Solo Firenze poteva ospitare una mostra dal titolo Donatello. Il Rinascimento. Ciò per tanti motivi, tutti facilmente intuibili: il contesto, la sensibilità, la disponibilità in loco delle opere. Donatello. Il Rinascimento è una mostra che resterà nella storia dei grandi eventi artistici. Una mostra per la quale vale il viaggio da dovunque partiate.
Il suo curatore Francesco Caglioti ha saputo disegnare un percorso ineccepibile dove l’opera del grande scultore si rispecchia in quella dei suoi contemporanei ma anche di coloro che egli influenzò nelle generazioni

successive.
Di Donatello – al secolo Donato Bardi (Firenze 1386-1466) – Caglioti ha scritto in quest’occasione: “Donatello ha sentito costantemente, nell’arco di una vita lunga ed infaticabile, i limiti della scultura rispetto alla pittura. In giorni in cui i veloci progressi della riflessione umanistica e storica sulle arti riscoprivano con una consapevolezza sempre maggiore la facilità e i vantaggi della rappresentazione e del racconto pittorici a paragone con la nobile e illustre fissità delle statue, egli non perse mai l’occasione di inventare i più acuti espedienti per dar moto ai corpi e simulare la partecipazione delle figure al flusso continuo dell’esistenza terrena. L’osservatore è coinvolto e sedotto da un gioco ambiguo, e perciò più efficace, nel quale rischia di confondere il proprio ruolo con quello dei personaggi… Tanta generosità di esperimenti e risultati apparecchiò ai contemporanei un gigantesco banchetto, ce essi, significativamente, non furono in grado di smaltire nello spazio di un solo secolo, popolato tuttavia un po’ ovunque da allievi e seguaci, in pittura come in scultura. Se il Quattrocento si accontentò quasi sempre delle parti esteriori del mondo donatelliano… ci volle tutto il Cinquecento perché, con Leonardo, Michelangelo, Raffello e tantissimi altri, la svolta donatelliana producesse i suoi effetti più profondi…”.

Donatello. Il Rinascimento: Palazzo Strozzi e Bargello

Donatello, al secolo Donato di Niccolò di Betto, è assai longevo: nasce nel 1386 a Firenze e qui muore ottanta anni dopo nel 1366. Proprio la sua lunga vita gli consente di essere tanto allievo di Lorenzo Ghiberti (1378-1455) che amico di Filippo Brunelleschi (1337-1446). Gli consentì anche di essere conosciuto appieno dai grandi della generazione successiva a partire da Andrea del Verrocchio (1435-1488), maestro di diversi tra i più grandi maestri del Rinascimento più maturo a partire da Leonardo. Ma anche del più grande veneziano della prima metà del secolo, Giovanni Bellini (1435-1516).
E’ proprio questa longevità unità, ovviamente, alle sue straordinari doti artistiche a fare di Donatello un motore del Rinascimento. Osservano infatti i curatori della mostra: “E’ dalla coppia Filippo-Donato e dalle sue coraggiose e dirompenti esperienze tra il primo ed il secondo decennio del Quattrocento, che il Rinascimento trae la sua vera forza propulsiva”.
Il lungo e glorioso percorso artistico del maestro si dipana così tra le due sedi della mostra: il Bargello e Palazzo Strozzi.
Al Museo Nazionale del Bargello il percorso comprende opere iconiche di Donatello dal San Giorgio marmoreo al David in bronzo, alla Madonna delle nuvole del Museum of Fine Arts di Boston, alla Madonna Dudley del Victoria and Albert Museum di Londra ed alla Madonna della scala di Michelangelo dalla Fondazione Casa Buonarroti di Firenze. La sezione che accoglie quest’ultimo rilievo illustra l’influenza che Donatello ebbe sull’opera del Buonarroti e sulla Maniera Moderna.
Le undici sale di Palazzo Strozzi
Il percorso di Palazzo Strozzi – un excursus cronologico lungo la vita e l’opera del maestro – è tanto indimenticabile quanto emozionante.
Dalla sala degli Esordi – con il David Vittorioso dei primi lustri del ‘400 – a quella delle terracotte. Per poi passare a quella della grande statuaria dove si impongono l’aureo San Ludovico di Tolosa e il reliquiario di San Rossore.
La quarta sala “Spazio scolpito, spazio dipinto” guarda al tema della prospettiva che si è ormai affermata tanto in pittura quanto in scultura. Qui troviamo di lavori fondamentali: la Madonna col Bambino (Madonna Pazzi) che è anche l’immagine prescelta per la mostra ed il Convito di Erode del Battistero di Siena dove le scene si rincorrono su più piani ognuno intersecato con il successivo.

Gli spiritelli sono i protagonisti della sala successiva. Putti nudi e alati, provenienti dalla scultura antica. che popolano le sculture di Donatello. Al centro della sala il suntuoso bronzo di Amore-Attis.
Donatello lavorò estensivamente a Prato e la sala successiva, Per Prato, lo racconta. Qui recitano un ruolo centrale il capitello del Pergamo del Sacro Cingolo e la Danza degli Spiritelli dal medesimo pergamo. Inaspettate e sorprendenti seguono le due porte bronzee che Donatello realizzò su commissione dei Medici per la Sagrestia Vecchia della Basilica di San Lorenzo. Ognuna adorna di dieci formelle a bassorilievo, rappresentano una mostra nella mostra.
I dieci anni padovani

Donatello soggiornò e lavorò a Padova dieci anni tra il 1443 e il 1454. Due sale raccontano questo periodo attraverso un articolato confronto tra le opere del maestro fiorentino e quello di maestri veneti anche grandissimi. Il percorso inizia con una delle ultime opere consegnate a Firenze prima della partenza: l’emozionante San Giovanni Battista giovinetto.
Difficile fare classifiche. Certamente un capolavoro il grande Crocifisso bronzeo per l’altare maggiore della basilica di Sant’Antonio a Padova. Se però potessi scegliere due opere per la mia personalissima collezione immaginaria, mi commuovono le due Imago Pietatis poste una accanto all’altra: quella marmorea dovuta a Donatello e quella a tempera merito del pennello di Giovanni Bellini. Donatello scolpì la sua nel 1435, anno in cui Bellini nasceva. Di trent’anni successiva quella del maestro veneziano.
Donatello torna in Toscana e le ultime due sale custodiscono i bronzi di quegli anni. Straordinario il San Giovanni Battista (questa volta adulto) dal Duomo di Siena ma impensabili i grandi bronzi equestri.
I cavalli giganti
Appaiate, straordinarie, le due gigantesche teste di cavallo trionfano nell’ultima sala. Una, il modello ispiratore, è greca e risale al IV secolo a.C.. L’altra al 1456 o dintorni.
Alfonso il Magnanimo, re di Napoli, aveva infatti commissionato a Donatello il suo monumento equestre di dimensioni ciclopiche. La morte del re, nel 1458, aveva poi fermato l’opera della quale è giunta fino a noi solo la testa del destriero, probabilmente l’unica parte completata a quel momento.
Come la testa sia arrivata nella collezione del Museo Archeologico di Napoli è una storia a se. Vi invito a leggerla nel catalogo della mostra: un’opera che diverrà una pietra miliare negli studi donatelliani e sulla quale vale proprio la pena di investire, perché di un piccolo investimento si tratta…
Donatello, il Rinascimento
Palazzo Strozzi e Museo Nazionale del Bargello
fino al 31 luglio 2022
Mostra curata da Francesco Caglioti
Informazioni www.palazzostrozzi.org / www.bargellomusei.beniculturali.it