La Madonna della Tenerezza o Theotokos Eleusa della Collezione Gualino potrebbe essere la più antica versione conservata in occidente di questa iconografia mariana dove il Bambino abbraccia la Madre cercandone l’affetto e la protezione con il contatto tra le loro guance.
A colpire è l’intensità della rappresentazione del Bambino a cui fa da contraltare la figura ieratica della Vergine. La tavola non ha l’usuale forma rettangolare ma termina in una cornice trilobata: un prototipo forse delle elaborate cornici delle pale d’altare che vedremo nei secoli successivi. Per quanto attiene la sua datazione ci troviamo verso la fine del XIII secolo: una datazione che tiene in ambedue delle ipotesi di attribuzione che vedremo.
La Madonna della Tenerezza Gualino: Guido da Siena o Bologna?
E’ molto interessante notare le differenti attribuzioni dell’icona. Nel catalogo originale della Colleziona Gualino, curato da Lionello Venturi, la tavola è avvicinata a Guido da Siena, maestro attivo nella seconda metà del ‘200 e l’importanza del cui ruolo nella sua epoca è stata piuttosto discussa tendendo a ridimensionarla. In ogni caso, se volete approfondire i primi maestri senesi leggete Cripta del Duomo di Siena: trionfo d’affreschi
Viceversa, oggi l’opera è attribuita ad un pittore di ambito bolognese. Nella scheda redatta dalla Galleria Sabauda, dove la collezione costruita da Riccardo Gualino (1879-1964) è oggi custodita, si afferma infatti come: “Di questa tavola esistono derivazioni dipinte da un artista bolognese, lo Pseudo-Jacopino; è quindi possibile che sia stata realizzata a Bologna alla fine del Duecento, sotto l’influenza di opere lasciate in città da Giunta Pisano, il maggior innovatore della pittura italiana prima di Cimabue, o da un suo seguace, il Maestro delle Croci Francescane, che spinsero gli artisti locali a distaccarsi dalla tradizione bizantina alla ricerca di uno stile più realistico e naturale”.
La Theotokos Eleusa: la forza dell’affetto filiale
Per tornare al catalogo della Collezione Gualino, vi scrive Lionello Venturi: “Della pittura senese del ‘200 conosciamo due gruppi ben distinti: quello più arcaico di Guido… e quello più evoluto di Duccio… Nessun dubbio che l’opera in questione appartenga al primo gruppo. L’intensità dello smalto cromatico e la delicatezza delle sfumature delle carni sono i pregi visivi dell’opera. Ma la sua importanza e la sua rarità, di fronte alla produzione senese del Duecento, consistono nell’atto di affetto filiale… Nella Madonna qui riprodotta lo slancio affettuoso del Bambino è magnificamente espresso con l’aggrapparsi al collo materno; e la libertà che si prende l’artista di fronte alle proporzioni accentua l’efficacia espressiva”.
Sempre riguardo alle antiche icone mariane, leggi:
- Madonna Advocata: la pittura della Roma medievale
- Icona della Madonna del Conforto: emozione profonda
- Monopoli: la Madonna venuta dal mare
- Da Bisanzio a Grottaferrata: la Madonna Odigitria di San Nilo
- La Madonna romana della Fondazione Magnani Rocca