Trovarsi vis a vis con un grande affresco del nostro Rinascimento non capita tutti i giorni. Quante volte guardando verso l’abside (tipicamente in condizioni di luce precarie) di una delle nostre grandi chiese, magari tenuti a distanza da barriere di vario tipo, abbiamo strizzato gli occhi per vedere qualcosa di più.
A Spoleto, invece, Filippo Lippi e sue le Storie della Vergine sono a portata di sguardo e – fatto straordinario – ad un’altezza che pone lo spettatore al centro dell’opera. Con un piccolo binocolo da teatro il gioco è fatto: anche i particolari più minuti sono a portata di sguardo.
La scelta fatta dall’Archidiocesi di Spoleto – Norcia di aprire al pubblico le cantorie del Duomo regala così a turisti ed appassionati uno spettacolo unico, un piacere assoluto.
Duomo di Spoleto: il nuovo percorso di visita
In realtà le Storie delle Vergine e Filippo Lippi si inseriscono in un percorso più ampio che comprende il Museo Diocesano (gradevolissimo nel nuovo allestimento) e la chiesa di Santa Eufemia (probabilmente l’antica cappella palatina dei duchi longobardi di Spoleto) ambedue racchiusi nel Palazzo Arcivescovile accanto alla scenografica discesa che porta alla piazza del Duomo.
Del medesimo percorso fanno poi parte, nel duomo stesso, la Cappella Eroli (ultima della navata sinistra) con i suoi affreschi quattrocenteschi. Da qui una scala porta alla cantoria di sinistra nell’abside e il gioco è fatto: Filippo Lippi è lì a un passo.
Filippo Lippi: Storie della Vergine
Le Storie della Vergine sono l’ultima opera del fiorentino Filippo Lippi (1406-1469). Infatti il maestro morendo le lasciò incompiute e fu la sua scuola a terminarle.
L’affresco si compone di quattro scene: l’Annunciazione (a sinistra) e la Natività (a destra). Al centro la Morte della Vergine e in alto (nella semicupola dell’abside) l’Incoronazione.
Colpiscono le diverse impostazioni delle scene le quali rispecchiano un momento di passaggio fondamentale nell’arte di metà XV secolo dove il gotico internazionale lasciava spazio all’essenzialità ed all’attenzione per la figura umana propri dell’arte rinascimentale.
Così, nell’Incoronazione convivono elementi gotici (la veste della Vergine o la corona di Dio) con le figure sinuose degli angeli mentre rispetto alla più didascalica Natività spicca il viso della Vergine dell’Annunciazione, un capolavoro ormai completamente rinascimentale.
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