Quella della Cripta di San Vito Vecchio a Gravina è una storia, per fortuna a lieto fine, di recupero di una serie di affreschi di matrice bizantina destinati a sicura distruzione.
San Vito è infatti una chiesa rupestre (scavata nel tufo) ancor oggi esistente nei pressi del cimitero di Gravina ma che – persa la sua originale funzione – era divenuta prima magazzino e poi addirittura serbatoio per l’acqua piovane.
Cripta di San Vito Vecchio: il recupero
Inutile dire cosa questo abbia significato per i cicli di affreschi che ne ricoprivano interamente le pareti. Tant’è che quelli del lato sinistro, posti più in basso dei quelli sul lato opposto, hanno visibilmente sofferto in misura maggiore.
Nel 1956 lo Stato Italiano acquista gli affreschi (ma solo questi, non l’intera cripta) che vengono così staccati e restaurati a cura dell’Istituto Centrale di Restauro a Roma. Poi, la perfetta ricollocazione sempre a Gravina nella sede del Museo Ettore Pomarici Santomasi. Qui è stata ricostruita in scale 1:1 la Cripta di San Vito e gli affreschi ricollocati nella loro esatta posizione.
Così, protetti ed accuditi, sono ancora con noi, a disposizione di visitatori e studiosi. E’ inutile sottolineare l’importanza dell’operazione che ci permette oggi di vedere i cicli pittorici dialogare tra di loro come sette secoli or sono.
La pittura bizantina in Puglia
Infatti, se a prima vista è chiara la loro matrice bizantina, per quanto riguarda l’epoca di realizzazione questa è collocata tra il XIII ed il XIV secolo ad opera di maestranze locali.
Sappiamo infatti che – con alterne vicende – i bizantini controllano la Puglia dal VI secolo fino al 1041 quando sono definitivamente sconfitti dai normanni.
Ma anche in questa fase, l’influenza bizantina nel campo dell’arte non si arresto. In primis, per il portato della grande cultura dell’Impero Romano d’Oriente ed, in secondo luogo, per le Crociate.
Infatti, proprio sul volgere dell’XI secolo si avvia il lungo periodo delle Crociate. La Puglia è uno dei naturali punti di passaggio da e per la Terrasanta e lo stesso percorso compiuto dalle armi è sfruttato anche dall’arte.
Attraverso il mare artisti occidentali si trasferiscono i Terrasanta e vi stabiliscono le loro botteghe e viceversa. Quando il Regno di Gerusalemme cadrà, Cipro accoglierà le maestranze superstiti.
Dunque il legame tra i maestri medievali pugliesi e Bisanzio è forte. Fatto di influenze ma anche di presenza diretta di maestranze orientali.
Cripta di San Vito a Gravina: gli affreschi
Fin qui la storia. Per quanto riguarda, invece, gli affreschi di San Vito Vecchio, la cripta racchiude diversi cicli.
L’abside è ornata da un grande Cristo Pantocratore, seduto in trono benedicente e circondato da quattro angeli.
La parete di sinistra (guardando l’abside) si compone di due momenti. Più vicine all’abside vi sono le Tre Marie che si recano al sepolcro che gli viene indicato da un angelo. Più lontano dall’abside quattro santi: San Basilio, San Giacomo, San Lazzaro e San Pietro.
Sulla parete opposta, (dall’ingresso verso l’abside) Santa Caterina d’Alessandria, la Vergine con il Bambino, San Bartolomeo, San Nicola, San Cosma e San Giovanni Crisostomo. Segue poi un affresco di San Martino intento a tagliare il mantello ma siamo evidentemente in un’epoca di molto posteriore introno al XV secolo.
Senza volersi inerpicare verso ipotesi di difficile riscontro, è però evidente una differenza stilistica tra gli affreschi dell’abside e quelli delle pareti.
Gli affreschi della parete di destra sono i più rispondenti a canoni bizantini, tant’è che la Vergine rientra appieno nel modello della Madonna Odigitria. Infatti, indica il Bambino con la mano destra mentre questi benedice a sua volta sempre con la destra. Lo stesso si può dire per i quattro santi sulla parete opposta.
Già le Tre Marie appaiono riflettere tratti più umani rispetto a quelli degli affreschi fin qui trattati e ciò è ancora più vero guardando l’espressività dei quattro angeli che attorniano il Cristo Pantocratore. Evidentemente, il tempo sta facendo il suo corso.
Per le informazioni riguardanti la visita, di seguito il link al sito del Museo https://fondazionesantomasi.it/
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