39 grandi pitture di paesaggio e natura, molte delle quali difficili da vedere anche in Giappone perché non esposte al pubblico, nel formato del paravento pieghevole (byōbu) e delle porte scorrevoli (fusumae) sono le protagoniste della mostra Il Rinascimento Giapponese La natura nei dipinti su paravento dal XV al XVII secolo ospitata nell’Aula Magliabechiana degli Uffizi di Firenze.
Guardando alla nostra Italia, il periodo in cui furono realizzate queste opere corrisponde al periodo dal primo Rinascimento agli inizi del Seicento: ecco il perché del particolare titolo dato all’esposizione.
Le opere, su carta e perciò delicatissime, saranno esposte in tre rotazioni di 13 alla volta, al fine di garantirne la conservazione dall’esposizione alla luce.
Il periodo d’oro dell’arte giapponese
Va così in scena il periodo d’oro della produzione artistica giapponese, tra l’epoca Muromachi e l’inizio dell’epoca Edo (XV – XVII secolo), in cui emergono ideali estetici tra loro opposti, e ancora oggi riconoscibili nel paese. Da una parte infatti abbiamo la pittura monocroma ed evocativa, fatta di vuoti interrotti da linee essenziali e veloci, legata alla filosofia zen e alla cultura cinese: non è un caso che questo tipo di bellezza severa abbia incontrato i gusti della classe guerriera a partire già dall’epoca Kamakura, (1185–1333), e che quello stile fosse utilizzato per decorare templi e residenze di samurai.
Di segno opposto è la pittura più squisitamente giapponese, con fondi oro e campiture piatte di colore su cui si stagliano delicati elementi naturali: più esplicita e narrativa, essa era adatta a decorare grandi residenze aristocratiche e borghesi, castelli e palazzi.
In mostra, paesaggi dalle atmosfere rarefatte e simboliche – di sommi artisti quali Hasegawa Tōhaku, Kaihō Yūshō, Unkoku Tōgan – si confrontano con dipinti della tradizione Kanō, rappresentanti fiori e uccelli, le quattro stagioni, luoghi divenuti celebri grazie alla letteratura e alla poesia rappresentati con colori brillanti secondo le modalità dello yamatoe. Queste gioiose atmosfere, traboccanti gratitudine per le bellezze del creato, così come i caratteri zen riconducibili all’austerità, alla povertà, all’imperfezione, all’irregolarità di forme e materiali, esprimono una concezione della natura come specchio dell’animo umano già presente da secoli e definita con il termine mono no aware, “il sentimento per le cose”.
Un insegnamento prezioso e uno spunto di riflessione anche per l’Occidente, per una riconsiderazione dell’ambiente e del rapporto dell’uomo con esso.
La bellezza e la mutevolezza dell’universo che ci circonda – espresse nelle dimensioni imponenti di uno o più spesso due paraventi, a due o sei ante, affiancati l’uno all’altro, o nei pannelli delle porte scorrevoli che dividevano le stanze – comunicano il profondo legame che lega il popolo giapponese alla natura. L’uomo ne diventa parte integrante, immergendosi nel paesaggio con l’attitudine panteistico shintoista che sta alla base di tutta la cultura letteraria e visiva del Giappone.
Il Rinascimento Giapponese
La natura nei dipinti su paravento dal XV al XVII secolo
Aula Magliabechiana
Gallerie degli Uffizi – Firenze
3 ottobre 2017 – 7 gennaio 2018