L’icona della Vergine con il Bambino tra due angeli, San Giorgio e San Teodoro custodita nel monastero di Santa Caterina d’Alessandria nel Sinai, definita anche la Kyriotissa del Sinai, cioè dominatrice del mondo, è una delle icone mariane più note dell’età tardo antica.
Kyriotissa del Sinai: la datazione
Come spesso accade con opere così antiche, la datazione nasce da deduzioni e raffronti e non da elementi documentali. Così la nostra icone viene collocata tra il VI ed il VII secolo d.C.. Se prevalesse la datazione al VI secolo allora, secondo alcuni, potrebbe addirittura far parte di un dono offerto dallo stesso imperatore Giustiniano (482-565) fondatore del monastero. Cioè sarebbe arrivata nel monastero di Santa Caterina del Sinai insieme con la famosa icona del Cristo Pantocratore.
L’icona della Vergine con il Bambino tra due angeli, San Giorgio e San Teodoro
In realtà, ciò che rende straordinaria la Kyriotissa del Sinai è la convivenza di stili ed influenze diverse. La Vergine è ritratta come regina o basilissa, assisa in trono con il Bambino sulle ginocchia. La tipica postura, cioè, della Nikopoia, apportatrice di vittoria, l’icona con la quale l’esercito bizantino andava in battaglia.
La veste, il particolare copricapo (marphorion), le calzature rosse, la ricchezza del trono, la postura sono tutte coerenti con quel modello regale che poi vedremo riprodursi nei secoli successivi attraverso la definizione di precisi schemi iconografici.
Il viso, però, è assai particolare: richiama i ritratti del Fayyum con i loro grandi occhi. Lo stesso dicasi per i due santi guerrieri e martiri entrambi: San Giorgio (o San Demetrio) a destra, San Teodoro a sinistra. Le loro vesti sono riccamente ornate e, grazie al chiaroscuro, descritte nelle loro pieghe che generano un leggero effetto di movimento e profondità. Anche i loro visi, sebbene fortemente stilizzati, ricordano (alla lontana) un’idea di Fayyum.
Sia San Giorgio che San Teodoro erano due soldati romani vissuti nel IV secolo. Secondo la storica dell’arte Marina Falla Castelfranchi la loro accanto alla Vergine ed al Bambino ha il significato di proteggerli dalle eresie che avevano caratterizzato l’Egitto fino all’avvento dell’imperatore Giustiniano.
Gli angeli antichi
Alle spalle delle quattro figure frontali due angeli. Bianchi, quasi eterei nella loro natura non mondana, guardano la mano di Dio tra di loro dalla quale parte la luce che illumina la Vergine.
Circa il loro stile, spesso gli storici dell’arte li ricollegano all’arte antica concludendo che questa icona si pone come un momento (ancora) di passaggio, di contaminazione tra due mondi. I due angeli sono come corrucciati, guardano con giusto timore reverenziale la mano di dio.
Per chi sia di cultura romana (in senso giallorosso…) il pensiero va subito a Santa Maria Antiqua, alla Parete Palinsesto e dunque all’Angelo Bello. Quest’ultimo databile al VII secolo e quindi più o meno coevo all’icona. Ma, diciamolo, più bello in senso classico dei due angeli in questione e, proprio in riferimento alla sua classicità, detto l’angelo pompeiano.
Conclusione: l’icona della Kyriotissa è certamente di grande interesse per la sua epoca alta. Lo è anche per il richiamo al Fayyum della Vergine e per il richiamo alla classicità degli angeli. Resta però anche come nel VI secolo con la presenza di un imperatore forte quale Giustiniano in Oriente ed un Occidente ancora “romano” in termini culturali ed economici vi sono tutti i presupposti perché l’antico non venga dimenticato.
Kyriotissa del Sinai: la temperie artistica
Cosa accadeva tra V e VI secolo nel bacino del Mediterraneo in termini artistici? Cosa si produceva a Bisanzio o a Roma dove la società romana era tutt’altro che finita? Mosaici, manoscritti miniati, affreschi… Per approfondire questo affascinante argomento, potete leggere:
- Santa Maria Maggiore: i mosaici della navata (III secolo)
- Basilica di San Paolo: i mosaici dell’arco di Galla Placidia (III secolo)
- Santa Pudenziana, il più antico mosaico cristiano
- Icona della Madonna del Conforto: emozione profonda
- Virgilio Romano: testimone dell’arte del VI secolo
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