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Battistero di San Giovanni: il trionfo d’oro della cupola

I mosaici della cupola del Battistero di San Giovanni a Firenze non solo rivelano grandi qualità artistiche ma sono anche una testimonianza assai significativa per la storia dell’arte del XIII secolo.

Infatti quei decenni che vedono Dante (1265-1321) creare la lingua italiana, testimoniano anche il percorso di quei maestri – Cimabue, Giotto, Pietro Cavallini e la Scuola Romana – che daranno l’impulso fondamentale alla nascita di un’arte libera dall’eredità di Bisanzio.

Infatti, il Battistero, consacrato da papa Niccolò II nel 1059, si impreziosisce di contenuti artistici proprio durante quei secoli in cui l’arte italiana lascia i canoni dell’Alto Medioevo per cercare una strada sua propria.

La sfida del mosaico

L’edificio sacro diviene così una grande sfida che vede alleati i maestri fiorentini della pittura e della scultura con maestranze forestiere esperte di tecniche musive. Lo spiega in modo emozionante Annamaria Giusti, storica dell’arte e già direttore dei laboratori di restauro dei materiali lapidei, del mosaico e pietre dure dell’Opificio delle Pietre Dure:

“Tempio religioso ma al tempo stesso monumento civico, il Battistero nel corso del Medioevo vide crescere la sua fisionomia artistica, grazie allo sforzo congiunto della Chiesa e della città, rappresentata dalla facoltosa Arte di Calimala. Ai primi del ‘200 fu realizzato il pavimento di marmi intarsiati, concepito come assieme di sontuosi tappeti dai decori variati, al cui centro sorgeva il perduto fonte battesimale, grande vasca ottagonale marmorea citata dallo stesso Dante quando, esule, ricorda “il bel San Giovanni”.

Completate le preziose incrostazioni marmoree, si ritenne necessario che avessero degno e grandioso coronamento nella cupola rimasta spoglia, e lo si fece scegliendo di rivestirla di mosaici. Fu una sfida audace, per una città che già si segnalava per la sua perizia nella pittura e nell’affresco, ma che mancava di esperienza in una tecnica laboriosa e complessa come quella del mosaico, prediletta nei battisteri paleocristiani dei quali il Battistero fiorentino voleva apparire degno erede”.

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Cimabue – Storie di Maria, Visitazione

Anno Domini 1225

Continua Annamaria Giusti:

“Verso il 1225, secondo la data iscritta nella scarsella del Battistero, i lavori presero avvio, probabilmente ricorrendo a mosaicisti venuti da fuori e alle fornaci già attive altrove, specializzate nella preparazione dei vetri policromi per le tessere musive. Ma ben presto i pittori e gli artefici fiorentini seppero conquistare piena autonomia, e a fine secolo gli oltre mille metri quadrati della cupola si erano ammantati della scintillante veste musiva, che ai lati della grandiosa scena del Giudizio finale narra su quattro registri le Storie della Genesi, di Giuseppe ebreo, di Cristo e del Battista.

Più generazioni di artisti, fra i quali Cimabue stesso, si succedettero sui ponteggi per creare una spettacolare antologia dell’arte, pittorica e musiva insieme, del Duecento fiorentino, della quale fa parte anche la volta della scarsella, i cui mosaici furono realizzati mentre ancora si lavorava a quelli della cupola.

Una volta ultimata questa colossale impresa, forti dell’esperienza maturata e affascinati dallo splendore dei mosaici, si volle estenderli anche alle zone parietali, dove in origine non erano previsti. Nacquero allora, fra primo e secondo decennio del Trecento, i mosaici che nel tamburo della cupola e all’ esterno della galleria del matroneo ricoprono l’originario rivestimento marmoreo, e quelli interni al matroneo stesso, sopra le porta principale e quella settentrionale”.

Mosaici del Battistero di San Giovanni: i maestri

Dunque, il Battistero di Firenze rispecchia certamente l’invito iscritto in latino nello Zodiaco duecentesco, intarsiato nel pavimento: “Qua vengano tutti colore che vogliono vedere cose mirabili”.Battistero Firenze Cupola

Non disponendo di attribuzioni certe per via documentale, l’identificazione dei maestri che disegnarono i cartoni all’origine dei mosaici è argomento assai dibattuto. In esso si sono cimentati i grandi della nostra storia dell’arte da Longhi a Toesca.

Secondo Giorgio Vasari, Andrea Tafi (1213-1294) sarebbe l’autore delle parti più antiche avendo tratto da Venezia il “greco” Apollonio per la realizzazione dell’opera musiva. A lui sarebbe seguito Gaddo Gaddi (1240-1312). Vasari scrive però ben tre secoli dopo con tutti i caveat del caso.

Oggi, sulla base del confronto con le loro opere note, le attribuzioni si riferiscono ai grandi artisti fiorentini del ‘200. Tra questi Coppo di Marcovaldo, Meliore di Jacopo, Cimabue.

In realtà, al di là delle attribuzioni, il rinnovamento in atto nel mondo artistico fiorentino del ‘200 è palese. Così come per dimensioni e qualità questi mosaici non temono confronti con opere coeve.

Per visualizzare le foto dei mosaici della cupola in HD, clicca Mosaici Cupola Battistero Firenze HD

I rapporti con Roma

Merita come sempre chiedersi cosa succedesse in parallelo nella Città Eterna. Credo che due siano i cantieri che contano. Il primo è quello di Santa Maria in Trastevere dove Pietro Cavallini realizza le Storie della Vergine. Il secondo quello di Santa Maria Maggiore dove Jacopo Torriti realizza i mosaici dell’abside e Filippo Rosuti il formidabile mosaico della facciata. E’ la Scuola Romana del ‘200 al suo apice. Roma non ha nulla da invidiare a Firenze e viceversa.

In ambedue i casi, i mosaici testimoniano il momento di passaggio. Infatti alternano momenti narrativi, tipici dell’arte musiva antica a momenti di presentazione di figure divine o umane in forma statica, caratteristica dell’espressività alto medievale.

In realtà a Firenze le stesse maestranze impegnate nel battistero operano anche su un altro fronte: la Basilica di San Miniato al Monte. Qui viene realizzato il mosaico dell’abside di cui potete leggere nell’articolo San Miniato il mosaico dell’abside.

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Meliore – Giudizio Universale Apostoli

Otto spicchi e Sei cerchi

La disposizione dei mosaici della cupola è conseguente alla forma ottagonale del Battistero di San Giovanni. Così l’opera si articola in otto spicchi a loro volta percorsi da sei cerchi (o registri) che vanno dal centro dell’edificio verso il suo perimetro.

Da dentro verso fuori, troviamo

  1. un primo cerchio di motivi ornamentali
  2. le sette gerarchie angeliche (Troni, Dominazioni, Virtù, Podestà, Principati, Arcangeli e Angeli). Ciascuna gerarchia occupa, con una coppia di angeli, uno spicchio mentre in quello centrale è rappresentato Cristo. Le gerarchie sono identificabili dalle iscrizioni al di sopra di ciascuna
  3. al di sotto delle gerarchie, i tre spicchi centrali sono occupati dalla rappresentazione del Giudizio Universale. A differenza del resto della cupola, qui i registri sono più larghi e quindi in questi spicchi il loro numero è di cinque e non sei. La grande figura di Cristo occupa per intero lo spicchio centrale così da ritrovarsi con tre scene a mono destra ed altrettante a sinistra.
  4. I cinque spicchi rimanenti sono suddivisi in quattro registri orizzontali. Lungo i registri orizzontali, sono raffigurate (a girare) ed a partire dal centro della cupola:
    1. storie della Genesi
    2. storie del patriarca Giuseppe (figlio di Giacobbe)
    3. storie di Maria e di Cristo
    4. storie di san Giovanni Battista

Il Giudizio Universale

I tre registri che ospitano il Giudizio Universale sono dominati dalla figura di Cristo Giudice che si estende in altezza per tutto lo spazio dedicato al Giudizio. Notate la veste che è analoga a quella della Basilica di San Miniato ma anche a quelle degli Apostoli dell’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata. Questi ultimi mosaici furono realizzati circa un secolo prima da maestranze veneziane. A loro proposito potete leggere Mosaici di San Nilo: un ponte tra Venezia e Bisanzio?

Il registro più alto, sia a destra che a sinistra di Cristo, raffigura schiere angeliche. Quella a destra di Cristo reca i simboli della Passione, quella a sinistra gli strumenti del Giudizio. Il registro sottostante rappresenta i dodici Apostoli, tra ciascuno di essi una bellissima testa d’angelo. Le due prime figure ai lati di Cristo sono la Vergine e San Giovanni Battista. Anche in questo caso, notate le toghe.

Nell’ultimo registro il Giudizio Universale rappresentato dal punto di vista delle anime. A destra di Cristo il Paradiso, a sinistra l’Inferno con la straordinaria rappresentazione del Diavolo. Questa scena è attribuita a Coppo di Marcovaldo (1225-1276).

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Coppo di Marcovaldo – Inferno

Mosaici del Battistero di Firenze: i restauri

I primi interventi interventi di manutenzione dei mosaici partono dal 1300, resi necessari dalle infiltrazioni d’acqua provenienti dalla copertura. Agnolo Gaddi, figlio di Taddeo effettuò il primo intervento. A partire dal 1483, l’Opera del Duomo assegna una rendita annuale di trenta fiorini al pittore Alessio Baldovinetti per intervenire ove necessario.

Nei secoli successivi l’intervento più importante è quello del 1781 a opera del pittore fiorentino Giovanni Orlandini e di Giuseppe Sorbolini. Purtroppo però già giugno del 1819 si era staccata una vasta sezione di mosaici e intonaco dipinto.

Fu deciso così di intervenire di nuovo, dipingendo le zone dove i mosaici erano caduti, invece di rifarle a mosaico. Il pittore Luigi Ademollo effettuò tale operazione dal 1820 al 1823. Ademollo utilizzò anche delle larghe piastre di ferro per fissare i mosaici. La soluzione risultò inefficace e a fine ‘800, quando larghe zone di mosaico stavano per cadere, l’Opera incarica di intervenire l’Opificio delle Pietre Dure.

Grazie alla relazione finale dell’Opificio sappiamo che fu restaurata la volta musiva per 1032 mq. Di questi, i 128 mq dipinti da Luigi Ademollo furono rifatti a mosaico grazie ai cartoni del pittore Arturo Viligiardi. A tal fine vennero impiegate antiche tessere cadute e delle nuove ordinate a Murano. Poi l’Opificio distaccò 567 mq degli altri 911 mq aderenti alla volta e per riallettarli con una malta contenente una porzione di cemento a presa lenta.

OPERA DI SANTA MARIA DEL FIORE
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Acknowledgment:

  • autore delle immagini “Meliore – Giudizio Universale Apostoli” e “Coppo di Marcovaldo Inferno”: Di Sailko – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=41891049;
  • autore dell’immagine complessiva dei mosaici della cupola: Utente:MatthiasKabel, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons;
  • tutte le altre immagini Courtesy: Opera di Santa Maria del Fiore

Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.

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