico molto egregiamente.
Dunque possiamo ipotizzare ampi affreschi e, magari, importanti interventi in mosaico.
Gli interventi di Scipione Borghese
Intorno al 1625 la Basilica di San Crisogono venne radicalmente modificata dagli interventi voluti dal cardinale Scipione Borghese. A quest’epoca risalgono il nuovo atrio d’ingresso sull’odierno viale Trastevere e l’imponente soffitto ligneo.
Autore di questo intervento fu l’architetto Giovanni Battista Soria (1581–1651). A lui sono dovuti anche il ciborio e il nuovo allestimento dell’abside.

Basilica di San Crisogono: i santi del mosaico dell’abside
Prima di avventurarci nel campo sempre minato delle attribuzioni, guardiamo l’opera. Diciamo subito che San Crisogono fu, secondo la tradizione, un militare di rango tanto che Diocleziano gli offrì il consolato purché abiurasse. Essendo stato il santo irremovibile, venne decapitato ad Aquileia il 24 novembre del 303. La sua professione spiega il fatto che nel mosaico venga ritratto in vesti militari.
San Giacomo Maggiore è invece presente in quanto la basilica custodiva una reliquia dell’Apostolo.

Dunque, possiamo affermare con discreta tranquillità che il mosaico fu realizzato per questa basilica. Altrettanto evidente è il fatto che si tratti di una porzione di un mosaico più ampio. Non fosse altro perché a San Crisogono manca parte del braccio destro ed il trono della Vergine arriva proprio al limite del mosaico stesso.
Infine, possiamo anche dire che non si tratta di un lacerto di un antico mosaico absidale. Infatti il nostro mosaico è piatto mentre, fino a prova contraria, le absidi sono concave.
Dunque, come mai si trova nell’abside? Questo è difficile a dirsi ma quello che possiamo provare a ipotizzare è quando sia successo.
Pompeo Ugonio (1550-1614) non fa cenno al mosaico nella sua Historia delle stationi di Roma del 1588 parlando della nostra basilica. Dobbiamo dunque immaginare che fu posta nell’abside al momento dei restauri effettuati da Scipione Borghese.
L’opera
Siamo di fronte ad un mosaico raffinato. La Vergine altera in trono dal viso che si ispira ancora ai mosaici bizantini evidenziato dal chiaroscuro (e non dalla contorno di tessere nere). La lunga veste blu dal panneggio ricercato. Le frange e la stella d’oro. Il trono che cita i motivi cosmateschi e le colonne tortili.

Osservo che nella fisionomia della Vergine ciò che mi convince meno è la forma del naso così appiattito. Per inciso lo stesso problema si ripresenta con i due santi ma non con il Bambino. Un restauro? Certamente in quasi mille anni di vita gli interventi non saranno mancati.
Bella è la figura di Gesù. Il panneggio è ricercato, così come lo è anche nella figura di San Giacomo. Così come lo è nel corto mantello di San Crisogono.
Chiunque ne sia l’autore. Che sia di un grande maestro o della sua bottega, questo mosaico è di prim’ordine.
Secondo Maurice Mesnard (autore de La Basilique de Saint-Chrysogone a Rome), poteva essere il mosaico di una tomba gotica. Si tratta di una proposta assolutamente plausibile. Roma ospita una serie di tombe in stile gotico con lunette a mosaico o affrescate. Per capirci, restando nell’ambito di Pietro Cavallini, un’opera quale il Monumento funebre del Cardinale d’Acquasparta.
Il mosaico della Basilica di San Crisogono: chi ne fu l’autore?
Questo è un terreno scivoloso. Della Scuola Romana del duecento sappiamo ancora relativamente poco. In più si tratta di un momento di forte evoluzione dell’arte e, dunque, anche dello stile dei vari maestri. Infine, parliamo di opere antiche che possono aver subito interventi di ripristino anche importanti.
Tradizionalmente, si riferisce quest’opera a Pietro Cavallini. Al primo Cavallini, oserei dire. Il mosaico dell’abside di San Crisogono ha visto però confrontarsi opinioni diverse da parte di storici dell’arte di primo piano. Dunque la prudenza è d’obbligo.

Ferdinando Bologna (1925-2019), allievo di Toesca, vede il mosaico “ispirato alle composizione moderne di Cimabue”. Questi, com’è noto, fu a Roma all’inizio del settimo decennio del XIII secolo.
Luciano Bellosi (1936-2011), allievo di Roberto Longhi, è invece di parere diverso e lo vede opera di Filippo Rusuti in base alle analogie con il mosaico della facciata di Santa Maria Maggiore.
Federico Zeri (1921-1998), laureatosi anche lui con Toesca, lo riteneva invece di Pietro Cavallini.
Dunque pareri diversi offerti da storici dell’arte assolutamente illustri. Certamente, però, un mosaico che merita di entrare di diritto tra le opere musive importanti della Scuola Romana.
Il punto di vista di Luciano Bellosi
Mi sembra interessante riportare a seguire quanto scritto da Luciano Bellosi nel suo saggio “La Pecora di Giotto” del 1985. Infatti, il suo serrato argomentare è un bell’esempio di come vada affrontato la complessa questione:
“…Ma in confronto a questo tipo di affinità, che qualcuno potrà trovare generiche, ve ne sono altre che legano strettamente il mosaico di San Crisogono con quelli della facciata di Santa Maria Maggiore.
La severità della Madonna, l’intensità dello sguardo trovano termini di confronto nelle due mezze figure di Cristo e di Maria che compaiono nell’alto del Miracolo della neve, o con la Vergine che affianca il Cristo in trono nel riquadro maggiore del mosaico liberiano.

In questa figura, sono in tutto simili la bellissima curva cupoliforme della spalla, la rotondità del mento, le pieghe del velo che ricadono sulla fronte dal sommo della testa con una verticalità un pò innaturale e semplificatrice, che elude la sfericità del capo. La testa del san Crisogono trova una corrispondenza quasi letterale con alcuni dignitari che stanno alle spalle del papa Liberio nella Fondazione di Santa Maria Maggiore, e in particolare col patrizio Giovanni.
Il san Giacomo, poi, è gemello della figura dello stesso santo in piedi ai lati del Cristo in trono di Santa Maria Maggiore: la fisionomia, la mano destra sollevata, le pieghe dei panni sulla gamba destra si corrispondono puntualmente. Vero che esiste una certa differenza di concezione tra le figure più amplificate e monumentali di Santa Maria Maggiore e la verticalità di quelle del mosaico di San Crisogono, ma si deve anche pensare ad una possibile evoluzione dell’artista verso una figurazione più gotica”.
Se i mosaici cristiani di Roma ti appassionano, leggi: Mosaici cristiani di Roma: dieci secoli di storia
Pietro Cavallini de Roma pictor: vita e opere
Ricostruire la vita e le opere di Pietro Cavallini (1240 circa – 1330 circa). non è vicenda semplice. Infatti per mettere dei punti fermi sulla sua vita disponiamo di soli quattro documenti d’archivio. Ancor peggio quasi tutte le sue opere maggiori o non sono giunte fino a noi o hanno subito danni importanti.
Pietro Cavallini: la vita
Oltre ai quattro documenti che tra un attimo vedremo insieme, disponiamo delle biografie di Pietro Cavallini scritte da Lorenzo Ghiberti (1378-1445) e Giorgio Vasari. La prima è però molto sintetica e, come la seconda, mirata soprattutto a discutere dell’opera artistica.
Tuttavia Ghiberti, che scrisse in un’epoca ancora prossima a quella del Cavallini, osservò come fu dottissimo infra tutti gli altri maestri fece moltissimo lavorio. Il Vasari, viceversa sempre attento a evidenziare il primato di Firenze nelle arti, si concentra nel rivendicare la primogenitura di Giotto riguardo alla rivoluzione artistica del XIII secolo. Anche lui, però, non può che riconoscerne la grandezza. Infatti scrive: Costui, dunque, essendo stato discepolo di Giotto, et avendo con esso lui lavorato nella nave di musaico in S. Piero fu il primo che dopo lui illuminasse quest’arte.
In ogni caso, se volete leggere per intero del due biografie, eccole qui: Pietro Cavallini: le biografie del Vasari e del Ghiberti
Andiamo per ordine cronologico:
- Il 2 ottobre 1273 in un atto di compravendita troviamo come testimone Petrus dictus Cavallinus de Cerronibus insieme a Bartholomeus Johannis Cerronis. I Cerroni sono una famiglia romana attestata nel Medioevo: se nel 1273 Pietro è in grado di fungere da testimone, dobbiamo immaginare che sia nato almeno intorno alla metà del secolo.
- Il 12 gennaio 1279 Matteo Orso figlio di Napoleone Orsini (membro della nota famiglia patrizia romana), dispone che i propri eredi restituiscano un prestito a Petro Cavallino.
- Con la data del 10 giugno 1308 abbiamo poi nella cancelleria angionina di Napoli un pagamento di 30 once d’oro a favore del magister Petrus Cavallinus de Roma pictor. Parimenti, re Carlo II gli concede una casa e una pensione. Il 15 dicembre un altro atto conferma tali concessioni.
- Ancora a cavallo tra 1308 e 1309 troviamo sempre a Napoli un altro pagamento al magistro Petro Cavallino de Roma pittori. Dunque, possiamo dare per assodata la sua opera nella città partenopea.
Una vita da centenario
Insomma, non abbiamo granché, va detto. Viceversa, sappiamo che visse a lungo. Vasari nella prima stesura delle Vite la fa morire settantacinquenne, poi nella seconda, ottantacinquenne.

A tal proposito, conosciamo una postilla ad un codice vaticano dove Giovanni Cavallini, scrittore apostolico, indica come suo padre Petrum de Cerronibus.. centum annorum vitam egit; qui nullo unquam frigore caput vestimentum cooperuit. Si tratta con tutta probabilità semplicemente di un modo per indicare una vita lunghissima.
La conclusione, per imprecisa che sia, è che dobbiamo ritenere Pietro Cavallini vissuto in un periodo che va dal 1240 circa al 1330 circa.
Dunque, in questo medesimo arco di tempo operarono sia Cimabue (1240-1302) che Giotto (1267-1337). Pietro Cavallini li conobbe bene ambedue e dibattere oggi, sette secoli dopo, chi influenzò chi è impresa veramente ardua.
Pietro Cavallini: le opere
Se nella ricostruzione della vita di Petrus Cavallinus non andiamo particolarmente bene anche in quella delle opere non siamo fortunatissimi.
Sono infatti andate perdute le opere realizzate ad affresco e a mosaico per la Basilica di San Paolo fuori le mura a causa dell’incendio del 1823. Similmente, non abbiamo riscontro degli affreschi che Ghiberti attribuisce a Cavallini nella Basilica di San Pietro. Persi anche gli affreschi di San Francesco a Ripa e, in misura preponderante, quelli della Basilica di Santa Maria in Aracoeli.
La mancanza di fonti documentarie e le perdite subite dal corpus delle opere cavalliniane rendono anche particolarmente difficoltosa la datazione delle stesse. Così alle poche opere considerate generalmente certe se ne aggiungono diverse di attribuzione più o meno incerta.

Quello delle attribuzioni cavalliniane è un problema che definirei ciclopico. Parte infatti dal dibattito su chi siano gli autori degli affreschi di Assisi (generalmente attribuiti a Giotto) per proseguire all’interno della scuola duecentesca romana dei cui protagonisti sappiamo in verità ancora poco.
In omaggio al pragmatismo, qui nel seguito vi riportiamo un elenco delle principali opere senza alcuna ambizione di inserirci nelle querelle attributive… Ovviamente, vi auguriamo Buona Visita! Sarà una passeggiata assolutamente memorabile.
Cliccando sul link potrete visualizzare l’articolo dedicato ad ognuna con le immagini del caso.
Opere Romane
- Pietro Cavallini: il Giudizio Universale di Santa Cecilia
- Pietro Cavallini: i mosaici di Santa Maria in Trastevere
- San Crisogono: il mosaico della Scuola Romana
- Pietro Cavallini a San Giorgio al Velabro: l’affresco dell’abside
- Madonna della Bocciata: Pietro Cavallini nelle Grotte Vaticane
- Pietro Cavallini: la lunetta Acquasparta all’Aracoeli
- Pietro Cavallini: i San Giovanni dell’Aracoeli
Opere Napoletane
- Pietro Cavallini: la Cappella Brancaccio a Napoli
- Duomo di Napoli: il mosaico di Santa Maria del Principio
Pietro Cavallini: i San Giovanni dell’Aracoeli
La Madonna con Bambino tra San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista, attribuita a Pietro Cavallini, appare quasi inaspettata e metafisica sul fondo della cappella dedicata a San Pasquale Baylon subito prima del transetto destro della Basilica di Santa Maria in Aracoeli.
Pietro Cavallini: la lunetta Acquasparta all’Aracoeli
Il monumento funebre del Cardinale d’Acquasparta (Matteo Bentivegna d’Acquasparta 1240-1302) nella Basilica dell’Aracoeli a Roma si trova al termine del transetto di sinistra, prosaicamente accanto all’attuale bookshop…
Marcello Provenzale: la Trasfigurazione di Cento
di Cristina Grimaldi Fava
La pala d’altare della Trasfigurazione, dipinta nel 1606 da Marcello Provenzale, si trova sopra l’altare dell’omonima cappella nella Basilica di San Biagio a Cento.
Tomba di Pio VII a San Pietro: la storia e l’opera
La Tomba di Papa Pio VII Chiaramonti (1742-1823) opera di Bertel Thorvaldsen incombe imponente circa a metà della navata sinistra della Basilica di San Pietro. Siamo, per orientarci, una ventina di metri prima della porta della sacrestia e della tomba di Papa Innocenzo XI.