Il Tempo di Caravaggio. Capolavori dalla collezione di Roberto Longhi, è un titolo piuttosto esplicativo di cosa accada nelle sale che i Musei Capitolini riservano a questa mostra.
Il Tempo di Caravaggio: perché visitare la mostra?
Partiamo dal sottotitolo: “Capolavori della collezione di roberto Longhi”. Longhi è uno dei padri della moderna storia dell’arte italiana ed è il riscopritore di Caravaggio. Colui al quale il Merisi deve – all’inizio del XX secolo – il riaccendersi dei riflettori sulla sua opera che in qual momento, ironia della sorte, era… finita in penombra. La mostra ospita le tele dell’epoca intorno alla vita del Caravaggio collezionate da Longhi ed oggi parte de patrimonio della Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi.

Se volete vedere l’immagine in HD, cliccate Caravaggio Fanciullo morso da un ramarro
Una sola la tela autografa del Caravaggio, il Ragazzo morso da una ramarro. Poi una famosa copia antica da Caravaggio, ovvero il Ragazzo che monda un frutto di cui è andato perso l’originale. Due opere dipinte nei primi tempi romani di Caravaggio dunque, diciamo così, a inizio carriera.
Così abbiamo i primi due motivi per vedere la mostra che i Musei Capitolini dedicano a Caravaggio. Ovvero poter studiare dal vivo queste due tele che altrimenti, alla Fondazione Longhi, richiederebbero di essere viste previo appuntamento e, immagino, non da tutti. Il terzo motivo, ancor più colto (diciamo così) è quello di comprendere cosa Roberto Longhi ritenesse degno di essere collezionato di quel periodo tra fine ‘500 e primi decenni del ‘600.
I limiti di una collezione personale
Ovviamente, e qui nasce il primo problema di questa mostra, Roberto Longhi pur competentissimo non possedeva i mezzi finanziari di uno stato nazionale o di un grande magnate della finanza americano dell’epoca. Così non necessariamente i capolavori dei maestri amati da Longhi erano nella sua collezione quanto piuttosto a Brera o a Capodimonte o al Louvre o al Metropolitan.
E questo è il primo problema che nasce dal fare una mostra con un unico prestatore. A ciò aggiungerei che i Musei Capitolini hanno in

collezione due tele del Caravaggio (ma non solo) e, almeno dal punto di vista logistico, non sarebbe stato proibitivo collocarli in mostra.
Vi è poi un altro aspetto, questa volta legato proprio al “Tempo di Caravaggio”. Noi sappiamo pressoché tutto dei seguaci di Caravaggio, i caravaggeschi appunto, e poco della sua formazione prima del suo arrivo alla bottega del Cavalier d’Arpino quando, però, era tutt’altro che uno sbarbatello.
Sappiamo, per carità, che fu a bottega da Simone Peterzano. Possiamo immaginare quali maestri lombardi o veneziani possa aver visto. Possiamo anche affermare che il genio di Caravaggio (qualsiasi cosa avesse visto) ha percorso strade originali e di assoluta innovazione. Però quale opportunità più adatta di una mostra incentrata sulla collezione Longhi per analizzare la formazione del Caravaggio?
Ci dobbiamo invece accontentare di poche tele che certamente Longhi non acquistò pensando di indagare questo argomento.
Per vedere l’immagine con maggiore definizione, cliccate Jusepe de Ribera – San Tommaso.
I Caravaggeschi della Collezione Longhi
Tutto ciò detto, le sale dei Musei Capitolini ospitano circa quaranta dipinti che, al netto di Lotto, del Moro e Passarotti sono incentrati su coloro che – a diverso titolo e con diversa aderenza ai canoni – prendono il nome di Caravaggeschi.

Tra le tele più significative i cinque Apostoli di Jusepe de Ribera (San Bartolomeo e San Giuda Taddeo sono i miei preferiti). In termini di santi, non perdete il San Girolamo del Maestro dell’Emmaus di Pau che non sfigura affatto accanto a un San Girolamo di Caravaggio. Parlando di “maestri” dei quali non conosciamo l’identità, bello l’Annuncio ai Pastori.
Intensa la Deposizione di Cristo di Battistello Caracciolo. Fa grande scena La Negazione di Pietro di Valentin de Boulogne la cui ambientazione richiama la Vocazione di San Matteo di Caravaggio (San Luigi dei Francesi) ma che rimane didascalico, ben diverso dal Merisi.
Infine, Longhi aveva in collezione diversi pittori fiamminghi e olandesi dediti alle tele “a lume di candela”. Vi troverete Gerrit van Honthorst, Dirck van Baburen (con una scenografica Guarigione di Tobit) e Matthias Stom.
Chiudono la mostra due opere di Mattia Preti (guardate Susanna e i Vecchioni che potete vedere in HD cliccando QUI) e di Giacinto Brandi tra le quali un Santo certosino in lacrime che guarda ai San Francesco del Merisi, ma accostarsi a quest’ultimo è impresa impossibile.

Per vedere l’immagine in HD cliccate Valentin de Boulogne – Negazione di Pietro
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