Nella vostra prossima visita ai Musei Capitolini, dedicate un momento al piccolo mosaico che rappresenta l’incontro tra Oreste ed Ifigenia nel racconto di Euripide nell’Ifigenia in Tauride.
Senza ripercorrere l’intera vicenda, il mosaico immortala il momento immediatamente successivo a quello nel quale fratello e sorella si riconoscono. La tavoletta che si vede di taglio appoggiata al sedile sul quale è assiso Oreste dovrebbe essere quella la cui lettura ha consentito il riconoscimento. Ifigenia, sacerdotessa di Artemide, ha in mano una statuetta della dea e, forse, sta ideando la fuga che porterà alla loro salvezza.
Oreste ed Ifigenia: il mosaico dei Musei Capitolini
Di forma quadrata, cinquanta centimetri per lato, posato su un supporto di terracotta, ciò che rende quest’opera significativa è la ridottissima dimensione delle tessere di marmo e pasta vitrea. Infatti, tesserine di dimensioni minime (in mani esperte) consentono di disegnare il mosaico, di dipingere come con un pennello. Permettono di lavorare sui chiaroscuri generando attraverso di essi le forme. Tutto il contrario, per capirci, di quella tecnica musiva più elementare che disegna i contorni delle forme con una fila di tesserine nere (guardate i volti dei personaggi di alcuni mosaici medievali).
Databile tra il II ed il III secolo d.C., il mosaico fu ritrovato nel 1876 negli Horti di Mecenate sull’Esquilino. Nel medesimo scavo, ne vennero alla luce altri due rappresentanti i mesi di Maggio e di Giugno (conservati rispettivamente ai Capitolini e all’Ermitage di Leningrado). Erano impiegati (o reimpiegati) nell’ambito di una pavimentazione probabilmente come chiusini.
I tre reperti sono simili sia per dimensioni che per l’essere posizionati su supporto di terracotta e possedere la medesima cornice ma non per qualità. Questo ha fatto ipotizzare una datazione al IV secolo per i due mosaici dei mesi: un elemento che ci tornerà utile tra un attimo.
Mosaico a tessera piccola: la raffinatezza del pennello
Intanto, adesso, godiamoci Oreste e Ifigenia. Il piccolo mosaico ha dei passaggi di livello: la clamide ed il torso di Oreste ed anche i lineamenti del suo viso. Bella la tunica di Ifigenia, annodata in vita, drappeggiata, soprattutto il drappeggio frontale creato con un gioco di sfumature di colore.
Decisamente di fattura mediocre invece altre parti. Ad esempio il polpaccio ed il piede di Oreste, ma anche quello di Ifigenia ed i lineamenti del suo viso. E’ evidente che non debba trattarsi della medesima mano: che senso avrebbe rovinare la qualità della propria opera con l’inserimento di particolari mediocri?
Allora, forse, possiamo ipotizzare interventi di restauro effettuati già in epoca romana: magari uno o due secoli più tardi quando vennero realizzati gli altri due mosaici. Chi può dirlo? Magari, il nostro mosaico potrebbe essere stato restaurato e riadattato (inserendo la cornice) per andare ad inserirsi nella medesima pavimentazione con gli altri.
I mosaici a tessere piccole sono ammirabili pezzi di bravura. Ovviamente, anche in questo caso, ve ne sono di diverso livello: straordinari quelli conservati nel Museo Archeologico di Napoli, ad esempio i Musici Ambulanti. Se avete piacere, leggete Mosaici del Museo Archeologico di Napoli: tra pietra e pennello
Per fortuna, la passione per le tesserine microscopiche riuscì a sopravvivere ai secoli. Mi viene in mente la Madonna Orante del Museo Diocesano di Palermo (XII secolo). I Musici Ambulanti raggiungono ben altri virtuosismi ma, sebbene vincolata dai canoni stilistici bizantini, la tecnica a tessere piccole si mette in mostra. Anche qui, se avete piacere, leggete Mosaici: le Madonne di Messina e Palermo.