Arte Antica, Mosaici, Slider home

I mosaici di Santa Maria di Casaranello tra Roma e Bisanzio

La chiesa di Santa Maria della Croce a Casaranello bene accoglie quel particolare atteggiamento con cui spesso ci avviciniamo ad un monumento, ciascuno di noi seguendo le sue inclinazioni e cercandovi quegli aspetti più vicini ai suoi interessi artistici o al suo gusto.

Infatti, questo antico edificio sacro custodisce ancora oggi testimonianze di un tesoro antico, in buona parte perduto, ma le cui tracce ci lasciano facilmente immaginare l’antico splendore.

Dunque, dicevamo, ognuno di noi segue le sue particolari inclinazioni. Personalmente, due sono le opere che qui più mi colpiscono: il mosaico del transetto, motivo originale della nostra visita, ed i due cicli di Santa Caterina e Santa Margherita.

Santa Maria della Croce a Casaranello: storia breve

La chiesa di Santa Maria della Croce può a buon diritto definirsi antica. Costruita in un preesistente insediamento romano (scavi archeologici hanno accertato la presenza di sepolture) dovrebbe risalire al V secolo d.C.. Del resto, la presenza dei suoi ben noti mosaici aiuta molto nella datazione stessa.

E’ proprio la decorazione della chiesa a scandirne la storia. Così, dopo alcuni secoli di silenzio dai primigeni mosaici, incontriamo gli affreschi di tradizione bizantina databili al X secolo e poi, via via, i diversi cicli che, scorrendo lungo il basso medioevo, si protendono fino al XVI-XVII secolo.

Da quel momento, l’edificio sacro cadde in disuso fino a venir riscoperto dallo storico dell’arte olandese Arthur Haseloff (1872 – 1955) all’inizio del secolo scorso. Da lì diverse campagne di restauro ce lo hanno restituito come lo conosciamo oggi.

mosaici santa maria della croce casaranello

Casaranello: la struttura architettonica

E’ utile dire subito che la chiesa di Santa Maria della Croce presenta una pianta particolare. Infatti l’impianto a tre navate termina in un transetto il quale presenta al centro una copertura a cupola ed immette a sua volta nell’unica abside che però ha una terminazione tronca (e non a botte) e soffitto a volta. In pratica, transetto e abside danno luogo ad una struttura a croce greca.

Una struttura molto particolare (i bracci del transetto sono tra l’altro di lunghezze diverse) che ha dato luogo a opinioni molto diverse sulla pianta della struttura originaria e su quali fossero state poi le aggiunte più tarde. Comunque, senza entrare nel dettaglio, l’ipotesi oggi prevalente è che la navata centrale, il transetto e l’abside formassero la struttura originaria alla quale, in epoca alto medievale sono state aggiunte le navate laterali.

Santa Maria della Croce: i cicli di Santa Caterina e Santa Margherita

Il soffitto a volta della navata centrale, nelle porzioni superiori di ambo i lati, conserva a sinistra un ciclo di affreschi dedicato alla passio di Santa Caterina ed a destra uno dedicato alla passio di Santa Margherita. Si tratta di due cicli coevi e di analoga ispirazione: due sante martiri ambedue di età antica e coeve, orientali (Egitto e Turchia), di natali elevati e grande bellezza. Ambedue pronte all’estremo sacrificio pur di non rinunciare alla loro fede. Dunque quasi due eroine romantiche.

A meno che voi siate parecchio ferrati sull’arte dell’Italia centro meridionale del XIII secolo, questi due cicli potrebbero sorprendere anche voi. E’ evidente, infatti, come difficilmente possano essere definiti “nostri” ma come risentano di influssi diversi.

santa maria della croce casaranello ciclo santa caterina

I due cicli sono infatti caratterizzati da una descrittività quasi “fumettistica”, spesso caricaturale, evidentemente interessata più alla narrazione dei fatti che alla loro rappresentazione in termini estetici elevati.

Una pittura che si fa storia. La cui finalità è in primis (e anche in secundis) raccontare più che rappresentare. Ben sapendo come difficilmente si possano mettere in rapporto le due cose, ciò che questi due cicli mi richiamano alla mente è l’arazzo di Bayeux che (tessuto nell’XI secolo) narra la conquista conquista normanna dell’Inghilterra.

Qui siamo circa 200 anni dopo in un periodo che si situa alla fine del XIII secolo. Dunque in un secolo che aveva visto l’alternarsi della dominazione sull Italia meridionale di due dinastie nord europee, gli Svevi e gli Angioini, portatori di riferimenti assai diversi da quelli sia di Bisanzio, da sempre dominatrice della Puglia, che dell’arte italiana che si andava in quei decenni risvegliando. A ciò credo vada aggiunta la considerazione di trovarsi in un ambito rurale dove l’arte religiosa aveva comunque una forte componente di dimostrazione ed insegnamento della fede.

Per approfondire l’argomento, vi consiglio la lettura dell’articolo di Gaetano Curzi Svevi o Angioini alla Periferia di Bisanzio

mosaici santa maria della croce casarano

I mosaici di Santa Maria della Croce a Casarano

La Puglia bizantina è terra di chiese ipogee dalle ieratiche figure di santi e di veneratissime icone. Poi, certo, parlando di arte musiva, vi è il grande mosaico della Cattedrale di Otranto ma qui siamo già nel XII secolo. Gli antichi mosaici di Casaranello sono dunque una rara e meravigliosa sorpresa: un unicum sopravvissuto a infinite vicissitudini.

Che ci si trovi di fronte ad un’opera musiva del V o, come alcuni vogliono, del VI secolo d.C. non cambia radicalmente la prospettiva con la quale osservare questi mosaici. L’impero romano è infatti nella sua fase terminale o poco oltre. Comunque l’impianto statale romano è ancora lì come la sua arte. La Puglia è poi tradizionalmente (anche per i suoi porti) una regione di collegamento con Bisanzio tanto che sarà legata ancora per secoli all’Impero d’Oriente. Questi due passaggi sono importanti nell’analizzare i mosaici di Casaranello però, prima, conviene vedere di cosa si tratti.

Ce li racconta direttamente Arthur Haseloff nell’articolo scritto nel 1907 per il bollettino del Ministero dei Beni Culturali:

mosaici santa maria della croce casaranello casarano“Nel centro dei musaici della cupola è una croce latina di colore giallo (oro non si trova per niente in questi musaici), la quale campeggia su un fondo verdemare, circondato da una larga zona di azzurro scuro. Tutta la cupola è coperta di stelle a sei raggi, che finiscono in punti. Le stelle formano cinque cerchi, nel cerchio verde-mare esse sono gialle e bianche, nella zona azzurra soltanto bianche. Tutta la cupola è circondata da un’iride formata di piccoli rombi scintillanti di porpora, giallo, bianco e verde. Sui pennacchi si svolgono ricche volute di acanto; nel centro si ripete un fiore e di là si diramano verso destra e sinistra gl’intrecci dei rami, disposti in un ordine simmetrico e carichi di fìori e di uve. Sugli archivolti sottostanti ai pennacchi sono delle larghe ghirlande di fiori, accompagnate da ambedue i lati da fregi ad imitazione di perle e pietre preziose.

I musaici della volta del braccio orientale sono divisi in tre compartimenti rettangolari, circondati da cinque fregi ornamentali. Il primo è come quelli sopra descritti, ad imitazione di perle e pietre preziose, il secondo c costituito da una intrecciatura, il terzo da una specie di dentellatura (di cui si note l’accentuata tridimensionalità), il quarto dalla nota voluta di Vitruvio, il quinto ripete il motivo del primo. Il compartimento mediano e inoltre coperto di un ornamento a squame, i due laterali sono decorati da due nastri, di cui uno è scintillante nei suoi tre colori, l’altro ornato da un intreccio. L’annodamento dei nastri forma dei cerchi grandi e piccoli, nei quali sono diverse rappresentazioni. Nel compartimento del lato sud si possono riconoscere di facilmente i soggetti, nel lato nord si vede in mezzo una piccola croce e nei diversi cerchi e pennacchi son figurate delle anitre, degli uccelli acquatici a gambe lunghe, un pesce, una lepre, un grappolo d’uva, ecc. Il fondo di tutti i cerchi è di color bianco”.

Un mosaico pavimentale sul soffitto

In realtà questa tipologia di mosaico che, se fosse steso a terra, formerebbe quasi un tappeto non è una novità. Si tratta dell’adattamento di un mosaico pavimentale ad un soffitto. Un esempio particolarmente noto di questo genere è rappresentato dai mosaici dell’ambulacro del Mausoleo di Santa Costanza a Roma.

In quest’ultimo caso ci troviamo a metà del IV secolo, dunque uno o due secoli prima di Casaranello. Peraltro, i mosaici del Mausoleo di Santa Costanza, realizzati per una donna di rango imperiale, sono assai più complessi e raffinati ma i temi legati ad animali e piante sono quelli. Temi assolutamente profani, privi di una connotazione religiosa ma puramente dedicati al piacere estetico.

Dunque, il legame con l’arte musiva romana è a doppio filo. Veniamo allora a Bisanzio.

I mosaici della cupola di Santa Maria della Croce a Casaranello

C’è un elemento che mette in relazione la cupola di Santa Maria della Croce con quella del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna. E’ la cupola. Arthur Haseloff  lo coglie al primo sguardo e lo spiega benissimo (quindi leggiamo anche questa volta cosa ne dice):

“La rassomiglianza fra il mausoleo di Galla Placidia e la chiesa di Casaranello sembra a prima vista grandissima, ma facilmente è possibile convincersi che nell’architettura e nella decorazione musiva dei due mosaici santa maria della croce casaranellomonumenti sono elementi molto diversi. Per esempio, in tutte e due le chiese vediamo nella volta la rappresentazione del cielo stellato e della croce, ma, mentre a Ravenna il cielo è unicolore e le stelle lo riempiono senza ordine e senza lasciare il centro libero per la croce, abbiamo a Casaranello le due zone distinte mediante il colore e le stelle disposte in ordini concentrici. L’artista dei musaici di Ravenna da una rappresentazione naturalistica del firmamento, il musaicista di Casaranello invece interpreta le idee orientali sulla formazione del cielo, ripartendolo in due zone: il cielo propriamente detto e lo stereoma, o spazio aereo.

Il musaico di Casaranello è insieme con i musaici di S. Maria Maggiore e l’intaglio della porta di S. Sabina, il più antico esempio del cielo costruito secondo l’astronomia orientale, come ha recentemente dimostrato W. de Gruneisen. I musaici di Casaranello sono dunque più impregnati di motivi orientali che quelli di Ravenna; ma non soltanto l’iconografia, bensì anche lo stile è di un carattere essenzialmente orientale. Si osservino le forme dure e sistematiche dell’acanto nei pennacchi. Invano si cercherebbero le stesse forme nei musaici italiani; ne Roma ne Ravenna ne Napoli ne offrono degli esempi, mentre invece ne troviamo tipi quasi identici in alcuni musaici di pavimenti della Palestina, sopra tutto iI fregio a Madeba e nelle bordure del musaico rappresentante Orfeo, rinvenuto a Gerusalemme. Sarebbe facile citare altri esempi di questa forma dell’acanto, che si trova nell’arte siriaca già ai tempi romani. I musaici di Casaranello sono dunque strettamente connessi coll’arte siriaca. Neppure c’è bisogno di far rilevare, tanto essa è evidente, l’importanza del fatto che il primo monumento dell’arte cristiana primitiva conosciuta in quelle regioni dell’Italia, ci rivela le sue origini orientali”.

Dunque, ecco arrivare Bisanzio. Ormai nella Penisola il destino dell’arte romana è segnato: con la progressiva perdita del potere da parte dell’aristocrazia senatorie e l’avvento di dominatori nordici o orientali, sarà Bisanzio a dettare lo stile dell’arte.

Andremo avanti così ancora per molti secoli, fino al XIII per la precisione. Santa Maria della Croce, con il rincorrersi dei suoi numerosi cicli decorativi ci racconta, peraltro, anche questa storia: quella del riscatto dell’arte italiana e del suo definitivo affermarsi sopra quella bizantina.

E dunque come non essere d’accordo con Haseloff e come non citarlo per un’ultima volta: “…quello che si può con sicurezza affermare è che essi (i mosaici) costituiscono il monumento più antico e più importante dell’epoca cristiana primitiva nel sud-est dell’Italia meridionale”.

Se volete leggere per intero l’articolo di Haseloff cliccate Bollettino Beni Culturali Arthur Haseloff Casaranello 1907

Potrebbe anche interessarvi l’articolo I Mosaici Cristiani di Roma: dieci secoli di storia

Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.

Leave a Comment