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Loggia di Amore e Psiche: il trionfo dell’amore terreno

La Loggia di Amore e Psiche a Villa Farnesina è il cuore del percorso artistico di questa suntuosa residenza rinascimentale. L’abusato aggettivo straordinario è questa volta l’unico possibile per descrivere lo splendore degli affreschi realizzati da Raffaello Sanzio (1483-1520) e dalla sua bottega.

Il mito di Amore e Psiche: riassunto veloce

Prima di leggere gli affreschi è utile ripassare al volo la vicenda a cui si ispirano. Questa è contenuta nelle Metamorfosi (o Asino d’Oro) di Apuleio scritto intorno alla metà del II secolo d.C..

In estrema sintesi, Psiche è una giovane mortale così bella da essere paragonata a Venere dea stessa della bellezza. Quest’ultima si ingelosisce e ordina a suo figlio Amore di far innamorare Psiche dell’uomo più brutto della terra.

Il dio Amore, raccolti arco e frecce, parte per la sua missione ma fallisce clamorosamente la mira. Infatti colpisce con la freccia il suo stesso piede. Così si ritrova ad essere lui ad innamorarsi di Psiche. Saltando qualche passo, Amore, con l’aiuto di Zefiro, porta Psiche nel suo palazzo e lì sempre e solo al buio di due trascorrono notti d’amore. Il punto è, ovviamente, far sì che Venere non si accorga di nulla.

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Concilio degli Dei

Una notte però Psiche non resiste alla curiosità di vedere chi sia il suo amante. Amore però si sveglia e sentendosi tradito sparisce. Psiche disperata vaga per tutta la terra finché in un tempio dedicato a Venere si consegna alla dea. Questa la sottopone a quattro prove impossibili che però Psiche supera attraverso aiuti magici. Nell’ultima prova sarà proprio Amore a soccorrerla.

Al termine di tali peripezie, Giove, mosso a compassione fa si che gli amanti si riuniscano e le loro nozze siano celebrate con un grande banchetto.

Loggia di Amore e Psiche: gli affreschi

Gli affreschi della Loggia di Amore e Psiche a Villa Farnesina raccontano questo mito ponendolo in parallelo con la vicenda sentimentale di Agostino Chigi (uomo di elevato lignaggio, quasi un dio come Amore) con Francesca Ordeaschi (bellissima giovane di origini però ben più terrene). Come nel caso di Amore e Psiche, anche per Agostino e Francesca la storia prevede un lieto fine.

In termini cronologici, l’ultimazione degli affreschi coincide con il matrimonio di Agostino e Francesca celebrato il 28 Agosto 1519. Infatti il primo di gennaio del 1519 Leonardo Sellaio (uomo di fiducia di Michelangelo) scrive al Buonarroti che la disvelazione degli affreschi era cosa di giorni (Michelangelo e Raffaello si tenevano d’occhio…). Dunque il mito di Amore e Psiche era stato scelto con cura come quello di Polifemo e Galatea nella Loggia di Galatea o come il tema delle Nozze di Alessandro Magno e Rossane nella sala da letto degli sposi.

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Banchetto degli Dei

Le morti di Raffaello e di Agostino Chigi, avvenute ambedue nel 1520, dovettero però interrompere il progetto. Infatti, come vedremo, gli affreschi realizzati si riferiscono solo alle vicende celesti e non anche agli avvenimenti terrestri raccontati dal mito. Questi ultimi, forse, avrebbero trovato posto nella parte inferiore delle pareti.

Il percorso delle scene

Se vi metterete al centro della loggia con il naso all’insù scoprirete che gli affreschi si compongono di due scene grandi scene centrali e di una serie di scene di forma triangolare più piccole. Queste ultime sono in tutto ventiquattro.

Delle ventiquattro scene vedrete che dieci (i pennacchi, se vogliamo) sono costruite con il triangolo che presenta la base verso l’alto (verso il centro del soffitto) mentre gli altri quattordici sono orientati esattamente al contrario (dette anche vele). Le prime dieci scene descrivono momenti della leggenda di Amore e Psiche che hanno come protagonisti varie divinità. Le seconde quattordici rappresentano invece amorini intenti in attività variopinte e spesso scherzose.

Il Concilio degli Dei ed il Banchetto Nuziale

Come vedrete tutte le scene sono incluse in un festone che non teme confronti nel suo genere. E’ opera di Giovanni da Udine, al secolo Giovanni Nani (1487-1561). Sono festoni popolati da elementi tratti dal mondo vegetale: fiori, frutta, foglie. Descriverli compiutamente richiederebbe un saggio a se tanto sono diversificati i motivi e formidabile la qualità della realizzazione. Il festone, oltre a incorniciare le scene, creava anche un continuum con il grande parco su cui affacciava la loggia (che era aperta e non chiusa come oggi).

Ciò detto le due grandi scene – rappresentate come due arazzi – descrivono il Concilio degli Dei ed il Banchetto Nunziale. Dovete leggerli da destra a sinistra.

Nel Concilio degli Dei questi ultimi si stanno consultando sull’opportunità o meno di ammettere Psiche tra di loro.  A destra Amore sta chiedendo l’assenso di Giove mentre alla fine della scena Mercurio porge a Psiche la coppa dell’immortalità.

Nel Banchetto Nuziale sul lato destro vediamo Bacco mescere il vino. Subito accanto scorgiamo Amore e Psiche. Poi segue la tavola degli dei ed infine le danze con Venere che balla scrutata da Vulcano (l’ultimo personaggio maschile con la barba).

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Venere e Amore

Loggia di Amore e Psiche: i pennacchi degli dei

Come detto, abbiamo dieci pennacchi. La storia ha inizio con quello al centro del lato corto confinante con la Loggia di Galatea. La scena ritrae Venere che indica ad Amore (che ha in mano la freccia) la mortale Psiche perché la faccia innamorare dell’uomo più brutto del mondo.

Come sappiamo, gli affreschi della Loggia di Amore e Psiche furono progettati da Raffaelo ma realizzati con l’iuto di alcuni celeberrimi collaboratori. In questo caso, Amore dalle eleganti ali sarebbe del pennello di Raffaello mentre Venere sarebbe stata dipinta da Giulio Romano, al secolo Giulio Pippi de’ Jannuzzi (1499-1546), all’epoca diciottenne.

La serie dei pennacchi va poi letta procedendo lungo il lato interno della Loggia. Troviamo così Amore che prega le tre Grazie (sue sorelle poiché figlie di Venere) di aiutare Psiche che si trova nel suo palazzo. Segue Venere che cerca di portare dalla sua parte Cerere e Giunone. Le due scene dovrebbero essere state dipinte ancora da Giulio Romano.

In quello ancora successivo, Venere su un cocchio trainato da colombe si reca da Giove per chiedere il suo aiuto. Questo pennacchio dovrebbe essere di Raffaello. Siamo a questo punto giunti all’ultimo pennacchio del lato lungo interno: Venere supplica Giove e questi acconsente ad inviare Mercurio a diffondere la notizia che chiunque troverà Psiche riceverà sette baci dalla dea. In quest’ultimo caso, autore del pennaccio dovrebbe essere il napoletano Giovan Francesco Penni (1488-1528).

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Venere, Giunone e Cerere

Un mercurio storico

A questo punto siamo giunti sul lato corto opposto a quello di partenza. L’immagine di Mercurio è notissima. Anch’essa come tutte le successive (ad eccezione dell’ultima) è attribuita a Giulio Romano.

Il lato lungo esterno contiene a questo punto le ultime quattro scene di divinità. Dobbiamo considerare il ciclo degli affreschi che venne effettivamente realizzato non comprende le scene terrene, tra cui le famose quattro prove a cui Venere aveva sottoposto Psiche.

Così, il prossimo pennacchio rappresenta direttamente Psiche trasportata sull’Olimpo. In mano ha un’ampolla che contiene il balsamo della bellezza preso a Proserpina. Si susseguono poi le scene nelle quali Psiche offre il balsamo a Venere; Giove perdona Amore (i due hanno deposto le armi: le saette di Giove sono tenute dalla sua aquila mentre Cupido tiene la freccia rivolta verso il basso. Nell’ultimo pennacchio, Mercurio accompagna Psiche verso le scene del centro della volta. Quest’ultimo affresco è attribuito a Giovan Francesco Penni.

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Mercurio

Le vele degli amorini

Le quattordici vele caratterizzate dal tema degli amorini hanno sia un valore metaforico che un lato giocoso. Quest’ultimo balza agli occhi. Come spesso accade, gli amorini sono intenti nel combinare qualche scherzo. Nella fattispecie a rubare gli attributi tipici di ogni dio. Il significato metaforico è che l’amore alla fine trionfa su ogni cosa.

Così troverete gli amorini intenti a rubare il tridente a Nettuno o il cane cerbero a Plutone. O l’elmo alato a Mercurio piuttosto che il flauto a sette canne a Pan. Sono ben due invece gli amorini intenti a trasportare la clava di Ercole che deve essere pesantissima. La strana creatura mostruosa nell’angolo di questa vela è Echidna: spaventevole ma dalle ali bellissime.

Se desiderate una guida generale alla visita di Villa Farnesina cliccate Villa Farnesina: villa d’amore e d’arte

Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.