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Storia dell'arte

Michelangelo e la tomba di Giulio II: le scoperte del Mosè

La Tomba di Giulio II di Michelangelo, di cui fa parte la celebre statua di Mosè, è tornata a risplendere nel 2016 dopo una complessa opera di restauro della Soprintendenza per il Colosseo e l’area archeologica e centrale di Roma. Un restauro che ha portato a diverse scoperte. Vediamo quali…

Michelangelo: la Tomba di Giulio II

michelangelo tomba giulio iiGiulio II, al secolo Giuliano della Rovere fu pontefice per un decennio dal 1503 al 1513. Fu colui che commissionò a Michelangelo la Cappella Sistina e a Raffaello le Stanze Vaticane.  La vicenda della sua tomba fu però un’Odissea. Giulio II ordinò a Michelangelo di eseguire l’opera nel 1505. Un’opera colossale che prevedeva la realizzazione di ben quaranta statue.

Un anno dopo, però, mentre il Buonarroti tornava a Roma da Carrara con tonnellate di marmi, il papa ci ripensò. Sembra che ritenesse male augurante occuparsi della sua sepoltura.  Lo stesso Michelangelo definì la vicenda La Tragedia della Sepoltura. Ci vollero infatti quarant’anni (dal 1505 al gennaio del 1545) perché potesse dirsi finita. Non solo vi furono diversi cambi di progetto ma addirittura di luogo: dalla Basilia di San Pietro a San Pietro in Vincoli.

Il monumento che venne poi effettivamente realizzato ospita sette statue. A scolpirle Michelangelo con la collaborazione di alcuni collaboratori: Raffaello da Montelupo , Antonio Da Pontassieve e Jacopo del Duca. Tra le sculture autografe di Michelangelo la più celebre è senza dubbio quella del Mosè.

Il monumento era stato già oggetto di un restauro nel 2001. Dopo quindici anni il Mosè, necessitava di un nuovo intervento di pulitura e di lievi restauri, a causa della presenza umana, portatrice di polvere, di umidità e di altri agenti inquinanti. La Soprintendenza ha così affidato il lavoro ad Antonio Forcellino, autore del restauro del 2001.

Gli studi condotti parallelamente ed a supporto del restauro, hanno generato una serie di scoperte. si tratta sia di aspetti tecnici che teologici. Vediamoli insieme.

Le scoperte: diverse finiture per gestire la luce

In primis la tecnica scultorea di Michelangelo. Dall’esame delle superfici delle statue è emerso come l’artista abbia portato ad un diverso grado di finitura le superfici marmoree per rafforzare il valore luministico dellemichelangelo tomba giulio II san pietro in vincoli roma figure. Alcune parti delle anatomie e dei panneggi sono state infatti trattate a “lustro”. Questo è un procedimento fisico chimico che utilizza sottili fogli di piombo ed ossalati (generalmente era usata l’urina dei bambini), per conferire alle superfici un effetto lucente che rifrange fortemente la luce.

In altre aree Michelangelo invece si fermò al trattamento levigante con la sola pomice e con sabbie abrasive. Il contrasto tra i diversi gradi di finitura genera un diverso grado di luminosità e un effetto di tridimensionalità. La perfetta coincidenza delle parti lustre con le parti che ricevevano l’illuminazione diretta dalle finestre aperte a destra della Tomba, attesta un completamento dell’opera in connessione con la luce considerata elemento generatore della messa in scena della rappresentazione.

Il rilievo degli strumenti di lavorazione usati per la finitura superficiale (frottage) ha permesso di individuare la finitura operata direttamente da Michelangelo. Infatti, mentre il Buonarroti utilizzava scalpelli a due denti (calcagnuoli), i suoi collaboratori utilizzavano abbondantemente la “raspa” per ultimare le superfici. La finitura superficiale dei fianchi del Mosè e del corpo del Papa è così emersa come del tutto identica, confermando anche per questa via l’attribuzione a Michelangelo di tutta la scultura.

Il progetto teologico: il rapporto con Vittoria Colonna e gli Spirituali

E’ stato inoltre possibile precisare il progetto teologico che sottende il monumento nell’ultima fase della sua creazione. Infatti, è noto lo stretto rapporto esistente tra Michelangelo e Vittoria Colonna la quale frequentava dal 1538 Chiesa di San Silvestro al Quirinale insieme a Michelangelo e a molti esponenti del gruppo riformista degli Spirituali.

michelangelo tomba giulio II san pietro in vincoli romaIn questa chiesa è stata riscontrata la presenza di una Maddalena dipinta intorno al 1530 da Polidoro da Caravaggio. Questa fu il precedente iconografico della Vita Attiva posta da Michelangelo alla sinistra del Mosè per simboleggiare le Opere e in generale la Carità. Questa scoperta, conferma le intuizioni che volevano il programma teologico del progetto michelangiolesco come scaturito dal rapporto dell’artista con il gruppo degli Spirituali.

Vittoria Colonna, in particolare, può considerarsi l’ispiratrice del programma iconografico della Tomba. E’ infatti nota la sua predilezione per la Maddalena come simbolo della Carità e delle buone opere attraverso le quali il cristiano toccato dalla fede viva, illumina la profondità della propria passione religiosa. Solo con la forte influenza di Vittoria si può spiegare il ricorso di Michelangelo ad una invenzione formale di un altro artista, ricorso che nella sua produzione non è mai riscontrato con tanta chiarezza.

La figura di Maddalena di Polidoro da Caravaggio reca in mano un vaso contenente l’olio che alimenta la fiamma dell’ardore cristiano o l’unguento con il quale lenisce le ferite del Cristo.

La posizione del viso di Mosè

La forte influenza di Vittoria illumina anche un altro episodio legato alla realizzazione della tomba di Giulio II. La rilavorazione della statua del Mosè nel 1542, con lo spostamento a sinistra del volto. Infatti, nel processo intentato dall’Inquisizione al cardinale Giovanni Morone, esponente degli Spirituali e legato a Michelangelo da profonda amicizia, questi è accusato di eresia anche per il disprezzo che nutriva per le reliquie venerate dalla superstizione cristiana. In particolare verso il culto dei “vincoli” di San Pietro che si veneravano nella Basilica.

Una circostanza che va messa in relazione con la scelta di Michelangelo di svoltare il viso di Mosè per distoglierlo dall’Altare dei Vincoli che si trovava di fronte. Nella nuova posizione Mosè cercava la luce proveniente dalla finestra collocata nella parete destra del transetto (successivamente murata): nella poetica michelangiolesca ciò simboleggia la relazione diretta che lega l’uomo toccato dalla fede a Dio.

La lunga storia della Tomba di Giulio II si intreccia con quella della cappella sepolcrale dei Medici alla Sagrestia Nuova nella Basilica di San Lorenzo. Un altro capolavoro della luce di Michelangelo. Per ultimarla occorsero quarant’anni: non tutte le colpe furono però del Buonarroti. Per leggerne la storia, clicca Sagrestia Nuova: la luce di Michelangelo

Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.

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