Gli affreschi romani conservati al Metropolitan Museum di New York e provenienti dagli scavi di Boscoreale sono una testimonianza del livello raggiunto dall’arte romana nella tecnica dell’affresco. E questo sia in termini di tecnica di disegno quanto di capacità di rendere la prospettiva.
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Fontana dei Quattro Fiumi: ombelico di Piazza Navona
La Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona, capolavoro di Gian Lorenzo Bernini, è da sempre al centro di una leggenda. Così, per molti sarà una delusione apprenderlo ma il grande genio del Barocco, nel progettare la Fontana dei Quattro Fiumi, non intendeva, con le movenze delle statue dei fiumi, farsi gioco dell’altro grande architetto che gli contendeva la scena romana, Francesco Borromini.
Santa Maria Maggiore: i mosaici
Costruita durante il pontificato di Sisto III (432-440 d.C.), la Basilica di Santa Maria Maggiore custodisce una serie di mosaici coevi alla sua edificazione. Essi corrono in alto lungo la navata principale, sia a destra che a sinistra. In realtà, proprio la loro altezza e la luce che entra dalle finestre li rende difficili da apprezzare se non con un binocolo.
Santa Pudenziana: il più antico mosaico cristiano
La Basilica di Santa Pudenziana con lo splendido mosaico dell’abside potrebbe essere la più antica chiesa cristiana di Roma. In ogni caso, è comunque tra le primissime. Con certezza, però, possiamo dire che essa custodisce uno dei più bei mosaici di Roma. Tanto bello da costituire un must in un qualsiasi tour dei mosaici di Roma.
Abbazia di San Vincenzo al Volturno: gli affreschi
L’ Abbazia di San Vincenzo al Volturno ha una storia antica ed un’origine longobarda. Nel 703, infatti, tre giovani nobili beneventani – Paldo, Taso e Tato – l’avrebbero fondata dove già esisteva un oratorio dedicato a San Vincenzo di Saragozza voluto addirittura dall’imperatore Costantino.
La Maestà di Simone Martini: un gotico a Siena
Curiosamente, le due opere più importanti conservate nel Palazzo Pubblico di Siena sono una di tema sacro – la Maestà di Simone Martini – e l’altra di tema laico, politico: Gli Effetti del Buono e del Cattivo Governo, di Ambrogio Lorenzetti. Vocazioni diverse ma certamente non opposte anzi assai capaci di integrarsi, come vedremo tra poco. Ambedue rappresentano una tappa importante nella visita di Siena ma, nel seguito, inizieremo col guardare alla prima.
Cripta del Duomo di Siena: trionfo d’affreschi
La Cripta del Duomo di Siena racchiude quello che per la storia dell’arte può certamente definirsi un tesoro. Ovvero un ciclo di affreschi sufficientemente integri ascrivibile alla generazione di artisti senesi precedente a Duccio di Buonisegna. Dunque anche al fiorentino Giotto.
Sant’Eustorgio: Milano tra Rinascimento e Modernità
Sant’Eustorgio – basilica paleocristiana il cui monastero ospita il Museo Diocesano – è un must nella visita di Milano. Ciò per molti motivi, tra cui l’inaspettata presenza di capolavori agli antipodi per epoca e concezione ma tutti assolutamente emozionanti.
I Cartoni del ‘900 italiano a Bologna
La mostra Cartoni. Disegni smisurati del ‘900 italiano propone ben 20 cartoni preparatori di grandi maestri del ‘900 italiano. Tra questi Adolfo De Carolis, Mario Sironi, Duilio Cambellotti, Giulio Bargellini, Achille Funi, Gino Severini, Galileo Chini, Publio Morbiducci, Achille Capizzano, Ottone Rosai.
Tiziano la Venere di Urbino: per chi fu dipinta ?
Che la Venere di Urbino di Tiziano Vecellio (1480-1576) sia opera di grande fascino e raffinatezza è fatto noto. Viceversa da sempre si discute circa la natura dell’opera e chi ne fosse il committente.
Tiziano la Venere di Urbino
La Venere di Urbino attrae chi la guardi utilizzando diverse armi: la bellezza senza tempo della donna che vi è ritratta, la sensualità assoluta, provocante, dell’intera situazione, la qualità pittorica. Ma, da qualche tempo, grazie ai più recenti studi archivistici, anche grazie alla sua storia particolarissima.

Infatti, per decenni, se non per secoli, si è discusso circa la natura dell’opera e di chi fosse il committente. Per lungo tempo si è così pensato che la Venere di Urbino fosse stata commissionata da Guidobaldo II della Rovere (1514-1574) come quadro nunziale in occasione del suo matrimonio con Giulia Varano, duchessa di Camerino. Un’opera di palese erotismo, ma anche caratterizzata da una simbologia specifica (ad esempio, il cane ai piedi della Venere) che evoca la fedeltà matrimoniale. Un’opera, in pratica, concepita per indicare alla giovanissima moglie la via da seguire verso i doveri ed i piaceri della vita coniugale.
Cliccate qui di seguito per il Video La Venere di Urbino raccontata da Peter Aufreiter
La Venere di Urbino: la vera storia
In realtà, oggi, due lettere coeve all’opera gettano una luce diversa sulla sua storia. La prima risale al dicembre 1534. E’ Tiziano che scrive a Vendramo, camerlengo del Cardinale Ippolito de’ Medici (1511 – 1535) del quale il medesimo Tiziano aveva appena completato il ritratto oggi agli Uffizi.
Tiziano spiega a Vendramo che stava per inviare al cardinale il “quadro de una dona” (la Venere di Urbino) ma che non aveva potuto ancora farlo perché alla sua bottega era nel frattempo arrivato il Cardinale di Lorena anche al quale Tiziano aveva fatto il ritratto e che aveva voluto che il pittore veneziano gli realizzasse copia del “quadro de una dona” di cui sopra.
Il colpo di scena
Ma il 10 agosto del 1535, a soli 24 anni, Ippolito muore ed il quadro de una dona rimane nella bottega di Tiziano. Ed ecco il colpo di scena. Tiziano è il ritrattista dei grandi ed anche dei genitori di Guidobaldo: Francesco Maria della Rovere ed Eleonora Gonzaga. Così anche il giovane duca si fa ritrarre da Tiziano con l’accordo che a far fronte alla spesa sarà sua madre.
Nella bottega del maestro veneziano vede la Venere e se ne innamora, ma non ha i soldi per comprarla. Viceversa, Eleonora Gonzaga non è intenzionata a far fronte al desiderio del figlio. Questi nel marzo del 1538 scrive al suo ambasciatore a Mantova. Il messaggio è semplice: deve convincere Tiziano a dargli sia il ritratto che la “donna nuda” fidandosi della sua parola.
Non sappiamo come riuscì a far fronte a quanto dovuto a Tiziano – forse addirittura impegnando qualche sua proprietà, poiché il momento non era finanziariamente dei migliori – ma fatto sta che entrò in possesso di ambedue le opere.
Dunque, contrariamente a quanto si è sempre creduto, il committente della Venere di Urbino non sarebbe Guidobaldo della Rovere ma Ippolito de’ Medici e la donna ritrattavi non incarnerebbe le gioie e le delizie del matrimonio ma, per dirla con il grande storico dell’arte Antonio Paolucci (il quale da sempre era di altro avviso): “Il dipinto di Tiziano…è esattamente quello che vediamo e che vuole essere: la rappresentazione di una giovane donna amorosa nella sua carnale e tenera bellezza”.
La Venere di Urbino arriva alla Galleria degli Uffizi
Vittoria della Rovere (1622-1694), ultima discendente della sua casata, sposò nel 1634 suo cugino il granduca di Toscana, Ferdinando II de’ Medici. Nel 1631 la Venere era in realtà giunta a Firenze anticipando il matrimonio con altre circa 500 tele rappresentanti la collezione dei Della Rovere. Dal 1694 si trova agli Uffizi.
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