Galileo Chini (Firenze 1873-1956) respirò l’aria dell’arte già in famiglia. Il padre Pietro che fu pittore e decoratore, morì quando Galileo avena appena otto anni. Lo zio Dario, restauratore di affreschi per l’Ufficio regionale per la conservazione delle belle arti della Toscana, gli fu quindi maestro.
Frequentò la Scuola d’Arte di Santa Croce a Firenze. Con lo zio, appena diciassettenne, partecipò nel 1890 ai restauri della chiesa di Santa Trinita a Firenze. Alla morte di quest’ultimo ne rilevò la bottega subentrando anche nei suoi progetti di restauratore.
Nel 1896 Galileo Chini avviò la sua attività nel mondo della ceramica. Fonda infatti con gli amici Vittorio Giunti, Giovanni Montelatici, Giovanni Vannuzzi la fabbrica Arte della Ceramica che si affermerà internazionalmente. Siamo negli anni dello svilupparsi dell’Art Noveau e Chini aderisce all’idea di un’arte non riservata a pochi ma alla portata di molti. Certamente di quella borghesia che si andava sempre più affermando.

Arte della Ceramica: le mostre internazionali
Le ceramiche di Chini hanno rapidamente sucesso. L’Arte della Ceramica partecipò infatti alle grandi esposizioni internazionali di quegli anni: Torino e Londra (1898), Parigi (1900) dove si aggiudica il Grand Prix, Bruxelles, Gand e Pietroburgo (1901), Torino (1902), Saint Louis (1905) anche qui aggiudicandosi il Grand Prix.
Nel 1902 si tiene a Torino la Prima Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa Moderna che segna per l’Arte della Ceramica un’altra importante affermazione. A presentare l’Esposizione è il manifesto disegnato da Leonardo Bistolfi evidentemente ispirato allo stile dell’Art Noveau che in Italia si declinerà come Liberty.

Galileo Chini alle Biennali di Venezia
Galileo Chini fu un aficionado della Biennale di Venezia. Vi contribuì con una molteplicità di interventi dal 1901 (dove presentò il dipinto La Quiete) al 1936.
Nel 1902 cura la decorazione della Sala Toscana. Alla successiva Biennale di Venezia espone Il Trionfo e La Campagna. Nel 1907, con Plinio Nomellini e lo scultore Edoardo De Albertis, alla VII Biennale di Venezia realizza la sala L’Arte del Sogno. Vi espone Icaro, Il Giogo e Il Battista.
Il pavimento della sala, in gres, ha un disegno con motivi fitomorfi e pavoni. Questi ultimi saranno un tema, caro all’Art Noveau, sul quale Galileo Chini tornerà spesso. E’ interessante notare come partendo da una rappresentazione reale elaborerà il tema per generare un motivo stilizzato costituito dall’occhio della piuma della coda. Una riproposizione geometrizzata di elementi reale che percorre il Liberty creando, appunto, decori geometrici.

Nel 1914 la Biennale gli dedica una sala personale. Qui espone le opere dipinte negli anni trascorsi in Siam per affrescare il Palazzo Reale. Inoltre, nella medesima occasione allestisce la sala dedicata allo scultore croato Ivan Mestrovic. Qui realizza La Primavera sua opera storica in diciotto pannelli che potete approfondire cliccando La Primavera Galileo Chini.
Nel 1920 realizza per il Salone Centrale del Padiglione Italia quattordici pannelli dedicati alla Glorificazione della Vittoria. Espone anche i suoi dipinti Il Calvario, Il voto ai dimenticati della terra e Il voto ai dimenticati del mare. Nel 1924 la XIV Biennale di Venezia gli dedica ancora una volta una sala personale. Qui espone, insieme alle ceramiche i dipinti Fecondazione e Nostalgia di Bangkok.
Nasce la Manifattura Fornaci San Lorenzo
Terminata l’esperienza dell’Arte della Ceramica per difficoltà tra i soci, nel 1907, in società con i cugini Chino e Pietro, Galileo Chini diede vita alla “Manifattura Fornaci S. Lorenzo – Chini e C. Borgo S. Lorenzo – Ceramiche e vetri d’arte”.
Si trattò di un’intrapresa longeva che si protrasse fino alla seconda guerra mondiale. Il marchio rappresentava una grata con o senza giglio stilizzato e la dicitura “Mugello”. Galileo Chini ne fu il direttore artistico e Chino Chini il direttore operativo. La produzione, oltre a vasi e oggetti, comprese vetrate d’arte e piastrelle.
Galileo Chini: l’avventura in Siam
Il re del Siam Vajiravudh o Rama VI visita nel 1907 la Biennale di Venezia e resta impressionato dall’opera di Chini. Lo invita così a Bangkok, per decorare il Palazzo del Trono, un edificio costruito in stile europeo.
Galileo Chini lascia l’Italia nell’aprile 1911 insieme agli allievi Carlo Rigoli e Giovanni Sguanci, allo stuccatore Giuseppe Innocenti e al doratore Giovanni Barsi. Tornerà definitivamente in Italia nel settembre del 1913. Tra le tante opere realizza la tela La festa dell’ultimo giorno dell’anno cinese a Bangkok, considerato uno dei suoi capolavori.

Gli innumerevoli progetti
Passare in rassegna ai progetti grandi e piccoli di cui Galileo Chini fu protagonista è quasi impossibile. Seguì la decorazione di molte residenze private ma anche di grandi spazi pubblici. Tra questi ultimi lavorò a Salsomaggiore e Montecatini per le terme e per i grandi alberghi. A Sanremo per il soffitto del cinema Centrale (1925). A Viareggio per ville private e per i bagni.
Seguì anche allestimenti teatrali. In particolare collaborò con Giacomo Puccini per le scenografie di Gianni Schicchi (1918) e Turandot (1926). Collaborò anche in diverse imprese dell’amico drammaturgo Sem Benelli (1877–1949). Progettò interventi sui transatlantici Roma, Augustus ed Ausonia.
L’insegnamento
Galileo Chini ebbe anche diversi incarichi come docente. Il primo, nel 1908, per il Corso Libero Superiore di Decorazione della Regia Accademia di Belle Arti di Roma. Poi, nel 1915, per la cattedra di ornato presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Infine, nel 1927, per la cattedra di Decorazione pittorica della Reale Scuola di Architettura di Firenze
Nel 1938 è nominato Commendatore della Corona d’Italia e Cavaliere dell’Ordine di San Maurizio a Lazzaro.
Approfonsimenti
Per approfondire la figura e l’opera di Galileo Chini, potete visitare il sito del suo archivio storico cliccando QUI
Per approfondire il Liberty in Italia, guarda la Videointervista con Antonio Paolucci:
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