La Galleria Colonna, cuore di Palazzo Colonna a Roma, con i suoi memorabili affreschi è senza tema di smentita una delle massime realizzazioni artistiche presenti nei palazzi patrizi romani.
Rientra per certo in quella ristretta cerchia di imprese epocali che hanno contraddistinto la Città Eterna tra ‘500 e ‘600. Lasciando da parte i palazzi reali, ovvero Quirinale e Palazzi Vaticani, la Galleria Colonna rivaleggia con la Galleria Pamphilj, con Villa Farnesina, con la Sala Paolina in Castel Sant’Angelo, con il Salone di Pietro da Cortona a Palazzo Barberini.
Ad adiuvandum, se necessario, similmente alla Galleria Pamphilj, la Galleria Colonna custodisce la collezione d’arte costruita nei secoli da questo casato.
Il Cardinale Girolamo e il principio della Galleria Colonna
Il cardinale Girolamo Colonna (1604-1666) prese la gestione del patrimonio di famiglia dalla morte del padre Filippo nel 1639. Egli avviò una diversificata serie di interventi sul palazzo di Piazza Santi Apostoli. Il suo architetto di fiducia fu Antonio Del Grande (1607-1671) a cui si devono anche i primi lavori della Galleria. Possiamo ritenere che alla metà del sesto decennio del ‘600 la struttura della Galleria dovesse ormai essere ultimata. Nel frattempo, Lorenzo Onofrio Colonna (1637-1689), peraltro marito di Maria Mancini, nipote del Cardinale Mazzarino, aveva affiancato lo zio Girolamo nella guida della famiglia ed anche nella gestione dei lavori del palazzo.
Così a seguito della morte di Girolamo, Lorenzo Onofrio assunse la guida della famiglia ed anche del cantiere del palazzo. Parimenti, alla morte pochi anni dopo di Antonio Del Grande, subentrarono nella gestione di un cantiere che doveva durare cinque decenni Johann Paul Schor, che però mori nel 1674, Carlo Fontana e il nipote Girolamo e Gian Lorenzo Bernini. E’ a quest’ultimo che si deve l’attuale assetto delle tre sale (Colonna Bellica, Grande e Paesaggi) poste in consonanza tra loro attraverso ampi passaggi delimitati da colonne. Uno sfondamento prospettico che garantisce ancor più imponenza all’insieme.
Affreschi della Galleria Colonna: la celebrazione di Lepanto
Ma veniamo al nostro argomento. Ovvero agli affreschi delle tre principali sale della Galleria: Sala della Colonna Bellica, la Sala Grande e la Sala dei Paesaggi.
Le dimensioni sono degne di una reggia. La Sala Grande è infatti lunga 40 metri, larga 10,67 ed alta 13. L’intento era palesemente quello di ribadire il primato di Casa Colonna sulle altre famiglie aristocratiche romane. Anche su quelle che, grazie all’elezione di un loro componente a pontefice, avevano notevolmente rafforzato la loro posizione senza però poter vantare né la storia dei Colonna né la presenza nel proprio albero genealogico del trionfatore di Lepanto.
Vedremo infatti che proprio sulla glorificazione di Marcantonio Colonna e sulla narrazione della vittoria di Lepanto si fonda il progetto iconografico della Galleria Colonna.
Sala della Colonna Bellica
La volta di questa prima sala tramite la quale si accede alla Galleria Colonna è ornata dall’affresco dell’Apoteosi di Marcantonio II Colonna.
Si tratta di un affresco realizzato a più mani e terminato, se consideriamo la data riportata nel grande libro sul quale un angelo sta scrivendo (proprio sopra l’architrave verso la Sala Grande) nel 1670. Sulla volta lavorarono ben tre maestri: Luca Giordano (1534-1705), Sebastiano Ricci (1659-1734) e Giuseppe Bartolomeo Chiari (1654-1727).
L’affresco dell’Apoteosi di Marcantonio II Colonna pone il vincitore di Lepanto alla pari di un santo. Egli infatti, salito in cielo, è presentato alla Vergine la quale gli porge una corona. Numerosi sono i riferimenti alle imprese del condottiero ed al suo casato. Nel lato della volta verso il giardino è rappresentata una colonna alla quale è incatenato un angelo ribelle. Alla sua sinistra e dunque direttamente sotto la figura di Marcantonio sono rappresentanti i turchi vinti con un arco spezzato. Marcantonio tiene in mano una clava: forse per alludere alle Fatiche di Ercole dalle quali anche lui è uscito vincitore?
Sul lato sinistro (guardando il giardino) si vedono due bambini che giocano con una lupa. Potrebbe trattarsi di Romolo e Remo. Sul lato opposto si riconosce la tiara papale che vuole alludere a Martino V. A terra vi sono strumenti da architetto, probabilmente un’indicazione delle competenze anche scientifiche di Marcantonio. Poi un angelo con le insegne delle legioni romane, evidente riferimento ad un filo che unisce le vittorie dei condottieri della Roma antica a quella di Lepanto. Infine una salamandra, animale capace di vivere nel fuoco.
La Sala Grande: il trionfo di Lepanto
L’opera venne affidata a Johann Paul Schor, detto anche Giovanni Paolo Tedesco (Innsbruck 1615 – Roma 1674). A Schor si devono sia gli apparati in stucco che gli affreschi nell’area nord della galleria. Egli non poté però completare l’opera. Infatti i lavori si fermarono tra il 1669 ed il 1673 per consolidare la struttura e, poco dopo la loro ripresa, venne a mancare il 6 marzo 1674.
A lui subentrarono Giovanni Coli (1636-1681) e Filippo Gherardi (1643-1704) per il completamento delle raffigurazioni del soffitto, intervento che si protrasse fino al 1685 circa.
Ambedue lucchesi, lavorarono insieme tutta la vita. A loro si deve il grande affresco al centro della volta, ovvero La Battaglia di Lepanto e ai suoi lati Marcantonio Colonna che riceve da Pio V il comando della flotta e il Ritorno a Roma di Marcantonio Colonna. Ai due estremi della Sala Grande, al di sopra degli architravi dei passaggi verso la Sala dei Paesaggi e la Sala della Colonna sono rappresentate (rispettivamente) Il Doge di Venezia tiene il Concilio e la Statua di Marcantonio Colonna.
L’affresco della battaglia è formidabile. Mentre intorno infuria la lotta, Marcantonio Colonna sta ritto sulla prua della sua nave (la Capitana di Sua Santità) guidando i suoi uomini. Di fronte a lui, sulla nave che i marinai del colonna stanno abbordando, una ammiraglio ottomano.
Sulle pareti laterali della Sala Grande le quattro specchiere furono dipinte da Mario dei Fiori, Giovanni Stanchi e Carlo Maratta
La Sala dei Paesaggi
La sala prende il nome dai dipinti di paesaggio di Gaspard Dughet. La volta è affrescata con L’Allegoria della Vittoria di Marcantonio II a Lepanto. L’affresco è dovuto a Luca Giordano che vi lavoro nel 1685 ed a Sebastiano Ricci che proseguì l’opera tra il 1692 ed il 1695.
Il grande affresco ritrae sul lato verso la Sala Grande Marcantonio che impugna la barra del timone di un’immaginaria nave mentre un angelo vola per porgli in capo la corona della vittoria.
Sul lato sinistro (guardando la Sala Grande) si intravedono gli alberi maestri delle navi della sua flotta, i vinti in catene e le insegne a loro sottratte. Dal lato opposto sono i vincitori con il carro del trionfo che attende Marcantonio. Il quarto lato è dedicato alla battaglia con le armate che si affrontano dominate dal vessillo con le insegne di Casa Colonna.
Ci volle però ancora un lustro fino a quando nel 1700 Filippo II Colonna, figlio di Lorenzo Onofrio, poté inaugurare questa ciclopica opera frutto di cinque decenni di dedizione.