L’Ascensione dipinta da Lattanzio Gambara (Brescia 1530-1574) nella controfacciata del Duomo di Parma è assolutamente una scenografia teatrale di grande impatto. Una sapiente unione di richiami all’antico, di prove di abilità pittorica e di azione scenica fortemente dinamica.
Controfacciata del Duomo di Parma: l’Ascensione del Gambara
Poiché la descrizione che ne fa il Catalogo Generale dei Beni Culturali italiani è perfetta, potremmo attenerci ad essa per raccontare il grande affresco:
“L’affresco si compone di due piani: nella parte bassa, ai lati del portale principale, architetture manieristiche illusivamente dipinte simulano delle nicchie che racchiudono soldati, che, con il viso rivolto verso l’alto, si sporgono, mentre ai loro piedi ruggiscono due leoni. Sopra i loro elmi piumati, in due ovali inscritti in riquadri, coppie di putti reggenti copricapi episcopali. Il registro è chiuso da due piccole scene a monocromo, una per parte, con episodi tratti dall’Antico Testamento: a sinistra “Il peccato di Adamo ed Eva”; a destra “La cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso”.
A coronamento dell’arco del portale, Profeti con angeli ed al centro un altro piccolo monocromo con “L’Ascensione di Elia sul carro di fuoco”. La seconda fascia rappresenta un interno di abitazione con balaustra: sullo scenografico fondale recita la folla sbigottita degli apostoli che, sconcertati, indicano il cielo o si nascondono sbirciando da dietro antiche statue allegoriche poste ai lati della scena. Affacciati dalla balaustra altri personaggi assistono ancor più da vicino all’Ascensione di Gesù al cielo, raffigurato in alto, ormai nella gloria celeste, al di sopra della finestra centrale, ai cui lati due angeli in acrobatiche evoluzioni sembrano proiettarsi e cadere come nel vuoto”.
L’ultima opera
L’Ascensione che orna la controfacciata del Dumo di Parma fu l’ultima opera di Lattanzio Gambara. Dai documenti sappiamo che il 7 settembre 1573 la Fabbriceria del duomo salda l’opera ormai completata all’artista (“pro integra et completa solutione et satisfactione”). Rientrato a Brescia, morirà ancora giovane l’anno successivo.
Lattanzio Gambara e Giorgio Vasari
Giorgio Vasari (1511-1574) conosceva l’opera di Lattanzio Gambara e, con buona probabilità, lo aveva incontrato. Infatti Vasari fu a Brescia intorno al 1566. A tal proposito scrisse: “…nella qual casa (del Gambara), che è da San Benedetto al vescovado, vidi, quando fui ultimamente a Brescia, due bellissimi ritratti di sua mano; cioè quello d’Alessandro Moretto suo suocero, che è una bellissima testa di vecchio, e quello della figliuola di detto Alessandro, sua moglie”.
Per approfondire l’opera del Gambara leggi la la voce Lattanzio Gambara – Enciclopedia Treccani
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