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Giovanni Bellini e la Madonna Greca: Rinascimento guardando Bisanzio

La Madonna Greca di Giovanni Bellini ha un fascino ed un carattere particolare. Forse perché è l’antico che si reincarna in forme moderne e nel fare ciò riesce ad arricchire ancor più di pathos e commozione il suo rapporto con chi la guardi.

Madonna Greca per due motivi: per la scritta μήτηρ Θεού (Madre di Dio) che si può leggere ancora oggi sulla tela e per il richiamo alla tradizione delle icone greche.

In verità un’icona molto particolare, in qualche modo contaminata anche dalla perfezione espressiva della pittura fiamminga ben nota e collezionata nella Venezia dei tempi di Giovanni Bellini.

Ma torniamo a Bisanzio. Inutile perdere tempo nel ripercorrere i rapporti tra Venezia e l’Oriente del Mediterraneo. A Venezia l’arte bizantina era ben nota e con essa le icone che, del resto, continuavano ad essere dipinte anche nel XV secolo come lo sono ancora oggi. Dunque, Giovanni Bellini le conosceva fin troppo bene e di prima mano.

La Madonna Greca di Giovanni Bellini e le immagini devozionali

giovanni bellini madonna greca breraPer secoli la Madonna col Bambino è stato forse il tema più caro alla pittura sacra. Tra i motivi anche il fatto che si trattava spesso di immagini dedicate alla devozione privata. Ad essere collocate magari in piccole e preziose cappelle nei palazzi patrizi.

Dunque, immagini di fronte alle quali il proprietario delle stesse poteva raccogliersi in preghiera e che ne aiutassero la concentrazione e l’ispirazione, come se Gesù o la Vergine o il santo raffigurato sulla tela si trovassero realmente di fronte al fedele.

Se c’è un’immagine che ben si presta a questo scopo, forse anche per la peculiare tipologia di rappresentazione che si colloca tra il vero e l’archetipo, quella è l’icona.

Forse fu questo che ispirò il Bellini, oppure un desiderio, una predilezione particolare del committente. Chi può dirlo.

Perché “Greca”?

Sta di fatto che vi sono elementi nella Madonna Greca che possiamo riferire alle icone mariane: la visione frontale, la fissità degli sguardi, il Bambino vestito, la tunica blu della Madonna con il prezioso orlo in filo d’oro, lo sfondo monocolore. Poi c’è la costruzione del viso della Vergine: le ampie sopracciglia che formano un V con il naso lungo e affilato e la bocca piccola. Lo stilema dell’icona.

Ma le similitudini si fermano qui. Poi c’è uno dei più raffinati ed eleganti maestri del Rinascimento italiano capace non solo di virtuosismo tecnico ma di capacità di rappresentare i sentimenti più umani: quelli lontani dalle icone di Bisanzio.

Così la Madonna e Gesù guardano come verso l’infinito con sguardi malinconici. Sebbene gli occhi della Vergine non cerchino il figlio, la tenerezza della madre traspare dall’affetto, dalla protezione che le sue mani comunicano.

Il Bambino stringe una mela nella mano sinistra e poggia i piedi su un bordo di marmo: il frutto rimanda al peccato originale, il bordo richiama il marmo della tomba. Dunque, per il fedele assorto in preghiera, si tratta di un invito a meditare sui temi del peccato e della morte ma anche della salvezza.

La prospettiva

Un istante, prima di parlare di prospettiva, guardate il manto della Vergine nell’angolo di sinistra della tela: un pezzo di bravura per le pieghe della stoffa giocate con il chiaroscuro. E le maniche della tunichetta digiovanni bellini madonna greca brera Gesù, ancor di più quella sinistra (per chi guarda), sono anch’esse un virtuosismo.

In Bellini i bordi sono una costante. Piani di marmo, sepolture, tutto è utile per gestire il rapporto con lo spettatore, per creare, nel contempo, distanza e vicinanza. Così qui Gesù sembra sul punto di saltare nelle braccia dello spettatore (che farà bene a tenersi pronto) ma la Madonna prudente lo tiene ben saldo.

Dietro un drappo scuro (e non oro come Bisanzio preferirebbe). Infatti, il fondo scuro ha ben due motivi: non distrae il fedele dalla meditazione e porta in primo piano le figure generando un effetto di prospettiva. Stessa tecnica della straordinaria Pietà con Quattro Angeli di Rimini.

Madonna Greca: storia minima

Per la verità di questa tela non sappiamo moltissimo. Dal 1808 si trova alla Pinacoteca di Brera a seguito delle requisizioni napoleoniche. Per nostra fortuna, infatti, l’opera venne destinata a Milano anziché a Parigi. A Venezia, la Madonna Greca si trovava a Palazzo Ducale negli uffici dei Regulatori di Scrittura, una magistratura straordinaria creata nel 1575 con il compito di verificare le contabilità di tutte quelle magistrature veneziane che maneggiassero danaro. Dipinta intorno al 1465, nulla sappiamo sulla sua committenza.

Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.

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