La Madonna Orante del Museo Diocesano di Palermo e la Madonna della Ciambretta del Museo Regionale di Messina sono due incontri inaspettati ma preziosi nella Sicilia dei mosaici d’oro normanni.
La Madonna Orante del Museo Diocesano di Palermo
Datata al XII secolo, la Madonna Orante del Museo Diocesano di Palermo si inserisce quindi nel periodo che vide ad opera dei re normanni la realizzazione dei grandi cicli musivi siciliani (Duomo di Cefalù, Cappella Palatina di Palermo, Duomo di Monreale, Chiesa della Martorana). Dunque, in una fase nella quale il fior fiore degli artisti del mosaico tanto bizantini quanto italiani operavano a Palermo o nei pressi.
La lavorazione dell’immagine sacra è finissima. Il volto realizzato con tessere di pochi millimetri che permettono dunque di lavorare sia sulle sfumature di colore che sull’espressione.
La Vergine – avvolta nella tradizionale veste azzurra – è rivolta verso sinistra, le mani in posizione di preghiera o di supplica. Superba la soluzione di evidenziare gli occhi della Vergine con una doppia file di tessere bianche e rosse. Quest’ultime a richiamare la bordura rossa del velo azzurro che le copre il capo.
La qualità del mosaico è testimoniata anche dalle numerose partecipazioni dell’opera a mostre sia in Italia che all’estero. Peraltro, la collocazione perfetta, ad altezza d’uomo, consente di ammirarne e studiarne accuratamente i dettagli.
Resta solo da capire se il mosaico facesse parte di un’opera più ampia e si fosse nata delle dimensioni che conosciamo. Se così fosse, si tratterebbe di una delicatissima e straordinaria immagine di devozione privata o destinata ad ornare una cappella gentilizia come un’antica icona.
La Madonna della Ciambretta a Messina
Il mosaico mariano custodito al Museo Regionale di Messina è detto anche Madonna della Ciambretta. Si tratta di un grande pannello (255×163 cm) probabilmente votivo poiché nel mosaico fa bella mostra di se lo stemma araldico del committente. A tutti gli effetti, potremmo definirlo, in virtù delle dimensioni e del fatto di essere un’opera autonoma (cioè non parte di un mosaico più ampio, un Maestà come quelle dipinte dai grandi maestri del XIII secolo.
La Vergine, indicata come Madre di Dio dalla dedicazione in greco nella parte alta del mosaico, regge in braccio il Bambino benedicente. E’ seduta in trono e porge una lettera ad un monaco inginocchiato ai suoi piedi che potrebbe essere identificato con San Benedetto. Il mosaico viene attribuito a maestranze greche operanti nel XIII secolo.
Come ci riferisce la scheda del Ministero per i Beni Culturali: “Originariamente collocato in Santa Maria fuori le mura dove veniva conservato dalle monache benedettine, il mosaico, raffigurante una Madonna con Gesù Bambino in trono e un monaco offerente, deriva la sua denominazione dal francese chambrette, cameretta, con tutta probabilità per la sua collocazione entro una nicchia che l’accoglieva. Il devastante terremoto che colpì Messina nel 1908 ne provocò il distacco danneggiandola. Seriamente, non tanto tuttavia da non consentirne il recupero tra le macerie e la sua ricostruzione nelle sale del museo.
Seduta frontalmente su un trono circolare con i piedi appoggiati su una pedana, la Madonna regge in grembo il Bambino benedicente entro una nicchia decorata con motivi stilizzati. Ai suoi piedi un monaco, che viene generalmente identificato come San Gregorio, riceve da lei una pergamena con una scritta di non evidente interpretazione.
Le vicende storiche della chiesa e del monastero inducono a datare l’opera al XIII secolo. Alla stessa conclusione conduce anche l’analisi stilistica a cominciare dalla costruzione del trono che con il suo andamento curvilineo sembrerebbe suggerire una qualche intenzione di profondità spaziale. Anche un certo realismo nella figura del monaco nonché la libertà della definizione del panneggio confermano che le maestranze bizantine e locali che diedero vita all’opera, pur mantenendosi fedeli alla tradizione, non furono insensibili alle spinte innovative della cultura bizantina del XIII secolo”.
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