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Madonna Advocata: la pittura della Roma medievale

La Madonna Advocata di Palazzo Barberini (Aghiosoritissa in greco o dell’Intercessione) rappresenta una testimonianza importante per la nostra storia dell’arte. Datata al terzo quarto del XII secolo, risale infatti all’epoca dei nostri primitivi, e ci permette di conoscere quale fosse la produzione artistica a Roma in quegli anni ancora del medioevo.

In realtà la Madonna Advocata, oggi presso la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini (della quale rappresenta il dipinto più antico) proviene da un luogo che ci ha regalato più di un’opera di epoca alta. Si tratta dell’oratorio (scomparso) dedicato a San Gregorio Nazianzeno presso il convento di Santa Maria in Campo Marzio dove l’immagine era considerata miracolosa. Oggi, in quel luogo, a pochi passi dalla Camera dei Deputati, troviamo la Chiesa di Santa Maria della Concezione in Campo Marzio.

Da quello stesso oratorio, e di medesima epoca, provengono anche il Giudizio Finale di Nicolò e Giovanni ed il Cristo Benedicente oggi entrambe alla Pinacoteca Vaticana.

Aghiosoritissa o Madonna dell’Intercessione

Com’è noto, le icone mariane si rifanno a precisi modelli. In questo caso, come detto, l’icona si rifà al modello dell’Aghiosoritissa o Madonna dell’Intercessione.

La Vergine da sola, senza Gesù, con le braccia protese in atto, appunto di intercessione. Proprio da quest’azione che la Vergine compie in favore del credente nasce il nome di Madonna Advocata. Peraltro, l’Aghiosoritissa è la forma di rappresentazione della Vergine più diffusa nella quindicina di icone antiche ancora custodite a Roma.

La Madonna Advocata di Palazzo Barberini

Si tratta di una tempera su tavola rivestita di tela di 107 x 57,5 cm acquistata dallo Stato Italiano nel 1987.

Ciò che rende la Madonna Advocata di Palazzo Barberini un unicum è la presenza del Cristo, adulto, nell’angolo in alto a sinistra della tavola. Inoltre, egli compie un gesto con la mano destra (sfiorando l’aureolaicona madonna advocata palazzo barberini della Vergine) come di benedizioni, comunque di contatto, forse per rafforzare la percezione dell’importanza dell’azione di intercessione propria della Vergine.

Altro elemento particolare è la cornice a palmette che cinge l’immagine e l’iscrizione “SˉCˉAVIRGOVIRGINUM”, presente sul bordo inferiore, “Santa Vergine delle Vergini”, una invocazione propria delle litanie che chiudono il rosario. Ambedue questi elementi non sono frequenti nelle icone, anzi tutt’altro.

I caratteri bizantini dell’immagine sono incontrovertibili ma, altresì, gli elementi fin qui descritti mostrano il percorso intrapreso a Roma verso scelte iconografiche proprie.

Merita tener presente, anche per un confronto con altre icone mariane presenti nella Capitale, la tecnica impiegata che risulta molto lineare. Le pieghe della veste della Vergine sono infatti tracciate attraverso poche pennellate scure mentre sia nel Cristo che nella Madonna la separazione tra le sopracciglia è ottenuta con l’inserimento di un semplice triangolo scuro. Peraltro, questa soluzione si ritrova analoga nell’icona della Madonna Odigitria custodita nel Monastero di Santa Maria di Grottaferrata.

Così, sia nella Vergine che nel Cristo, le pieghe del collo sono rese con pochi tratti essenziali. Manca poi del tutto la resa dell’incarnato nei due volti. Spicca, all’orecchio sinistro della Vergine, un grande orecchino d’oro: un oggetto anch’esso presente in modo non comune nelle icone mariane.

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Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.