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Sironi e la Grande Guerra. L’arte e la prima guerra mondiale dai futuristi a Grosz e Dix

Mario Sironi e la Grande Guerra. L’arte e la prima guerra mondiale dai futuristi a Grosz e Dix, curata da Elena Pontiggia, apre in Italia le riflessioni sul centenario della prima guerra mondiale (1914-1918). Con oltre cinquanta opere documenta come gli artisti, da Balla a Carrà, da Léger a Grosz e Dix, da Previati a Nomellini, hanno rappresentato la drammatica esperienza del conflitto.

Cuore della mostra è la figura di Mario Sironi, di cui per la prima volta vengono analizzate organicamente la stagione degli anni 1915-1918 e la tematica della guerra, che ricorre nella sua pittura ben oltre quegli anni.

Mario Sironi e la Grande Guerra: percorso espositivo

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Mario Sironi – Sarabanda finale

Il percorso espositivo muove da maestri europei come Léger con I giocatori di carte, 1915; Otto Dix, con la poco nota Schützengraben in der Champagne, 1916;  Grosz con il tragico 1917. Prosegue poi con gli artisti italiani, da Previati (Gli orrori della guerra, 1917) e Nomellini, (Allegoria della vittoria sull’esercito in marcia, 1919) ai futuristi Balla, Carrà, Depero, Prampolini, Dottori, fino a Bonzagni, Campigli e molti altri. Tra questi Viani e Marussig che rappresentano entrambi un Soldato austriaco, emblema della sconfitta.

Le sale sironiane iniziano con le vignette satiriche contro gli Austro-tedeschi realizzate dall’artista nel 1915-1918, tra cui quelle per la rivista “Il Montello”, diretta da Bontempelli. Di interesse, in particolare, è l’ultimo numero della rivista, uscito nel novembre 1918 per celebrare la vittoria e finora quasi sconosciuto (ne esistono in Italia solo cinque copie). Tra le opere esposte si segnalano i commoventi ritratti che Mario Sironi esegue a soldati e ufficiali, e il drammatico paesaggio urbano Città e aereo, 1921.

Di enorme suggestione sono poi due opere monumentali: la grande tela della Vittoria alata, dipinta da Sironi nel 1935, e i giganteschi Soldati (1936). La prima è il cartone per l’affresco L’Italia fra le scienze e le arti, realizzato per l’Aula Magna dell’Università La Sapienza a Roma. Oggi è il più importante documento dell’idea sironiana perché l’affresco romano è stato pesantemente ridipinto.  Il secondo è un’imponente composizione con due soldati della prima guerra mondiale, evocati visionariamente a vent’anni di distanza dal confitto (1936).

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Mario Sironi-Chiaro di luna-1915

Mario Sironi Biografia

Nasce a Sassari nel 1885, da Enrico, ingegnere milanese, e Giulia Villa, fiorentina. Nel 1886 si trasferisce con la famiglia a Roma. A tredici anni, nel 1898, rimane orfano di padre. Nel 1902 si iscrive alla facoltà di ingegneria, che abbandona l’anno dopo per una crisi depressiva. Frequenta invece la Scuola libera del nudo di via Ripetta e lo studio di Balla, diventando amico di Boccioni, Severini e altri artisti. Con Boccioni compie un viaggio a Parigi nel 1906. Due anni dopo si reca in Germania, dove ritornerà nel 1910-1911. Intanto, nonostante le ricorrenti crisi nervose, inizia a dedicarsi all’illustrazione e alla pittura.

Nel 1913 aderisce al futurismo, dandone un’interpretazione soprattutto volumetrica. Nel 1915 si trasferisce per qualche mese a Milano. Allo scoppio della guerra si arruola nel Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti e poi nel Genio. Congedato nel 1919, si sposa a Roma con Matilde Fabbrini, con cui era fidanzato dal 1915. La coppia, che avrà due figlie (Aglae, nel 1921, e Rossana, nel 1929), si separerà nel 1932 e l’artista si legherà, tra alterne vicende, a Mimì Costa.

Sempre nel 1919-1920 Sironi dipinge i primi paesaggi urbani. La sua pittura si orienta verso forme potenti e sintetiche, di ispirazione classica, segnate però da una drammaticità moderna. Margherita Sarfatti è tra i primi critici a segnalarlo.

Fin dal 1919, intanto, l’artista aderisce al fascismo. Dal 1921 disegna illustrazioni per il “Popolo d’Italia”, con cui collabora fino al 1942 (dal 1927 al 1931 anche come critico d’arte).

Novecento Italiano e Manifesto della pittura murale

achille funi
Achille Funi- Soldato in trincea

Nel 1922 è tra i fondatori del Novecento Italiano. Col gruppo, animato dalla Sarfatti e sostenitore di una “moderna classicità”, espone in tutte le principali rassegne in Italia e all’estero, difendendone le ragioni quando, nel 1931-1933, viene colpito da accese polemiche.  Negli anni trenta, però, Sironi si concentra soprattutto sulla pittura murale, divenendo il maggior teorico e artefice del ritorno alla decorazione classica. Pubblica il Manifesto della pittura murale, firmato anche da Campigli, Achille Funi e Carrà (1933), ed esegue numerose opere monumentali.

Nel 1943 aderisce alla Repubblica di Salò. Il 25 aprile sta per essere fucilato dai partigiani e si salva grazie all’intervento di Gianni Rodari, partigiano ma suo estimatore. Il crollo dei suoi ideali politici e l’angoscia per la morte della figlia Rossana, che si uccide giovanissima nel 1948, lasciano un segno nella sua pittura, in cui la tensione costruttiva si lascia incrinare da un senso di frammentarietà. Mario Sironi muore a Milano nel 1961.

Sironi e la Grande Guerra. L’arte e la prima guerra mondiale dai futuristi a Grosz e Dix

22 febbraio – 25 maggio 2014
Palazzo de’ Mayo
Corso Marrucino 121 – Chieti
Informazioni
Tel: +39- 0871-359801 Fax: +39-0871-347606
set@fondazionecarichieti.it
www.fondazionecarichieti.it

Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.