Se l’arengo era il fiero luogo dell’adunanza dei cittadini nel comune medievale, allora gli affreschi di Achille Funi (1890-1972) sono il giusto ornamento per la Sala dell’Arengo del Palazzo Ducale di Ferrara (oggi sede dl Comune).
Sospesi nel tempo eterno del mito, meritano di essere assaporati con tranquillità nella quiete di questo luogo per fortuna non frequentatissimo dell’antica dimora della famiglia d’Este.
Achille Funi, ferrarese di nascita, affrescò la Sala dell’Arengo tra il 1934 ed il 1938 coadiuvato dalla sua allieva Felicita Frai (1909-2010) la quale operò in primis alla scena di San Giorgio e il drago.
Achille Funi nel 1914 aveva aderito al Futurismo per essere poi tra i fondatori del gruppo Novecento nel 1922.
Sono anni fecondissimi per l’arte italiana attraversata da maestri eterni da Casorati e De Chirico, coetanei di Funi. Sono gli anni del Ritorno all’Ordine e della metafisica, sono gli anni della rivalutazione del mito.
Tutto questo aleggia nell’atmosfera della sala dedicata ad esaltare il Mito di Ferrara.
Sala dell’Arengo a Ferrara: gli affreschi di Achille Funi
Infatti, gli affreschi cantano i miti di Ferrara, di decifrazione più o meno immediata.
Entrando nella sala (e procedendo in senso orario) la parete a sinistra è dedicata alla leggenda di San Giorgio e il drago. San Giorgio è il patrono di Ferrara e numerose sono le storie a lui legate che vedono il fiume Po’ come habitat del drago.
Di fronte, il lato lungo della sala è dedicato al mito di Fetonte che cade dal Carro del Sole presso la foce del fiume Eridanus, nome con il quale i greci chiamavano proprio il fiume Po’.
I due successivi affreschi sono invece dedicati ai miti letterari di Ferrara. Così gli affreschi cantano dell’Orlando Furioso dell’Ariosto (ferrarese d’adozione) e della Gerusalemme Liberata (che Torquato Tasso compose a Ferrara). Soprattutto quest’ultimo episodio, con i suoi cavalli alla Paolo Uccello, ha un forte gusto neomedievale.
Poi l’amore tragico tra Ugo d’Este e Parisina Malatesta terminato con la decapitazione dei due amanti (Ugo era un figliastro di Niccolò III d’Este, marito di Parisina) la notte del 21 maggio 1425.
Ai quattro angoli le mitologiche figure di Ercole, Marte, Mercurio e Apollo. Infine, l’elaborato soffitto dove ad una prima fascia con rappresentazioni allegoriche dei mesi seguono i segni zodiacali ed infine una immaginaria balconata alla quale si affacciano figure di spettatori.
La prossima volta che sarete a Ferrara per una delle mostre offerta dal Palazzo dei Diamanti, non mancate di andare a visitare la Sala dell’Arengo: è sufficiente salire la ripida scalinata che vi conduce nell’antico palazzo ducale e chiedere, l’accesso è libero.
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