di Riccardo Maniscalco e Anna Faraone
“Le donne del 1799 – Angela di Picerno” è un’opera che si ispira ad un momento rilevante della storia di questo borgo della Basilicata. Picerno infatti si rese protagonista di un tentativo di cambiamento politico-sociale conseguente ai moti insurrezionali scoppiati a Napoli nel gennaio del 1799 contro il governo dei Borbone che portarono alla proclamazione della Repubblica Napoletana.
L’Albero della Libertà e la Repubblica Napoletana
Simbolo di tale rinascita fu “l’albero della libertà” che presto venne innalzato in altre località del Regno anche lucane come Picerno. Dura fu la risposta delle autorità per il ripristino dell’ordine costituito contro la quale Picerno oppose una valorosa resistenza che si consumò nel maggio dello stesso anno.
Morirono uomini e anche donne quest’ultime nella locale chiesa di San Nicola dove avevano cercato rifugio. La più giovane di loro si chiamava Angela Cappiello.
Angela di Picerno: il graffito polistrato

L’opera fissa i momenti di quegli eventi con i simboli che li hanno contraddistinti. “L’albero della libertà” che idealmente è nutrito dal sangue dei patrioti picernesi, sulle scale della chiesa, mostra la coccarda riproducente i colori della cittadina con i nastri ondeggianti rossi ad indicare il breve vento di rinnovamento.Quest’opera, strano a dirsi, per noi è una novità, una sorta di rivelazione con la quale tecnica è stato come scavare nella storia per far emergere la figura di Angela, insieme ad altri elementi che rendono forte la memoria, necessaria a rivalutare il sacrificio. La giovane Angela è qui raffigurata con abiti maschili ad indicare l’impegno delle donne nella lotta, da sempre appannaggio maschile.
L’opera, ampia m 1,60×1,40, è un graffito polistrato, una forma d’arte a metà tra pittura e scultura. La tecnica figurativa richiama quella dell’affresco poichè vi sono strati di materiali policromi.
Gli strati sono il risultato della mescolanza di malte con i colori, tanti quanti ne richiede il disegno che emerge per rimozione degli stessi attraverso la graffiatura della superfice solidificata.
La Scuola del Graffito Polistrato di Montemurro
La tecnica fu ideata negli anni ’60 dal maestro Giuseppe Antonello Leone (1917-2016) che creò il primo graffito polistrato con 10 strati di malte sovrapposte, ognuno di un colore diverso. Ampia m 4×2 l’opera, intitolata “Il circo”, fu realizzata con l’utilizzo di sabbie provenienti da una località del comune di Montemurro (Basilicata) avendo lui stesso appurato la corrispondenza tra le caratteristiche del materiale e la finalità dell’opera che doveva resistere al tempo.

Originario della Campania nel 2003 fondò a Montemurro, suo paese adottivo, una scuola che tramandasse questo sapere. La Scuola del Graffito Polistrato da allora ha formato generazioni di artisti locali e non. Nel mese di agosto, per una settimana, ospita artisti nazionali ed internazionali che realizzano graffiti di ampie dimensioni, poi collocati all’aperto nei vicoli del paese. Ad oggi a Montemurro decine sono le opere esposte.
Il graffito è una tecnica antichissima utilizzata con al massimo 3 strati di malta pigmentata che ebbe il suo massimo splendore tra ‘500 e ‘600 grazie a grandi artisti quali Polidoro Caldara (detto Polidoro da Caravaggio) e Maturino da Firenze che decorarono facciate di importanti palazzi patrizi a Roma. A tal proposito, leggete l’articolo I Palazzi dipinti di Roma: un percorso ragionato
A differenza dei cosiddetti “graffiti” della street art, che sono dipinti su supporti murari secchi, il nostro graffito polistrato è da considerarsi più durevole nel tempo, perchè ogni strato di malta è colorata a fresco sicchè il pigmento di colore penetra all’interno ottenendo una maggiore resistenza agli agenti atmosferici. L’opera è facilmente rimovibile, essendo realizzato su una struttura metallica.
Se volete approfondire l’argomento dei graffiti rinascimentali, leggete anche: Firenze: un giro per gli sgraffiti del Rinascimento
