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Arturo Martini in mostra a Firenze

Il Museo Novecento presenta la mostra SOLO. Arturo Martini e Firenze, a cura di Lucia Mannini con Eva Francioli e Stefania Rispoli.

L’esposizione si inserisce all’interno del ciclo Solo dedicato ai maggiori artisti del Novecento, pensato per raccontare aspetti peculiari e meno noti della vita e della pratica di protagonisti nella pittura e scultura del secolo scorso, tra questi Emilio Vedova, Piero Manzoni, Vincenzo Agnetti, Gino Severini, Fabio Mauri, Mirko e Medardo Rosso. Le mostre presentano di volta in volta un gruppo ristretto di opere, unito a documenti e apparati di vario genere. Il progetto Arturo Martini e Firenze è realizzato in concomitanza con la retrospettiva dedicata a Henry Moore, un altro gigante della scultura moderna e contemporanea.

Arturo Marini a Firenze

La presenza di Arturo Martini a Firenze si ricostruisce sia attraverso la sua partecipazione a importanti esposizioni, sia perché è stato immediatamente oggetto di interesse da parte di collezionisti privati.

Già nel 1922, Martini è tra i protagonisti della Fiorentina Primaverile, presentato da Alberto Savinio. Tornerà a Firenze nel 1931, anno del successo ottenuto alla Quadriennale di Roma cui segue pochi mesi dopo la doppia personale con il pittore Primo Conti nei locali della galleria Bellini, in Palazzo Spini Feroni, che suscitò ampia partecipazione e interesse a livello nazionale.

A distanza di circa quarant’anni, un importante nucleo di opere del maestro approdò in città grazie al generoso lascito dell’ingegnere Alberto Della Ragione. Tra le 241 opere donate da questi alla Città di Firenze, all’indomani dell’alluvione del 1966, spiccano alcuni capolavori di Arturo Martini, come le grandi sculture La Pisana (1933 ca.), il Leone di Monterosso (1933-1935 ca.) e L’Attesa (1935 ca.), oltre a un nucleo di piccole terrecotte che indagano la figura femminile quali Le collegiali (1927-1931 ca.), La cinese (1931-1933 ca.) e il Nudino sdraiato (1932 ca.).

Arturo Marini La Pisana
Arturo Marini – La Pisana

Le collezioni private

Tra le collezioni private fiorentine, va indubbiamente ricordata quella all’interno della Villa Vittoria dei Contini Bonacossi. Qui si trovava un altro significativo nucleo di sculture di Martini, tra le quali la Donna al sole, premiata alla Quadriennale di Roma del 1931. L’ingresso di opere di Martini nella raccolta dei Contini Bonacossi, resa nota attraverso le fotografie pubblicate su Domus nel 1933, rappresentava il naturale esito del sodalizio che aveva legato lo scultore con il poeta Roberto Papi, genero dei collezionisti, del quale Martini era stato ospite all’inizio del 1931, ma anche della mostra personale con Primo Conti.

Arturo Marini La Cinese
Arturo Marini La Cinese

La scelta di legare l’opera di Martini a Firenze e alla Toscana non è dunque dettata da una smania campanilista, ma dal proposito di offrire ai visitatori e agli studiosi l’opportunità di vedere opere di grande interesse – alcune delle quali recentemente “riscoperte” – e di riconsiderare alcuni aspetti del percorso biografico e artistico dello scultore che emergono attraverso legami speciali”, spiega Lucia Mannini, curatrice della mostra.

Il legame affettivo con Roberto Papi aveva portato Martini a stabilirsi per alcuni mesi a Firenze all’inizio del 1931, giungendo a ipotizzare di comprarvi un podere con il premio in denaro ottenuto con la vittoria alla Quadriennale. Vi rimarrà invece solo alcuni mesi, lasciandovi, nella villa che l’aveva ospitato una scultura in gesso ritenuta dispersa e che oggi, rintracciata, è presentata in mostra a introdurre quel momento cruciale all’inizio degli anni Trenta. Nel corso del 1931 Martini manteneva intensi contatti con Roberto Papi in vista della mostra personale, con Primo Conti, dell’anno successivo.

La raccolta Contini Bonacossi

L’ingresso di quattro opere nella raccolta che i Contini Bonacossi stavano allestendo a Villa Vittoria (come La moglie del marinaio, oggi in collezione privata, e L’ospitalità, concessa in prestito dal FAI) confermava l’interesse dei collezionisti per Martini. A seguito di quella mostra altre opere entrarono o in collezioni cittadine, come quella Valli (Testa di ragazza ebrea, concessa in prestito dalla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Cà Pesaro) e quella di Mario Castelnuovo Tedesco, musicista dalla cultura complessa e raffinata, autore di opere tratte dalla mitologia classica, dalla religione ebraica, dalla letteratura, come Machiavelli e Shakespeare.

L’attenzione di Castelnuovo Tedesco era caduta su Ofelia, terracotta di toccante sensualità e tragicità. Nel 1939 Mario Castelnuovo Tedesco, ebreo, dovette lasciare l’Italia con la sua famiglia a causa delle leggi raziali, riuscendo però a salvare i propri beni. L’Ofelia, a lungo conservata negli Stati Uniti, rientra eccezionalmente oggi a Firenze, offrendo la straordinaria opportunità agli studiosi e agli appassionati di Arturo Martini.

Un rapporto di stima reciproca è quello che lega Martini al pittore Felice Carena, avviato già nel periodo trascorso da entrambi ad Anticoli Corrado e rinsaldato negli anni successivi, seppur a distanza. Ad attestarlo in mostra è la versione in bronzo, inedita, dell’Ulisse del 1935, regalata da Martini a Carena e a sua moglie Mariuccia Chiesa con ogni probabilità intorno alla metà degli anni Trenta, quando Carena, in risposta a un invito rivolto agli artisti italiani, riceveva dallo scultore una sua opera grafica destinata all’Accademia di Belle Arti di Firenze, di cui era direttore all’epoca.

Il percorso della mostra si chiude con il ritrovamento sul territorio di un’opera giovanile, l’Aratura, a conferma di quanto il collezionismo locale possa ancora offrire spunti allo studio dell’opera di Martini e come questo “assolo” del Museo Novecento possa configurarsi quale momento di ricerca.

Arturo Martini a Carrara

“Mostra nella mostra”, a settembre è prevista l’apertura della sezione “Martini e Carrara” dedicata a quel rapporto speciale che Martini, come tanti altri scultori, intrattenne con le Apuane, dove dai tempi dell’antica

arturo martini
Arturo Martini – La Vedova

Roma si estraeva il marmo statuario, preferito dagli artisti per purezza e luminosità. Il rapporto di Martini con Carrara e con il marmo ha il carattere della scoperta e dell’avventura. Vi era infatti approdato alla metà del 1937 a seguito del contratto per il grande bassorilievo La Giustizia Corporativa, destinato al Palazzo di Giustizia di Milano.  In mostra a ricordare questo incontro le forme misteriose della Donna che nuota sott’acqua, che fluttua sospesa, galleggiante nello spazio, su tre perni metallici ideati dall’architetto Carlo Scarpa per la presentazione alla Biennale di Venezia del 1942.

Nata nello stesso frangente del monumento dedicato allo storico latino Tito Livio. L’opera in marmo era giunta alla rifinitura, quando Martini decideva di decapitarla, con un colpo netto e spietato, creando così il frammento e il sublime effetto dell’irraggiungibile compiutezza. Il prestito concesso dalla Fondazione Cariverona vale a rappresentare la ricerca estrema condotta da Martini negli anni Quaranta, cui si affiancano documenti e dipinti come Le cave del marmo con il quale si ricorda quella profonda insoddisfazione che lo aveva indotto ad abbandonare temporaneamente la scultura per dedicarsi alla pittura.

SOLO – Arturo Martini e Firenze

15 luglio – 14 novembre 2021

MUSEO NOVECENTO

Piazza Santa Maria Novella 10 | Firenze
e.mail: info@musefirenze.it | segreteria.museonovecento@musefirenze.it
www.museonovecento.it

Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.

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