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Guido Reni: la Crocifissione magnetica di San Lorenzo in Lucina

La Crocifissione di Guido Reni (1575-1642) nella chiesa di San Lorenzo in Lucina a Roma esercita un’attrazione magnetica. Collocata a coronamento dell’altare maggiore barocco opera di Carlo Rainaldi (1611-1691), la Crocifissione domina la scena.

Guido Reni la Crocifissione di San Lorenzo in Lucina: breve storia

Dipinta negli ultimi anni di attività del maestro bolognese, intorno al 1638, arrivò a San Lorenzo grazie al lascito testamentario della marchesa Cristina Duglioli Angelelli, anche lei bolognese, venuta a mancare nel 1669.

La marchesa, interessante esempio di nobildonna collezionista d’arte, giunse a Roma da Bologna nel 1643 dopo l’assassinio di suo marito, il senatore Andrea Angelelli, e proseguì gli interessi artistici del marito.

Acquistato un palazzetto all’angolo tra via del Corso e via Condotti, era entrata a far parte dei circoli migliori dell’aristocrazia romana. La sua collezione comprendeva opere del Guercino, di Mattia Preti e di numerosi artisti della sua epoca.

L’opera

guido reni crocifissione san lorenzo in lucina romaAl di là del valore artistico della tela, opera di uno dei maggiori maestri del 600 italiano, credo che ciò che colpisca sia la figura del Cristo la quale, fatta salva la corona di spine (peraltro senza sangue) non mostra i segni della Passione. Non vi è la ferita del costato. I chiodi, inevitabilmente presenti, non sarebbero però in grado di sorreggere alcunché: non v’è ferita, non v’è strazio delle carni, sono chiodi che si trovano lì solo per completezza scenica.

Lo sguardo di Gesù è verso l’alto, rivolto al Padre. Non v’è dolore, se mai estasi.

Personalmente, mi colpisce lo sfondo. In una scena fatta di lame di luce quasi astratte, alle spalle della Croce (posta su un accenno di Calvario e con ai piedi il teschio) si distende una città verso cui camminano sparsi gruppi di persone. La città è cinta da mura turrite ed ha al centro un grande costruzione che ha tutte le caratteristiche dell’edificio sacro. Evidentemente, deve trattarsi di Gerusalemme.

Velasquez e Reni

Credo che ciò che colpisca in questa Crocifissione di Guido Reni sia spiegato in modo molto chiaro dall’artista e teologo Padre Marko Ivan Rupnik. Il confronto è con la Crocifissione di Velasquez del Prado: un’opera che da sola vale il viaggio a Madrid. Ecco le parole di Rupnik:

“…Diego Rodríguez de Silva y Velázquez nel 1631 dipinse il suo Crocifisso, che ora si trova al Prado. È il Cristo nella morte, su uno sfondo scuro. Il suo capo pende sul petto e una massa di capelli scuri copre parte del volto. È un quadro che ci apre alla visione della caligine, che è quella dei grandi mistici, che s’incontrarono con Dio nella nube, nell’oscurità, nella notte oscura e tempestosa. Il Crocifisso di Guido Reni è molto diverso. Chi entra in San Lorenzo in Lucina a Roma lo trova sull’altar maggiore.

Lo sfondo è oscuro, ma illuminato da una vibrazione di luce. Il corpo di Cristo è perlaceo. Colpisce il suo volto. Gli occhi sono aperti, il guido reni crocifissione san lorenzo in lucina romaviso illuminato. Non è sfigurato dal dolore, ma trasfigurato dalla visione.
I due volti esprimono due diverse teologie: la teologia delle tenebre e quella della luce. Sono due modi riconducibili ai vangeli.
Il Crocifisso di Velázquez esprime l’abbandono del Padre. È il grido “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”. Rappresenta bene il Servo di Jahvé: “Verme e non uomo”. Il volto è velato. Lo sfondo cupo: “Questa è la vostra ora e il potere delle tenebre”. (…) Viene evocata la profezia di Amos: “In quel giorno farò tramontare il sole a mezzodì e oscurerò la terra in pieno giorno” al fine di fare “come un lutto per un figlio unico”. Giovanni conclude il dramma del Calvario con le parole: Gesù “chinato il capo, spirò”. Per questo il capo è abbandonato, pende sul petto, ormai senza più un sostegno.
Guido Reni invece rappresenta Cristo che guarda in alto come quelli di Jusepe de Ribera o Rubens. Ma, a differenza di essi, lo sguardo del Cristo è sereno, estatico, appagato. (…) Lo sguardo non è più in basso, alla Passione, all’odio degli uomini, alla terra colorata di rosso, ma si volge al cielo, oltre la soglia della morte, oltre le grida di dolore, in un trasalimento di gioia…”.

Barocci e Reni

Federico Barocci (1528-1612) è invece un maestro di una generazione (o due) precedente a Guido Reni. Molto interessante è l’accostamento che lo storico dell’arte (vedi link all’articolo più sotto) Filippo Silvestro fa tra la Crocefissione del Barocci – anch’essa custodita al Prado – e quella della Galleria Estense di Modena di Guido Reni. Quest’ultima, è una versione ancora più essenziale di quella di San Lorenzo in Lucina, dove lo sfondo è unicamente costituito da pennellate di luce e oscurità. Si tratta di una tela datata al 1619, dunque di circa un ventennio antecedente quella di Roma. Le similitudini tra queste tre Crocifissioni sono assolutamente evidenti e, diciamo così, si inseriscono in un continuum.

Clicca qui per Federico Barocci e Guido Reni accumunati dalla Crocifissione

Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.

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