La Flagellazione di Sebastiano del Piombo nella chiesa di San Pietro in Montorio è di quelle opere che non si dimenticano e che anzi si tornano più volte a rivedere e studiare.
Quando Sebastiano Luciani (Venezia 1485 – Roma 1447) la dipinse, in otto anni tra il 1516 ed il 1524, due geni dominavano la scena artistica a Roma: Michelangelo e Raffaello. Quest’ultimo però morirà a 37 anni nel 1520. Perché questo fatto sia rilevante per la nostra storia, lo vedremo tra un attimo.
Flagellazione di Sebastiano del Piombo a San Pietro in Montorio: la storia

Nel mondo dell’arte la Flagellazione di Gesù è anche detta Cristo alla Colonna, possiamo usarli come sinonimi.
Senza ripercorrere la vita di Sebastiano del Piombo, egli giunse a Roma nel 1511 su invito di Agostino Chigi. Grazie alla posizione preminente di quest’ultimo, si trovò a vivere subito da protagonista le grandi imprese artistiche di quegli anni. Infatti esordì affrescando in quella prese poi il nome di Villa Farnesina le lunette della Loggia di Galatea.
Va anche detto che strinse una forte amicizia con Michelangelo. Anzi probabilmente Michelangelo, che quando si parlasse d’arte era in grado di influenzare chiunque a partire dal papa, capì che poteva portare Sebastiano (e la sua capacità veneziana nel dare il colore) nella sua scuderia in funzione anti-raffaelliana.
Proprio nel 1516 Sebastiano del Piombo aveva dipinto per il viterbese monsignor Giovanni Botonti, chierico di Camera Apostolica, un capolavoro che ne fece ulteriormente accrescere la notorietà: la famosa Pietà. Per approfondire, leggi Sebastiano del Piombo la Pietà di Viterbo
Questo fu comunque anche un momento di collaborazione tra Sebastiano e Michelangelo. Secondo Vasari, il Buonarroti avrebbe fornito il cartone (cioè il disegno preparatorio). La vicenda è discussa ma noi non l’approfondiremo qui anche se i due qualcosa insieme combinarono quasi per certo.
Sebastiano del Piombo e Borgherini: due amici di Michelangelo
Sulla scia della Pietà, PierFrancesco Borgherini, facoltoso banchiere fiorentino, chiese a Sebastiano del Piombo di affrescare la sua cappella in San Pietro in Montorio. I Borgherini avevano interessi importanti nello Stato Pontificio e PierFrancesco, amico di Michelangelo, fu committente anche di altri grandi artisti quali Pontomo e Andrea del Sarto. Dunque, possibilmente, Borgherini arrivò a Sebastiano Luciani attraverso Michelangelo e quest’ultimo fu attento nel consigliare Sebastiano sul da farsi.
Inoltre, Borgherini e il Buonarroti avevano anche in comune un braccio destro, Leonardo Sellaio. Questi era uomo di fiducia sia di Borgherini che, diremmo oggi, gestore della bottega di Michelangelo soprattutto quando il sommo non era a Roma.

Così, proprio grazie alle lettere tra Leonardo Sellaio e Michelangelo sappiamo parecchie cose. Ad esempio, che già nell’agosto del 1516 Sebastiano del Piombo aveva chiesto a Michelangelo dei disegni e che nel novembre di quell’anno quelli relativi alla lunetta superiore della cappella erano pronti.
Ci vollero però ben otto anni prima che, nel 1524, la Cappella Borgherini fosse completata. Innanzitutto Sebastiano non era un artista, per così dire, precipitoso: tutt’altro. Poi fu distratto da altre commissioni. Infine nel 1522 Roma fu colpita dalla peste. Così gli anni passarono inesorabili.
Sebastiano del Piombo e la tecnica dell’olio su muro
La Cappella della Flagellazione o Borgherini è la prima a destra entrando in San Pietro in Montorio. Non c’è da sbagliarsi.
Nonostante i lanzichenecchi e il sacco di Roma ed altre sciagure è ancora lì per noi. Necessiterebbe di restauri ma l’opera è perfettamente leggibile. Perché Sebastiano del Piombo aveva un segreto. Infatti il suo non è un affresco secondo la definizione canonica dello stesso. E’ un dipinto ad olio realizzato su un muro.
Spiega in proposito Giorgio Vasari:
“il Cristo alla colonna, che fece in San Piero a Montorio, infino ad ora non ha mai mosso et ha la medesima vivezza e colore che il primo giorno: perché usava costui questa così fatta diligenza, che faceva l’arricciato grosso della calcina con mistura di mastice e pece greca, e quelle insieme fondate al fuoco e date nelle mura, faceva poi spianare con una mescola da calcina fatta rossa, o vero rovente, al fuoco. Onde hanno potuto le sue cose reggere all’umido e conservare benissimo il colore senza farli far mutazione”.
L’opera
Tutto ciò detto, è giunto il momento di leggere l’opera. Possiamo dire che questa si divida in quattro comparti. Nella lunetta superiore la Trasfigurazione di Gesù, al centro il famoso Cristo alla Colonna, a sinistra San Pietro, a destra San Francesco.
Nella Trasfigurazione troviamo Gesù ritratto tra Mosè (a sinistra, dato che tiene tra le mani quelle che ritengo le Tavole della Legge) ed Elia. Alla base della lunetta Pietro, Giacomo e Giovanni. Ma veniamo alla scena centrale, il famoso Cristo alla Colonna, uno dei capolavori di Sebastiano del Piombo.
Pochi anni prima nel cortile al di là del muro di fondo della Cappella Borgherini il Bramante (1444-1514) aveva edificato il suo Tempietto, uno dei simboli del Rinascimento.
Chissà quante volte Sebastiano lo avrà ammirato prima di entrare nella chiesa. Forse è proprio da lì che nacque l’idea del colonnato. Così profondo ma nel contempo capace di portare inesorabilmente in primo piano la figura del Cristo.
Un Cristo dal corpo atletico, possente e ancora intatto. Un attimo prima che i suoi carnefici vibrino i loro colpi. La testa è china verso destra (guardando). L’espressione trasmette insieme calma e rassegnazione per un destino che sa di dover affrontare necessariamente ma che già sa che terminerà con la vittoria sulla morte.
La scena è tagliata a metà trasversalmente dagli indumenti bianchi. I due livelli che ne scaturiscono, nettamente recisi, permettono allo spettatore di focalizzare prima i movimenti delle gambe, quasi una danza. Poi, sopra, la forza, il dinamismo tragico e sacrilego dei colpi che si stanno per abbattere sul Cristo.
Sebastiano del Piombo e Caravaggio

Chissà quante volte Caravaggio si sarà trovato a passare per il Gianicolo dove solitaria si ergeva San Pietro in Montorio con il suo convento. Anche lui, dopo aver ammirato il Tempietto del Bramante, si sarà fermato di fronte alla Flagellazione di Sebastiano del Piombo.
Magari si sarà seduto all’estremità del banco più vicino e l’avrà studiata riflettendo. Forse ne avrà tratto qualche disegno messo diligentemente da parte.
E, forse, quando intorno al 1607 a Napoli si trovò a dipingere le sue due Flagellazioni (oggi una a Capodimonte e l’altra a Rouen) si sarà ricordato del Cristo alla Colonna di Sebastiano dal Piombo. Perché soprattutto per quanto riguarda il capolavoro del Museo di Capodimonte troppi sono i richiami.
Poiché in questi casi ciò che conta sono le immagini, lascio a voi giudicare: Caravaggio: la Flagellazione di Capodimonte
La Flagellazione di Viterbo
Oggi, il Museo Civico di Viterbo può vantare due opere di Sebastiano del Piombo. La prima è la Pietà commissionatagli da monsignor Giovanni Botonti. La seconda è un Cristo alla Colonna. Infatti, quando Botonti vide la Cappella Borgherini non potè resistere dal chiedere al Luciani di trarne un olio su tavola per la chiesa viterbese dell’Osservanza del Paradiso ed oggi al Museo Civico.
Per approfondire l’opera, leggi Sebastiano del Piombo: la Flagellazione di Viterbo
Gianicolo e Trastevere
Intorno alla chiesa di San Pietro in Montorio non mancano certo le opportunità di visita. Ve ne segnaliamo alcune. Nel raggio di pochissime centinaia di metri trovate la Fontana dell’Acqua Paola, dal cui belvedere si domina Roma, e il Mausoleo Gianicolense edificato in ricordo di coloro che morirono nelle battaglie per Roma Capitale d’Italia dal 1849 al 1870, ovvero dalla Repubblica Romana a Porta Pia.
Poi, scndendo lungo Via Garibaldi vi ritroverete in pochi minuti a Trastevere. Un quartiere di Roma noto per la movida ma custode di opere d’arte preziose: provate a leggere Visitare Trastevere in un giorno. Oppure, girando a destra alla fine di Via Garibaldi e incamminandovi per via della Lungara dopo pochi passi troverete Villa Farnesina: villa d’Arte e d’Amore, un luogo che non scorderete mai.
San Pietro in Montorio
Piazza San Pietro in Montorio 2 – Roma
Tel. 065813940
sanpietroinmontorio@libero.it
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