“E poi, ho la natura e l’arte e la poesia e se questo non è sufficiente, che cosa posso volere di più?” – Vincent Van Gogh
di Francesca Cencetti
Quando l’artista Giuseppe Rossi mi ha invitato a scrivere una breve introduzione alla sua mostra a Passignano sul Trasimeno, luogo di origine della sua famiglia e dei suoi ricordi indelebili, spazio esistenziale dove ogni memoria sembra riemergere, ho accolto la sua proposta con estrema gioia.

Essendo umbra e amando profondamente questa terra, sono convinta che poter ammirare le sue opere alla luce armoniosa del Lago e dei suoi dolcissimi
tramonti sia l’atto più unificante che si possa compiere, tra le sue radici e la natura che le ha trasformate in vibranti creazioni artistiche.
Ci siamo conosciuti nel 2014 a Gualdo Tadino, in occasione della sua mostra a Rocca Flea. Con l’opera d’arte scatta un’emozione profonda ed è questo che è avvenuto e che ho percepito ammirando la pittura di Giuseppe Rossi.
Nel 2019 l’artista ha celebrato i suoi dieci anni di percorso nel Dendronaturalismo nei mesi di ottobre e novembre in una mostra a Mantova con opere realizzate dal 2009 al 2019.
Dendronaturalismo: la storia della pianta è la storia dell’uomo
Il Dendronaturalismo valorizza e salvaguarda la natura, dedicandosi all’osservazione dell’albero, infatti “dendron” in greco significa “albero”, “forma arborescente”. Esiste anche una rivista, “Dendronatura” che nasce nel 1980, due anni dopo la fondazione dell’Associazione Forestale del Trentino.
Giuseppe Rossi è particolarmente attratto dagli alberi secolari di ulivi e castagni, colmi di messaggi primordiali e atavici. Nella Mostra attuale sono esposte opere da quando il suo percorso è iniziato fino ad oggi e in cui ha creato acquarelli apparentemente distanti dal suo precedente percorso, ma non del tutto. Iniziamo dalle opere ad olio.
Lui stesso enuncia che a Ostuni ci sono olivi di 2000/2500 anni e in Sardegna, nella Gallura, si può ammirare un olivo di 3800 anni: il tempo si stabilisce tramite carotaggi o tramite esami al carbonio.
Ad Ansedonia, nell’Argentario, si trovano olivi in collina accanto a resti di templi e le loro radici affondano sul terreno formato da cocci, detriti che appartenevano al passaggio dell’uomo. Sono radici che non assorbono solo sali minerali, ma la storia dell’umanità, che esprimono sensorialmente con colori caldi e freddi: gli alberi si presentano nodosi, contorti, con tronchi scuri, quasi neri o con tronchi sbiancati, per rappresentare qualcosa che è avvenuto nel tempo.
La storia della pianta è la storia dell’uomo, si incarnano vicendevolmente. D’altronde l’artista ha vissuto la sua infanzia tra gli olivi secolari dei pendii sul Lago Trasimeno, testimoni muti di battaglie e di storia; la sua adolescenza tra le betulle della Caldara, i boschi di Manziana, i castagni, da lui percepiti come mastodontici patriarchi, come monumenti naturali.
Nei suoi oli Giuseppe rivela l’essenza dell’anima delle piante, quasi che esse stesse prendano le sembianze dell’uomo, ne assurgano gli aspetti introspettivi. Sembra che l’elemento vegetale scompaia ed emergano altre forme in un perfetto cromatismo materico: elementi che possono sembrare estranei all’umano prendono sembianze umane o faunistiche o vegetali, come i fiori (vedi le opere di Arcimboldo).
Un viaggio ancestrale nella natura
La pittura di Giuseppe Rossi esalta la nostra percezione visiva e sensoriale, ci immerge in viaggi introspettivi e pone l’attenzione sui particolari che sfuggono all’uomo per distrazione. L’artista decontestualizza ed estrapola il dettaglio di piante vetuste e millenarie, attraverso l’incavo di un tronco vuoto, o la sezione di un tronco, con pennellate dense di colore: dal bruno all’arancio, dal giallo paglierino al bianco glaciale, dal verde luna al “rosso Venezia” o al “bruno Van Dick”, che realizza con strisce di colore fluide, quasi scie acquatiche.

Non a caso il nostro artista è anche un subacqueo, quasi che gli abissi marini e le sezioni degli alberi siano entrambi testimoni dell’unica madre terra. Sembra di intraprendere un viaggio ancestrale in questi tronchi saldi, in questa fissità degli alberi e nelle loro radici segrete, come monumenti vegetali. Mentre li crea, Giuseppe scopre il titolo da dare, sono essi stessi che ispirano il proprio nome: ecco “Folletto”, “Presenze”, “Alien dei boschi”, “Intrigo intestinale”, titoli che destano curiosità perchè sono le forme che suggeriscono all’artista come chiamarle.
Nella percezione visiva, da lontano si scorge l’albero (- “sono un albero e so raccontare” – sembrano infatti sussurrare i castagni e gli ulivi, come se parlassero della loro storia) e se ci si avvicina si scorge l’aspetto autentico, sfumando il dato naturalistico.
La stessa sensazione visiva si prova nella percezione dei dipinti di Monet che da lontano appaiono realistici, mentre da vicino scoprono un magma senza forma di colori freddi e chiari o caldi e intensi. Si configura il ritmo obliquo del Vorticismo inglese, delle opere di Picabia e Kandisky. Umberto Boccioni definiva l’arte come risultato finale di un vorticismo di emozioni tramite la raffigurazione di forme a vortice che esprimono forza, energia, movimento e dinamismo. Penso al Raggismo russo, primo movimento d’arte non figurativo di origine russa, che vedeva lo scopo della pittura nel cogliere gli effetti dell’inglobamento dei colori dello spettro, della rifrazione dei raggi di luce che colpiscono gli oggetti (Natalia Goncarova, Larionov, Malevic).
Ancor più possiamo cogliere questo aspetto nell’acquarello. L’artista, per essere definito tale, deve operare in continua trasformazione, per avvicinarsi a quel sentire che sembra inesprimibile. Nei suoi iridescenti acquarelli Giuseppe Rossi si è ispirato all’eucalipto australiano, chiamato anche eucalipto arcobaleno, o eucalipto radiato, perchè è un’esplosione di colore.
L’artista introduce una nuova visione, elimina la plasticità e la densità cromatica e approda a pure forme geometriche che evocano esplicitamente la fluidità dell’acqua, delineata con la freschezza di colori e di linee diverse, leggere, trasparenti e luminose, nette rispetto alle altre opere dove prevale la forma. Qui coglie maggiormente l’astrazione, l’aspetto geometrico, come una sorta di lente di ingrandimento.
La tela mostra un effetto dinamico bidimensionale, ha inserito in sé il movimento nello spazio e il movimento indotto dallo scorrere del tempo. Ascoltiamo il suono di cascate attraverso questi colori scroscianti. Auguste Rodin afferma che l’artista è il confidente della natura, a cui rivela il suo spirito e la sua essenza: Giuseppe Rossi colma di stupore noi astanti con questa sua intensa e assoluta peculiarità.